È vero che dopo due bellissimi film come A History of Violence e La promessa dell’assassino non ci si poteva aspettare che Cronenberg continuasse a sfornare un capolavoro dopo l’altro. Ma il suo ultimo film fa sorgere nello spettatore accorto troppi dubbi.
Per prima cosa A Dangerous Method non riesce a fotografare l’epoca in cui si svolge l’azione. Siamo nella Zurigo d’inizio XX secolo ma poco traspare dell’importantissima e feconda cultura mitteleuropea del periodo (magistralmente ricostruita invece nel Nastro Bianco di Michael Haneke, 2009). Già questo è molto grave perché le scoperte freudiane e junghiane rimangono orfane del contesto in cui sono state sviluppate. Come se non bastasse, lo spettatore che non possiede un’infarinatura di tali teorie non riuscirà a comprendere fino in fondo la querelle tra Freud e Jung e neppure come quest’ultimo riesce a curare con le scoperte del primo la giovane ebrea-russa Sabina Spielrein.
Che dire degli attori che li interpretano? A Viggo Mortensen non basta l’onnipresente sigaro per sembrare Freud, come non riesce ad essere fino in fondo nel personaggio Michael Fassbender, credibile nella prima parte del film ma troppo poco tormentato nel finale. Completamente inadeguata, invece, Keira Knightley troppo ostentatamente isterica per assomigliare alla sofferente Sabina Spielrein. Che dire delle situazioni? Immaginarsi un Jung che ad inizio secolo “sculaccia”(!) la Spielrein è veramente un insulto all’intelligenza dello spettatore e, come se non bastasse, gran parte dei dialoghi risultano troppo poco credibili per l’epoca. Discutibile anche la figura di Otto Gross (Vincent Cassel), che come una sorta di Lucignolo spinge l’amico e collega Jung nel vortice di sesso e trasgressione del rapporto adultero con l’ex paziente e futura collega Spielrein.
Qualcosa di positivo rimane? Sì, la scena di “medicina pionieristica” in cui Jung analizza la psiche della moglie tramite associazioni mentali e una sorta di proto-macchina della verità (potete vedere stralci della scena all’inizio del trailer). Come avete potuto capire la sceneggiatura di Christopher Hampton, basata su un suo lavoro teatrale del 2002, non regge più di tanto. Non siamo dunque poi così sicuri di imputare tutte le colpe a Cronenberg. Certo il tema aveva già mietuto una vittima: Roberto Faenza e il suo Prendimi l’anima.
Voto: 6½/10
(Film visionato il 5 ottobre 2011)