Il dottor Hannibal Lecter vive nell’immaginario di ogni cinefilo grazie al connubio di eleganza e stile con il terrore di un assassino efferato, che non vede l’ora di divorare le sue vittime, con contorno di fave e un buon Chianti.
Nato dalla penna di Thomas Harris, apparve per la prima volta sul grande schermo in Manhunter (1986), interpretato da Brian Cox e chiamato Lecktor. Ispirato al romanzo Red Dragon, il film di Michael Mann pone Hannibal Lecter in un ruolo abbastanza marginale per quanto riguarda la presenza sulla scena. Mentre invece risulta cruciale nella storia. Rinchiuso in una celletta anonima – altro che i sotterranei solcati da Jodie Foster, o la gabbia simil zoo riservatagli in Hannibal (2001) e nel Red Dragon (2002) di Brett Ratner – il personaggio è distante anni luce dall’affabile psicopatico reso famoso da Anthony Hopkins.
Si dovrà aspettare il 1991 e Il silenzio degli innocenti (Jonathan Demme) per ammirarlo in tutto il suo quoziente intellettivo ed ego ipertrofico.
A rendere Lecter così amato è sicuramente la buona costruzione del personaggio, l’amore per l’arte, la ricerca di gusto e stile in qualsiasi aspetto della vita. Sarebbe piacevole passare una serata insieme alle sue discussioni, alle battute da humour nero e alla buona cucina. Certo, basta non essere sul menù. E per quanto riguarda il cannibalismo, magari, se cucinato bene, il macellaio sotto casa è meglio della carne che vende.
A dieci anni di distanza ecco Hannibal di Ridley Scott, sempre con Anthony Hopkins. Seppure a tratti possa risultare troppo auto celebrativo, la storia ci permette di godere di un Lecter catapultato anche nel ruolo di vittima. È così che ci si renderà conto di avere sempre tenuto a lui, di essere stati vittime, a nostra volta, di un inevitabile guilty pleasure.Abbastanza dimenticabili le avventure di un giovane Lecter in Le origini del male (2007) di Peter Webber. Invece molto buona la prova di Mads Mikkelsen in Hannibal, la serie NBC ideata da Bryan Fuller, la cui seconda stagione si è conclusa lo scorso maggio.
Se Hopkins donava al personaggio l’inquietante imprevedibilità di un folle, Mikkelsen aggiunge un tocco tenebroso, ancora più pacato e quindi in contrapposizione con la violenza dei delitti perpetrati.
I puristi dei romanzi hanno aspramente criticato molte scelte narrative, relative al rapporto tra il detective Will Graham e il dottor Lecter. Tuttavia la serie fa gioco forza sulle immagini visionarie e le atmosfere cupe, amplificate da ritmi lenti, eppure mai pesanti.
Da non sottovalutare la resa scenica di Mikkelsen, che evita il confronto con Hopkins, e consegna agli spettatori, ancora una volta più cattivo che mai, l’amato dottor Hannibal Lecter.
Marco Parlato