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“A Dangerous Method”

Creato il 01 ottobre 2011 da Cinemaleo

“A Dangerous Method”

2011: A Dangerous Method di David Cronemberg

   uscita italia: 30 settembre 2011   uscita usa: 23 novembre 2011  

“A Dangerous Method”
 
“A Dangerous Method”

Presentato a Venezia, non ha convinto appieno i critici:

“Godibile, ma per lo spazio della sua durata, in seguito nessuna traccia” (Fabrizia Centola), “Un’occasione perduta, anzi più occasioni perdute. Questa è la sensazione che rimane allo spettatore -e in particolare a una spettatrice “devota”- dopo la visione di quest’ultima fatica del regista canadese” (Paola Cavallini), “Pur non realizzando un film all’altezza dei suoi due precedenti History of violence e La promessa dell’assassino, Cronenberg riesce in A Dangerous Method ad aggirare con classe quasi tutte le trappole del film biografico e in particolare sui grandi protagonisti e sui temi della psicoanalisi” (Paolo D’Agostini), “…ottimi attori, cura formale perfino esagerata e curiosamente “fredda”, per uno come Cronenberg che ci ha abituati a immergere la pellicola nelle viscere e nel sangue. La Knightley è inguardabile, e inficia tutto il potenziale fascino del personaggio di Sabina Spielrein (Alberto Crespi), “Michael Fassbender e Viggo Mortensen sono perfetti, buona la partecipazione di Vincent Cassel, Keira Knightley è attrice che non riesce a convincerci” (Alessandra Kezich).

 

All’inizio vi è lo studio A Most Dangerous Method di John Kerr. A questo s’ispira Christopher Hampton per il suo testo teatrale The Talking Cure da cui trae la sceneggiatura per il film, film anomalo per un grande regista che ci ha sempre scosso con lavori spesso violenti e visionari, sempre altamente drammatici e provocatori. Questo A Dangerous Method si caratterizza invece per uno stile freddo e distaccato che penalizza il coinvolgimento dello spettatore che, pur interessato ai temi trattati, ha molta difficoltà nel provare un minimo di emozione e di partecipazione. Regia e sceneggiatura scelgono di centrare tutta la loro attenzione sui tre protagonisti senza alcun accenno (o quasi) al contesto in cui si trovano ad agire. Le difficoltà con gli altri, le opposizioni, le ostilità, le diffidenze di un’epoca maldisposta ad accettare le loro tesi non compaiono nel film che non appare così un affresco storico ma semplicemente l’analisi di un rapporto ambiguo e difficile tra maestro e allievo, tra medico e paziente: i tre sono Sigmund Freud, Carl Gustav Jung, Sabina Spielrein (1), ma potrebbero essere personaggi qualsiasi. Personaggi che assomigliano più a manichini parlanti che a persone vive e reali, chiusi in una loro torre d’avorio senza alcun rapporto con gli altri (“si muovono come esseri di carta, vuoti di senso e privi di spessore”, scrive giustamente Cinefile). Si aggiunga che i due temi (maestro e allievo, medico e paziente) non sempre appaiono ben amalgamati tra loro: a volte si ha l’impressione che ognuno viva per proprio conto, finendo quasi col disturbarsi l’un l’altro.

 

Anche tecnicamente il film non è entusiasmante: la fotografia è piatta, la colonna sonora poco rilevante.

Di grande levatura il cast.

Ma mentre Viggo Mertensen si conferma interprete duttile e talentuoso, Michael Fasbender dà ragione a quanti vedono in lui la star del futuro, Vincent Cassel offre una prestazione maiuscola, Keira Knightley non appare all’altezza del difficile ruolo affidatole (recitazione tutta esteriore, sopra le righe, per nulla persuasiva).

note

(1)   “La figura di Sabina Spielrein è ancora misconosciuta, ma la sua influenza nello sviluppo delle teorie psicanalitiche di Freud e Jung è tutt’altro che trascurabile. È stata una delle prime psicanaliste donne, oltre che pioniere nel suo campo specialistico, quello della psicologia infantile. Nel 1912 presentò alla Società Psicanalitica la sua teoria secondo cui l’istinto sessuale contiene sia una componente distruttiva sia una componente dinamica che tende alla trasformazione. Questa dissertazione prova che Sabina ha influenzato fortemente il pensiero di Jung e di Freud: dall’idea di Jung secondo cui gli archetipi del femminile sono presenti nell’uomo e gli archetipi del maschile sono presenti nella donna (principio di trasformazione), fino alla teoria freudiana della libido e dell’istinto di morte. Freud ha riconosciuto successivamente il suo debito intellettuale verso Sabina, mentre Jung, forse a causa della natura della loro relazione, non lo ha mai ammesso pubblicamente. Solo grazie alla scoperta delle cartelle cliniche di Sabina, del suo diario personale e della corrispondenza con Jung e Freud, ora pubblicata, è apparsa chiara la sua influenza sulle idee di entrambi” (Sandra Bardotti).

 

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