Svilupparsi lo è: chimica, biologia, fisica… il corpo va avanti da se e si sviluppa, come le piante.
Crescere invece è un’attività coatta, non cresci da solo, ti fanno crescere!
Non impari a crescere, ti insegnano a crescere!
Fin da bambino. Fin da quando provano ad insegnarti i ruoli di genere vestendoti di rosa o celeste, senza sapere che uno il sesso ce l’ha già dentro… ma questa è un’altra storia.
Io non volevo crescere. Sempre stata un po’ Peter Pan nell’animo, ma mai abbastanza, perché alla fine crescono tutti, comunque.
Crescono le bimbe quando all’asilo hanno le sorelle piccole e gli amichetti piccoli attaccati alle gonnelle, crescono quelle che alle elementari sono contese da tutti i compagnetti nei megabanchi da sei e che sono scelte sempre per fare la regina durante le recite e le sfilate, crescono quelle che alle medie erano capitano della squadra di pallavolo. Crescono anche quelle che arrivano al liceo e un po’ si sono già rotte di crescere, ma ormai il danno è fatto… brave soldatine (o crocerossine?) continueranno a farsi carico dei doveri propri e altrui e inizieranno ad ingobbire le spalle (peraltro già duramente provate) sotto il peso dei tanti “si da dire” e “no non detti”.
Cresceranno anche quando all’Università decideranno che quello è il periodo più bello della vita e non vogliono fare niente di diverso finchè campano, ma la società è tiranna, ti tira, ti lusinga, ti invoglia, ti imbroglia. E quindi cresceranno.
Cresceranno anche quelle che all’improvviso, e per i motivi sbagliati, hanno deciso di scappare, di lasciare terra, confini e mare nell’illusione, fuggendo, di poter sfuggire al dovere di crescere.
Niente da fare. La società non lascia scampo e alla fine, volenti o nolenti, consapevoli o inconsapevoli, cresciamo… o almeno facciamo finta, tenendo ben nascosto dentro di noi lo scalpitante Peter Pan pronto a saltar fuori al primo indizio che porta all’isola che non c’è.
Sono cresciute anche Vicki e Vittoria alla fine, con tutti i loro danni e disastri, anche se a modo loro, anche se con pochi esempi a cui ispirarsi.
E alla fine, chissà, magari sono anche contente.
“Si era tradito. Nella sua corsa disperata al successo e all’affermazione, nella stanchezza, nelle lunghe e spietate ore di lavoro, nel sonno arretrato, nelle rinunce, nella sua routine domestica, nel bisogno disperato di certezze e di approvazione aveva dimenticato, lasciato indietro, perso, forse la cosa che più era importante. Non aveva capito che non avrebbe mai trovato nel lavoro ciò che gli mancava e che desiderava. E non l’avrebbe mai trovato neppure tenendo sempre le distanze da tutto: emozioni, istinti, desideri. (…) Lui voleva essere rispettato, ineccepibile, preso a esempio, voleva fare contenta la famigliola con la sua bella esistenza a prova di disastri, di multe, d’imprevisti. Di figuracce. Di scuse. Voleva essere sempre dalla parte forte dell’universo, quella che non arrossisce mai. Voleva non avere mai paura. E invece aveva scoperto che si annoiava da morire.”
Vittoria A. “Dannati Danni”, Eclissi Editrice