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Basandosi sull’opera teatrale di Christopher Hampton (sceneggiatore del film) ispirata a sua volta al libro di John Kerr “Un Metodo Molto Pericoloso”, il regista canadese decide di affrontare un tema tanto complesso, anche se non nuovo nella sua filmografia, come quello della psiche umana. Lo fa ripercorrendo il triangolo di rapporti tra lo psicoanalista Sigmund Freud (Viggo Mortensen), il suo collega più promettente, Carl Gustav Jung (Micheal Fassbender), e la disturbata paziente Sabina Spielrein (Keira Knightley).
Il principio è la sperimentazione della psicoanalisi, teoria studiata da Freud ma agli inizi del 1900 ancora sconosciuta e non sperimentata, fino a quando il suo discepolo migliore, il dottor Jung, non decide di volerla testare sull’isterica paziente Sabina Spielrein. La messa in pratica di Jung e le continue sedute con la sua paziente, ci trascinano attraverso un viaggio in cui dalla psicoanalisi si arriva fino alla scoperta degli impulsi umani più repressi, nella maggior parte dei casi, di natura sessuale. Inizia, allora, la disputa tra Jung e Freud ma soprattutto si apre a pieno la tematica del film che arriva a toccare il suo obiettivo principale e cioè sviscerare l’essere umano e i suoi maggiori istinti, sostando anche per il concetto di monogamia e poligamia.
Ma proprio in questo momento, quando il film segna il picco maggiore di interesse e bellezza, arriva l’incomprensibile decisione di spostare l’intera attenzione sulla complicata relazione extraconiugale appena scoppiata tra Jung e Sabina e sui consecutivi contrasti che questa porta tra lo stesso Jung e il collega Freud. E' l'inizio di un crollo disarmante, la storia frana in una trappola alla quale fino a quell’istante era stata completamente estranea e lo fa proprio quando la strada migliore da percorrere era stata trovata, aperta e spianata. L’esplorazione dell’essere umano e dei suoi istinti rimane quindi sospesa, proprio lì dove era stata sollevata, e sebbene in chiusura si cerchi di ripescarne le redini, resta impossibile eliminare gli enormi rimpianti di un'occasione letteralmente gettata al vento.
Supportato da ottime interpretazioni (ad eccezione di una Keira Knightley inizialmente un po’ fuori parte), “A Dangerous Method” appare come un opportunità per scoprire il David Cronenberg che non ti aspetti. Non più incisivo, spiazzante e dotato di raziocinio come tutti lo conosciamo, bensì inedito, capace di riuscire a perdersi facilmente anche in un bicchiere d’acqua. Ma nonostante tutti i difetti, nonostante questa volta la sua lucidità lo abbandoni e comprometta irrimediabilmente tutto il suo lavoro, è importante sottolineare come questo rimanga comunque un qualcosa da non dover assolutamente perdere, quantomeno perché sempre in grado di stimolare la mente e portare a ragionamenti prima ancora non contemplati. Questo è David Cronenberg e sempre lo sarà, nel bene come nel male.
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