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A Finale Emilia, per parlare di terremoti e fracking.

Creato il 06 ottobre 2012 da Blogdispiccioli @blogdispiccioli
A Finale Emilia, per parlare di terremoti e fracking.
Finale Emilia, quella della torre andata giù, dell'orologio spaccato a metà, quella delle strade chiuse, quella dei camper e dei cornicioni spezzati. La sensazione è sempre la stessa, passeggiando lungo il centro che non c'è più del piccolo paese. Si guarda la ferita che separa strade e piazze, le finestre sono mute, le impalcature tengono in piedi una scenografia vuota. Stasera vado ad ascoltare un incontro con la prof.ssa Maria Rita D'Orsogna, docente di fisica e ricercatrice presso la California State University . Si parlerà di fracking, di petrolio e di terremoti, anche con l'ausilio del prof. Franco Ortolani, ordinario di geologia all'Università Federico II di Napoli. Il tendone è pieno di persone, c'è gente che è costretta a stare in piedi e ad ascoltare fuori. Sono venuti da diversi paesi della provincia, tutti con la voglia di capire meglio, di sapere cosa sta succedendo ad un territorio che stentano quasi a riconoscere. C'è una dose di rabbia che si accavalla alle domande, insieme a quel solito senso d'impotenza di fronte a tematiche così grandi e complesse. Bisogna partire da un punto molto semplice, in realtà, ed è quello che da diversi mesi perseguita gli abitanti di quelle zone: quei buchi, quelle trivelle sparse e attive, possono davvero essere responsabili di fenomeni tellurici?
Come ho sentito dire molte volte a L'Aquila, il terremoto ti entra in testa. Entra nei discorsi, entra nel modo di vivere, entra in casa e non se ne vuole più andare. La maggior parte dei partecipanti è abbastanza preparata sull'argomento, ha sviluppato un occhio sensibile alle crepe e tiene l'orecchio teso per carpire qualsiasi dettaglio possa far combaciare le varie teorie che è riuscita a raccogliere dopo aver vissuto in prima persona quest'esperienza. Eppure non si riesce ad arrivare mai ad un punto certo. Alla fine della conferenza si raccolgono dei capannelli di persone che confrontano le proprie idee, e non sembra possibile mediare. C'è chi è completamente d'accordo con le teorie illustrate dai docenti presenti alla serata, e chi lamenta la mancanza di un contraddittorio ed una gestione poco democratica degli interventi.
Le profondità di questa terra, che all'improvviso sembra diventata ostile, non le conosce nessuno
In Emilia ci sono più di cinquecento pozzi di cui, come ha illustrato la prof.ssa D'Orsogna, almeno sette sono per la reiniezione di rifiuti derivanti dall'estrazione di gas o petrolio. Sul fracking in Italia, l'attività di frattura idraulica delle rocce nel sottosuolo, non vi sono notizie certe. L'unica documentazione al riguardo viene dalle attività esplorative che sono state effettuate nei pressi di Ribolla, in provincia di Grosseto. L'altro caso italiano più significativo è quello che interessa la valle del Po, per un sito di stoccaggio chiamato Rivara. L' Independent Resources segnala la volontà di rendere quella zona uno dei più grandi punti di riserva di gas. Un grande "bombolone", come viene chiamato da chi segue quotidianamente questa vicenda. I lavori, stando alle dichiarazioni di Erg Storage, non sono ancora iniziati, ma non sembra difficile, date anche le ultime dichiarazioni del ministro Passera, immaginare che le indagini d'accertamento potranno imboccare rapidamente una direzione che farà molto discutere.
Se la reiniezione non si può paragonare certo all'invasività dell'attività di fracking, resta da evidenziare lo 'stress' continuativo a cui viene sottoposto il sottosuolo. Così come il liquido pompato nel fracking per spaccare le rocce è composto da un numero impressionante di agenti tossici e altamente inquinanti, l'attività di reiniezione non è un toccasana per la terra e per le sue falde.
Bisogna guardare alle esperienze in altre parti del mondo per riuscire a fare due calcoli e capire se effettivamente esiste una correlazione tra perforazioni e terremoti. Diversi articoli del Scientific American (qui e qui) trovano corrispondenze tra i lavori di estrazione, reiniezione e fracking con l'attività dei terremoti in America e in altre parti del mondo, come l'Uzbekistan, la Francia (dove il fracking è illegale) e in Oman. Per approfondire il caso americano, consiglio di guardare Gasland, il documentario di Josh Fox sugli effetti del fracking:
La faglia c'è e si muove. Con quali conseguenze, non è possibile prevederlo. Se questi lavori, queste perforazioni, possano effettivamente accelerare i processi tellurici resta un'incognita. Ma non si tratta solo di questo, dato che i danni originati dalle operazioni di estrazione sono sempre in agguato: l'idrogeno solforato, un elemento derivante dalla raffinazione degli idrocarburi, è responsabile di morti ed avvelenamenti (qui e qui). Come dichiarò nel 1948 l'API (American Petroleum Institute), l'unico livello di benzene non dannoso è pari a zero.
A fine serata ci si ritrova un po' frastornati, tra le polemiche e senza proposte, con la testa piena di dati e supposizioni. Un signore mi dice di avere ancora la tenda in giardino e che solo quando arriverà l'inverno si sentirà sicuro di poter tornare in casa. Come se il freddo avesse il potere di tenere a bada la terra, di placarla. Ma siamo sicuri che possa dormire sonni così tranquilli?
(Un ringraziamento a Paolo e Daniele, che seguono da vicino il caso del progetto Eleonora, un permesso di ricerca di idrocarburi e gas nella provincia di Oristano)
Alessio MacFlynn

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