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Sulle previsioni di crescita di Confindustria, credo che non sia necessario soffermarsi molto, se non il giusto necessario per consegnare a futura memoria ciò che sostiene il loro Centro Studi, che, per l'Italia, vede una crescita aggiuntiva del 2,1% per il 2015 e del 2,5 per il 2016 (l'analisi la trovate QUI)
Ora, considerato che per questi due anni le previsioni indicano già una crescita, rispettivamente, dello 0.5% e 1% circa, se ne deduce che secondo l'impulso che l'Italia dovrebbe ricevere dalla svalutazione dell'euro, dal QE della BCE e dalla caduta del prezzo del petrolio, essendo queste delle spinte aggiuntive rispetto alle previsioni già formulate, l'Italia, stando a quanto dice Confindustria, dovrebbe crescere del 2.6% nel 2015 e addirittura del 3.5% nel 2016.
Se cossì fosse, sarebbero le espansioni più ampie dalla nascita dell'euro, eccettuato l'anno 2000, quando il Pil salì del 3.7%.
Semplicemente impensabile, allo stato attuale, giacché il contesto macroeconomico è imparagonabile rispetto a quegli anni.
In compenso, potete sempre sperare che sia attendibile ciò che ipotizza Confindustria. Peccato, però, che la speranza venga demolita dalla capacità di Confidustria di prevedere le dinamiche economiche. E il grafico che segue ne è espressione tangibile.
Come vedete, le colonnine colorate rappresentano le previsioni biennali di Confindustria dal dicembre 2007 (per il biennio 2008 e 2009) fino all'ultimo aggiornamento di qualche giorno fa (per il biennio 2015-2016; mentre gli istogrammi di colore nero sono le variazioni effettive del PIL. Visto che il dato definitivo per il 2014 non è ancora uscito, ho considerato una contrazione del PIL 0.4%, poiché sembra essere la previsione più accreditata da parte delle principali istituzioni.
Il risultato è immediato: CONFINDUSTRIA NON NE HA AZZECCATA UNA, NEANCHE LONTANAMENTE.
Ma visto che la realtà supera sempre la fantasia, confindustria è anche in buona compagnia
Ad ogni buon conto, al netto di tutti i rischi che stanno incubando in giro per il mondo, è fuori da ogni dubbio che ci siano delle condizioni migliori per favorire una crescita. Tuttavia, c'è da dire che la crescita verrebbe dopo un disastro economico di proporzioni quasi belliche e, soprattutto, si confronterebbe con tendenze di lungo periodo che, oltre a condannare l'Italia, sono assai difficili da invertire.
Un paio di grafici per chiarire di cosa si sta parlando:
L'Italia, dall'inizio della crisi ha perso circa 350 miliardi di PIL. Qualche tempo fa ho provato a simulare quale sarebbe la crescita necessaria (indispensabile) nei prossimi anni, per recuperare il PIL che è stato perso.
Ne è venuto fuori questo:
E' un immagine che riprende un mio vecchio grafico al quale sono state aggiunte le due linee tratteggiate: quella viola che simula la crescita del PIL, dal 2015, del 3,5% annuo; e la linea tratteggiata verde che simula la crescita del PIL del 2.5%.
Nel primo caso, cioè in caso di crescita del 3.5%, l'Italia recupererà i 327 miliardi di PIL andati in fumo solo nel 2024, cioè tra dieci anni. Nel secondo caso, essendo inferiore il tasso previsto (2.5%), il recupero avverrà solo nel 2034: tra venti anni. Ovviamente, in tutto questo periodo si dovranno evitare, come la peste bubbonica, tutte le crisi che dovessero manifestarsi.
E' possibile qualcosa del genere? No.