Succede che per lavoro devo passare una settimana all’estero, in un posto dove so già che notizie, youtube, streaming di qualsiasi cosa = merce preziosa e irraggiungibile.
Sarò isolato, disconnesso, unplugged, solo, triste e così, temibile stratega quale sono, decido allora di caricare l’impossibile sullo smartphone.
Serie TV da vedere: Mad Men stagione 5, Carnivale stagione 1 [di una tristezza questo...ci provo ogni volta e non lo guardo mai], Nurse Jackie stagione 4 [questa dura poco meno di mezz'ora, la userò come riempitivo].
Dischi da ascoltare: l’ultimo dei Baustelle, Atom for Peace della band parallela di Thom Yorke (e altri che non cito….perchè magari c’è un futuro frammento, là nel mucchio).
Ebook da leggere: (che mai leggerò. E infatti, quindi neanche metto il titolo)
Un paio di sere per organizzare i file ed eccomi già là dove dovevo stare “da domenica a domenica”, a Colonia – in un hotel pagato a peso d’oro ma da noi soprannominato “la stalla” – con l’idea di utilizzare un paio d’ore che sapevo libere il primo giorno per visitarne il duomo (fantastica costruzione gotica, spaventosa in tutti i sensi, provate a guardare qualche foto di sera…brividi assicurati. Là ci sono i resti dei Re Magi, lo sapevate?).
La realtà è sempre ben diversa: le due ore libere viste neanche con il binocolo, naturalmente, ma non era questa la cosa peggiore: una volta arrivato in camera mi accorgo che macchè Baustelle, Atom for Peace [poi questo l'ho ascoltato....TERRIBILE!!!!], macchè Mad Men e Carnivale….io non so che cacchio è successo con iTunes ma evidentemente non siamo mai riusciti…a capirci. Va da sè che della mia playlist audio/video non era rimasto quasi nulla.
Quantità, ricercatezza, originalità: queste le ragioni per cui purtroppo non è opportuna la pubblicazione di nessuno dei termini usati per sottolineare la mia contrarietà al disservizio occorso. Certo non era quello il momento per trattenersi, e quale soddisfazione potrà mai dare un mite “santo cielo”?
Anzi, ripensandoci: quando mai dà soddisfazione dire cose ‘neutre’??
Per capirci, io credo che per una serie affollatissima di motivi – anche nella nostra vita vera, senza gli equilibrismi a cui ci obbligano i rapporti superficiali ‘di lavoro’ – usiamo troppo spesso termini ‘neutri’.
Esempio: “come stai? NON C’E’ MALE”.
….di un grigiore, una tristezza IN-DI-CI-BI-LI.
Tanto poi in queste situazioni tutte uguali – che io per brevità definirei ‘da ascensore’ – , al “non c’è male” seguirà un imbarazzato silenzio che l’altro cercherà di interrompere maldestramente con l’altra domanda (che c’è sempre) “E ALLORA, TUTTO BENE?”. MA TUTTO BENE COSA? TI HO APPENA RISPOSTO!!
Provate a pensarci e ditemi se non è vero. Io ‘sta cosa la temo così tanto che spesso per interromperla prima che ancora che succeda, a domanda neutra-inutile-accessoria do risposta tagliente e/o eccessivamente cinica (quindi al “come stai?” la mannaia è una cosa tipo “BENE, MA TANTO TUTTI PRIMA O POI SI MUORE”) che il più delle volte non viene ahimè compresa nè per intero nè in parte (la colpa sta probabilmente nell’immobilità delle mie sopracciglia) e chi ho davanti spesso assume per istanti interminabili l’espressione della mucca che guarda il treno che passa.
Non collezioni di grandi successi ma debacle schiaccianti, sia al piano primo che in quello americano (carriera stroncata) e in tante altre situazioni meno cinematografiche. Ma, sopracciglia a parte (anzi, affinerò il metodo, migliorerò la mobilità) è pur sempre un tentativo PREGEVOLE di scambio di informazioni qualunque con la speranza di non risultare insulsi (almeno a se stessi) e tenere sveglio l’interlocutore.
E SICCOME QUI CE NE SARA’ BISOGNO perchè vi racconterò qualcosa che mi piace ma che 1) non proprio fresco di giornata 2) che a molti non gliene frega una cippa, perchè non esporre la solita teoria dei frammenti in modalità iperbolica/sopra le righe e se anche voi mi direte NO io lo farò lo stesso?
Orbene.
E come è facile prevedere il pezzo in questione è uno dei brandelli di mp3 scampati alla cancellazione e me lo sono ascoltato fin troppo in quei 7 giorni……….così tanto che proprio non posso non parlarne.
