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A dieci anni dal G8 di Genova

Creato il 20 luglio 2011 da Alboino
A dieci anni dal G8 di Genova
Era inevitabile che al decimo anno dei fatti del G8 di Genova, molte fossero le commemorazioni, gli articoli di giornale a ricordo di quegli avvenimenti, le pubblicazioni editoriali, più o meno interessanti, che analizzano come andarono effettivamente le cose in quei giorni, compreso i responsabili di tali accadimenti.
Il mio ricordo del G8 di Genova e la mia partecipazione (attiva o passiva che fosse) è indelebile poiché frutto ponderato di una discussione che già settimane prima degli accadimenti mi vide protagonista. All’epoca facevo parte di un gruppo letterario, molto impegnato nel promuovere la letteratura ovunque ce ne fosse stato bisogno e ricordo che una sera fresca e ventilata, sui colli sammarinesi in un locale romantico con terrazza verso il mare si discuteva con un mio amico (che mi ha insegnato a “vivere”, per cui gli sarò sempre grato per tutta la vita, anche se poi le vicissitudini dell’esistenza ci hanno separato portandoci molto lontano – agli estremi – l’uno dall’altro) sull’opportunità o meno di partecipare alla manifestazione di Genova. Ricordo che le più accanite sostenitrici alla partecipazione erano le nostre ragazze che a tutti i costi volevano essere a Genova per dare attraverso la loro presenza un segno tangibile delle “storture” del mondo occidentale. Ricordo altresì la nostra avversione a partecipare direttamente a tali manifestazioni. La nostra (mia e del mio indimenticabile amico) contrarietà a partecipare direttamente era data da tutto quello che nei giorni e nelle settimane precedenti avevamo letto sui giornali, ascoltato alla radio e alla televisione. Insomma si intuiva che a Genova sarebbe accaduto l’irreparabile e che le “istituzioni” si erano preparate ben bene affinché ciò fosse successo. Riuscimmo dopo tante discussioni e ore notturne consumate al convincimento a far desistere le nostre ragazze che comunque avevano deciso di andare a Genova anche da sole, senza essere accompagnate. Sapevamo, quindi, di come bene o male sarebbero andate le cose e argomentavamo che noi non eravamo gli Erri De Luca, gli Adriano Sofri, ecc., degli anni settanta, per cui andare a Genova e non essere attrezzati come i nostri “padri” era inutile oltre che sicuramente saremmo andati incontro ad una “carneficina”. Eravamo impossibilitati a ricalcare il modello di contestazione degli anni settanta perché ormai troppo integrati nel sistema capitalistico occidentale. Le ragazze finalmente capirono e anche se oggi sono ragazze (o mogli) di altri, ancora ci ringraziano per quella scelta.
I fatti di Genova, poi, sappiamo tutti come si sono svolti e oggi quello che si chiede è di sapere i nomi dei responsabili, di chi decise che le cose dovessero andare in tale direzione. Io credo che il problema non è tanto sapere i nomi degli esecutori materiali (a livello penale penso che gli interpreti delle nefandezze compiute a Genova siano stati riconosciuti colpevoli da un Tribunale della repubblica e condannati)quanto far scontare realmente le pene inflitte e soprattutto “condannare” i mandanti politici di tali atrocità. Non ci vuole poi molto a comprendere come tutte le azioni compiute a Genova dalle “istituzioni” fossero state studiate a tavolino già mesi prima, per cui è evidente che i massimi organi governativi del nostro paese se non proprio direttamente implicati (ma ciò mi pare veramente discutibile) quantomeno sapessero quello che si andava realizzando a Genova (è strano che l’allora ministro Fini si trovasse nei siti della questura durante la guerriglia genoana).
In uno Stato democratico appurati i fatti di Piazza Alimonda, della Scuola Diaz e della Caserma Bolzaneto, i cittadini liberi, anziché “popolo caprone” vanno a Roma prendono i “gestori” (che pur volendo ammettere non abbiano direttamente colpe o responsabilità, ma quantomeno incapaci di gestire l’imponderabile) dello Stato e li mettono appesi a testa in giù dai balconi del Palazzo. Invece il popolo caprone che si perpetua nella nostra Italia dall’età mussoliniana ancora oggi continua a votare per gli aguzzini di sempre.

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