A che servono i cannoni di Pinotti?

Creato il 12 febbraio 2015 da Albertocapece

Qualche giorno fa il ministro della guerra Pinotti, affetto da grave sindrome di androginia morale, ha spiegato come vanno le cose ad un convegno organizzato e promosso dal Centro Alti studi della difesa. In cosa siano alti, se non forse per le retribuzioni, è difficile capirlo, ma la Pinotti è stata illuminante facendo balenare un’insolita altezza di ipocrisia e ambivalenza nel suo speech. Anzi qualcosa che dovrebbe suscitare un altissimo allarme.

Dice dunque il ministro che “oggi presentiamo un progetto importante che riguarda gli strumenti militari terrestri per i prossimi 30-40 anni. In questi tempi dividere la sicurezza in esterna e interna non ha più alcun senso, e questi strumenti dovranno avere la caratteristica di essere duali, così da poter venir utilizzati anche in ambiti civili”.  Ora proviamo a capire cosa significhi questa frase visto che l’uso generico e civile di mezzi bellici estremamente specializzati è del tutto esclusa: non si possono avere carri armati ambulanza o mine anti terremoto o caccia che svolgano funzione di navetta per i feriti. Ciò che si può fare con mezzi comuni come camion, tende, anfibi  o elicotteri da trasporto, ancorché militari, viene già normalmente fatto e sarebbe fin troppo banale anche per un ensemble governativo del calibro che ci ritroviamo, basare su questo il programma di nuovi armamenti per i prossimi 40 anni. Dunque cosa può voler dire?

La prima ipotesi è che si tratti di pura retorica acchiappacitrulli: di fronte alle enormi spese che comporta l’accontentare il famelico complesso industrial – militare oltre che le imposizioni della Nato, si accenna a possibili e vaghi usi in caso di disastri e calamità di vario tipo per indorare una pillola amara e far credere che non si tratti di pura dilapidazione di denaro pubblico, ma di investimenti fatti per il nostro bene. La seconda ipotesi è invece un’altra: che la difesa duale della Pinotti  si riferisca all’eventualità che i mezzi militari dei prossimi 30 o 40 anni, siano concepiti anche per far fronte a rivolte contro le oligarchie al potere, contro le contestazioni o l’opposizione – tanto per fare un esempio – alle grandi opere che ormai è ufficialmente equiparata al terrorismo.

E’ tutt’altro che assurdo: per secoli i cannoni sulle mura delle città sono stati rivolti verso l’interno e non verso l’esterno, mentre  gli scenari di guerra che si prospettavano fino a un anno fa, prima della crisi ucraina, erano di combattimenti in ambiente ostile, spesso urbano, di guerriglia contro forze organizzate per bande, non quello di scontri campali tra eserciti veri e propri. Dunque le due cose si saldano in un insieme coerente e fanno emergere una nuova dottrina nella quale anche il nemico diventa liquido e ubiquo. Non è più lo “straniero”, ma anche il cittadino.

In un contesto di normale democrazia o anche di un minimo sindacale di democrazia, un ministro della difesa che usa frasi allarmanti e ambigue sarebbe quanto meno chiamato a risponderne e a chiarire il significato delle sue parole. Qui invece tutto scivola come l’olio mentre i lor signori della difesa, di Finmeccanica e di quant’altro fanno il cavolo che vogliono. E la cosiddetta informazione nemmeno osa chiedere, così come del resto non osa far notare che il tragico disastro europeo per quanto riguarda i profughi – stigmatizzato da molti esponenti governativi – arriva dopo l’acclamato  semestre di guida italiana che doveva aprire l’età dell’oro e che ha fallito totalmente anche in questo.


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