Regia: David CronenbergOrigine: CanadaAnno: 2011Durata: 99'
La trama: siamo agli inizi del novecento, nel pieno della rivoluzione della psicanalisi operata da Sigmund Freud, vero e proprio pioniere di questa nuova scienza.Il giovane Carl Jung, suo già designato erede, comincia a sviluppare una serie di teorie che possano rappresentare un vero e proprio superamento del punto di vista del suo stesso maestro, intrecciando ad un tempo un'amicizia con Freud che diviene progressivamente pacata ma decisa rivalità e una relazione con la giovane paziente - e futura psichiatra - Sabina Spielrein che significherà la scoperta dei suoi lati nascosti nonchè la prima di una serie di relazioni extraconiugali che lo resero storicamente noto quasi quanto le innovazioni apportate al progresso della scienza.
Alla fine è successo anche con Cronenberg.
La strana epidemia che pare attanagliare i grandi nomi del Cinema non ha risparmiato neppure uno dei più grandi registi degli ultimi vent'anni, in grado di sconvolgere e deliziare il pubblico con pietre miliari del calibro di A history of violence, La promessa dell'assassino, M. Butterfly, La mosca, Videodrome o Inseparabili: con A dangerous method, infatti, l'autore canadese conosce, a mio parere, il punto più basso della sua produzione recente, confezionando certo una pellicola di classe, girata con stile ed interpretata egregiamente dai protagonisti, eppure completamente priva del mordente e della potenza cui lo stesso cineasta ci aveva abituati.
Un Cinema da salotto simile a quello mostrato da Polanski in Carnage, elegantemente portato sullo schermo, narrato in modo così pulito e lineare - se si esclude la troppo breve parentesi dedicata a Vincent Cassel - da apparire come il più conforme dei compitini, lontano dalle metamorfosi e dalle trasformazioni - fisiche e morali - da sempre legate al lavoro di Cronenberg.
Certo, la progressiva maturazione della giovane Sabina e l'evolversi del rapporto tra Jung e Freud potrebbero essere associate allo stesso concetto, eppure, con il passare dei minuti, l'impressione che manchi sempre qualcosa diviene progressivamente certezza, specie considerato che proprio nel momento in cui la pellicola pare finalmente decollare - l'emancipazione e la nuova vita di Sabine, il "lato oscuro" di Jung vissuto di nuovo, con un'altra amante, e la sua quasi profetica visione dell'imminente Prima Guerra Mondiale, la solitudine che sa di esilio preventivo di Freud - tutto si chiude quasi sottovoce, come se il regista si trovasse, invece che alle prese con la materia fisica e modellabile delle sue opere precedenti, nel pieno di un negozio di cristalleria e abbia in qualche modo troppa paura di fare il passo sbagliato e ritrovarsi a dover pagare i danni.
Forse la psicanalisi o la discreta intellettualità degli scontri tra Jung e Freud non rappresentano il campo migliore nel quale il regista possa dimostrare tutto il suo gigantesco talento, eppure quello che, in condizioni normali, sarebbe un freddo ma decisamente buon film d'autore, si trasforma in questo caso nella copia sbiadita e spenta del Cronenberg dei tempi migliori, tanto da far rimpiangere le più estreme delle "eastern promises" o i due volti del capofamiglia americano così tanto da ritrovarsi quasi senz'aria - e decisamente annoiati - attendendo un'esplosione che, di fatto, nel corso di A dangerous method, non arriva mai.
Lo stesso Mortensen, meraviglioso ed ispiratissimo protagonista delle ultime e già citate fatiche del regista, appare compiaciuto come il suo Freud per i sigari cui non riesce a rinunciare, e pur se con classe, non fa che alimentare il rimpianto per un'occasione decisamente mancata.
Fassbender e la Knightley, dal canto loro, sfoderano due interpretazioni da ricordare eppure mai davvero in grado di arrivare al cuore dello spettatore, quasi fossero contagiati dall'atmosfera posticcia che pervade l'intera opera, finendo per alimentare i dubbi ed il disincanto di tutti quelli che attendevano con ansia questa pellicola - come il sottoscritto -.
"Talvolta occorre compiere qualcosa di imperdonabile per continuare a vivere", sussurra Jung ad un passo dalla depressione che lo coglierà in parallelo allo scoppio del primo conflitto mondiale e lo accompagnerà per tutta la durata della guerra, mentre Sabine si avvia ad un nuovo destino, una nuova vita, una nuova famiglia.
Viene quasi da sperare che anche Cronenberg abbia fatto lo stesso, e questo A dangerous method altro non sia che una marchetta dovuta al distributore per rispettare un contratto in attesa di poter davvero sconvolgere il nostro mondo di spettatori proprio come Freud e Jung con il loro primo viaggio negli Stati Uniti.
Personalmente, lo spero davvero.
Perchè questo suo nuovo metodo non mi pare affatto pericoloso.
Se non per la qualità dell'opera.
MrFord
"Giving into what has got me
feeling claustrophobic, scarred
severed me from all emotion
life is just too fucking hard
SNAP! Your face was all it took
cuz this need ain't doin' me no good
fall on my face, but can't you see?
This fucking life is killing me!"
Slipknot - "Me inside" -