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a dangerous method

Creato il 10 ottobre 2011 da Albertogallo

A DANGEROUS METHOD (Uk-Germania-Canada 2011)

locandina a dangerous method

La trama di questo film corrisponde pari pari alla sua locandina (leggermente banalizzata nella versione italiana, ma il concept è lo stesso): Carl Jung, Sigmund Freud, e in mezzo a loro Sabina Spielrein, dapprima paziente del primo, poi seguace del secondo e infine esimia collega di entrambi.

Se non mi avessero detto che A dangerous method è un film di David Cronenberg – perché è un film di David Cronenberg – non ci sarei probabilmente mai arrivato. Questo per il semplice fatto che nei 93 minuti della pellicola in questione sono completamente assenti le tematiche – etiche ed estetiche – che hanno reso grande, negli ultimi trent’anni, il regista canadese, con la pur importante eccezione dell’ossessione sessuale, comunque affrontata in A dangerous method con toni molto diversi (meno morbosi, più classici ed educati) da un Crash o un Inseparabili.

Ambientato tra Vienna e Zurigo in un arco temporale di una decina d’anni (siamo nell’epoca appena precedente la prima guerra mondiale), questo film non offre particolari spunti d’entusiasmo: elegante, per carità, ben confezionato e ben recitato (sebbene Keira Knightley dia del suo personaggio un’interpretazione sin troppo manierista, tutta mento e faccine da pazza; convincenti, invece, Viggo Mortensen e Michael Fassbender), ma i suoi pregi non vanno al di là di questi tiepidi e generici aggettivi. Ciò che manca, in A dangerous method, è la profondità, lo scavo interiore e intellettuale di una serie di argomenti – la nascita della psicanalisi, la nevrosi, i disturbi sessuali, il rapporto padre-figlio incarnato dall’irrisolto dualismo Freud-Jung – che difficilmente possono essere liquidati con un paio di aforismi e qualche espressione sconsolata.

Eppure sento la necessità di spezzare una lancia in favore di un film che, sebbene lontano dalla genialità della maggior parte delle opere passate di Cronenberg, ultima compresa, ha saputo tenere a bada molte delle tentazioni estetiche e narrative che spesso caratterizzano pellicole che, come questa, si pongono a metà strada tra la biografia e la divulgazione-narrazione scientifica. Dico questo perché una simile sceneggiatura – tutta sogni, sesso, amore tormentato e strane teorie della mente – avrebbe potuto facilmente suggerire una serie di facili scorciatoie che avrebbero forse alleggerito (si tratta di un film comunque noiosetto) ma sicuramente banalizzato il tutto: parti onirici à la Io ti salverò, psicospiegoni bignameggianti, tette e culi al vento… Tutto ciò è fortunatamente assente o quasi. E’ vero che non ha senso giudicare un film (solo) in base a ciò che esso sceglie di non mostrare, ma il buon gusto di quanto proposto qui da regia e sceneggiatura non può essere messo in discussione – ferma restando, tra l’altro, l’estrema difficoltà di affrontare cinematograficamente argomenti così complessi senza poter/dover ricorrere a un linguaggio troppo tecnico e specialistico – la sala di un cinema non è un’aula universitaria; ne sono prova, tra l’altro, le risatine che spesso hanno accompagnato, almeno durante la proiezione cui mi è capitato di assistere, termini come “ninfomane”, “pene” o “fase anale” – nè, d’altro canto, a semplificazioni eccessive.
Ancora a proposito di ciò che non si vede, infine, è un peccato che anche il discorso storico sia stato approfondito così poco: qualche accenno a guerre e antisemitismo c’è, ma di accenni appunto si tratta. Che faccia parte, anche questa scelta, del procedimento di radicale sottrazione che pervade tutto il film?

Mi viene in mente (anche per il titolo curiosamente simile) un’altra pellicola del recente passato al centro della cui vicenda c’è la vita di un uomo di scienza, i suoi studi, i suoi turbamenti e i suoi amori: A beautiful mind, non dico di no, si fa vedere volentieri, ha ottenuto un successo di pubblico ben maggiore di quanto non possa nemmeno sperare di ottenere A dangerous method e s’è persino acchiappata qualche Oscar. Eppure sembra una telenovela ricoperta di pseudoscienza for dummies: quando dietro la macchina da presa, al posto di un Ron Howard, c’è un Cronenberg, anche in forma non smagliante come in questo caso, be’, si vede. Eccome se si vede.

Alberto Gallo



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