Magazine Economia
di Paolo Cardenà-Mentre si discute sulla riforma delmercato del lavoro, ormai in dirittura di arrivo (forse), temo che i notabiliosservatori - che ogni giorno riempiono le colonne dei giornali spendendo fiumidi inchiostro - ripongano troppa fiducia nella riforma, elevandola, impropriamente,ad elemento propedeutico ed essenziale per l'uscita da questa crisi. A mio parere, ritengo che il problema difondo del tema lavoro , in questo preciso momento, non risieda tanto nellamancanza di flessibilità che disincentiva l'occupazione e quindi la ripresa, maproprio nell'effettiva carenza di offerta di lavoro dovuta allacontrazione economica in atto. In altre parole, potremmo dire che si sta riempiendola fontana per far bere un cavallo che non ha sete. Questo dovrebbe esserefacilmente intuibile leggendo anche il recente dato che ci segnalail boom delle ore di cassa integrazione utilizzate. Ma se ciò non dovesse bastare, sarebbesufficiente uscire fuori di casa per avere riscontro dell'effettiva situazioneeconomica che racconta, senza mezzi termini, di un accelerazione della crisi eaddirittura di un progressivo deterioramento delle condizioni di esistenza dimoltissime imprese, soprattutto di piccole e medie dimensioni; artigiani epiccoli commercianti compresi. Al di la dei dati provenienti dai vari istitutidi ricerca e statistica, che con rituale puntualità ci confermano, almeno inparte e forse con troppo ottimismo, quanto appena detto, stando alle dinamicheattuali, non è affatto difficile ipotizzare ciò che potrebbeaccadere nei prossimi mesi perdurando simili condizioni. In realtà, non èaffatto remota la possibilità che moltissime imprese saranno costrette arinunciare alla loro esistenza, poiché asfissiate dai costi di uno Statoparassita, strette da una significativa contrazione dei consumi, da un notevolegrado di indebitamento, dall'accumularsi di debiti tributari che aumentano dimese in mese e da un fisco che a breve busserà alle casse senza alcunaindulgenza. L'impossibilità di poter rifinanziare, e/o ristrutturare ildebito a causa della dimostrate criticità che affliggono tuttora il sistemabancario e dell'inasprimento del criteri di valutazione e di affidamento, neaccelererà la scomparsa. Questi eventi, oltre a far crescere il numero didisoccupati con tutto ciò che ne conseguirà, genereranno anche una caduta delPil e delle entrate tributarie. Accentueranno, ancor piùmarcatamente, le difficoltà da parte dello stato di tutelare e riscuoterei propri crediti tributari. Tutto ciò contribuirà a formare dei nuovi buchi di bilancioche allontaneranno l'Italia dagli obbiettivi programmati e dagliaccordi presi in sede europea. Questi verranno colmati con nuova imposizionefiscale. In tal senso, non deve stupire affatto l'annunciato aumento dell'ivadal prossimo ottobre. Orfani di politiche di crescita capaci diprodurre effetti significativi nell'immediato e in assenza di una crescitaindotta dall'esterno che, comunque , non appare all'orizzonte, l'Italia saràdestinata a cadere. Quando? Quando avremmo terminato di consumare noi stessi. Manon rimane ancora molto tempo.