E’ vero che si tratta di cose dell’avanti Cristo, così aldilà che ormai ritornano prepotentemente di moda (per fare un esempio, la playlist della catena di negozi Scout – uno dei miti teenager del momento – è composta quasi essenzialmente da musica anni 80) ma, moda o no, hanno comunque un peso considerevole nella mia “formazione musicale di frammenti”.
Ma veniamo al frammento, Scoundrel days dei norvegesi A-Ha, la cui esposizione seguirà il mood odierno che, azzardo, potrebbe anche persino diventare un giochino per voi nello scoprire cosa esagero e cosa no.
Modalità BIANCO/NERO inserita
LA CANZONE
Scoundrel days è una canzone intrisa di drammaticità e (quindi) bellissima! E LO SO che lo dico spesso nei frammenti che mi piacciono un mucchio, ma questa volta in particolare, “non cambierei una nota, uno strumento, un riverbero, nè le pause prima e dopo il pezzo”. Perfetto.
Delle cose soggettive parleremo un’altra volta (io forse mai e voi nel vostro blog che potete aprire in ogni momento per parlare delle ‘cose soggettive’ usando parole di una noia siderale tipo abbastanza o d’altronde) quindi oggi SoloFrammenti=SoloAssiomi.
E’ incredibile, ma il brano in questione non uscì mai come singolo pur essendo una figata pazzesca: i giri armonici sono il giusto imprevedibili per sorprendermi e mettermi in difficoltà, la strofa è ricercatissima, con la voce che va a infilarsi dove non pensi supportata da accordi “al limite di Bjork“, tutti strani, storti ma non troppo, apparentemente artificiosi ma così riusciti (e grandiosi) che per me – lì sul divano – sono come un giro sul Tagadà in piedi al centro, UnicoInPiediEGliAltriPerTerra. Ce n’è perfino uno (accordo) che ho faticato – e di solito invece mi vengono facilmente – a trovarlo ‘giusto’ sulla tastiera [grazie che l'avete chiesto: sulla strofa parlata iniziale è il terzo che arriva un secondo dopo "It wasn't me for sure"].
Per molto meno ho cominciato relazioni decennali e ho perfino comprato dischi!!!!
Ma non vorrei che mi si accusasse di dire sciocchezze e pure poco approfondite quindi ecco due cose misurate anche sull’inciso, che – senza ‘wait for it’ – non esito a definire leggendario, distinto da una prova vocale mitica con vari echi di David Bowie qui e là, senza imitazione ma con tonnellate di carattere, vigore e personalità, di così ampio respiro che una prateria non è abbastanza e con un bel tocco (più che altro, una randellata) di epicità che, vuoi perchè ‘stile di quei tempi’, vuoi perchè ci sta a pennello, vuoi perchè è così e basta e nelle mie orecchie è tutto purezza e perfezione, quasi mi dispiace che sia roba degli A-Ha; perchè se invece l’avesse incisa chiunque altro di blasonato a quest’ora sarei ovunque ma non qui a cercare di convincervi, saremmo tutti già d’accordo e felici, con lo stesso operatore telefonico, stessa auto, stesso scopino del bagno….di cui la canzone sarebbe stata il jingle.
[se siete arrivati fin qui e non siete Lella Costa, fate una pausa per riprendere fiato]
L’ALBUM | E IL TEST DELLA PRIMA LA TERZA E L’ULTIMA
Scoundrel Days – l’album stavolta – come molti prodotti anni 80 segue gli stilemi del periodo con “quei suoni” che ora non ci fanno proprio così tanto impazzire.
Lo so, lo sappiamo tutti. Passiamo oltre? Ecco, in questo caso c’è un oltre che è SCONFINATO. Ci sono un paio di canzoncine un po’ così ma nel complesso è un’ottima prova, ascoltabilissima anche dopo 5 lustri. Il disco parte benissimo per merito della title track, che passa a pieni voti IL TEST.
Stavolta ammetto che IL TEST è cosa mia, soggettiva, basato su una convinzione relativa alla posizione delle tracce secondo cui LA PRIMA, LA TERZA E L’ULTIMA canzone del disco hanno importanza FONDAMENTALE nella scelta non ragionata del disco da comprare/ascoltare. Sono le colonne su cui si poggia l’opera e se quelle 3 canzoni non sono abbastanza buone io alzo un muro e comincio a macinare pregiudizi.
Ma ho delle motivazioni e le spiego a voi che siete ancora qui a leggere perchè – come alle feste noiose – non siete stati tra i furbi andati con il primo gruppo e state lì a dire “mmmhhh, ma perchè non mi sono mosso subito, e adesso?”
La prima canzone perchè, beh, se fa schifo il brano di apertura allora cosa perdo il mio tempo a fare? La terza perchè è la conferma dell’idea che “tu artista mi vuoi dare del tuo disco (naturalmente il secondo brano deve fare il paio con il primo, sebbene non sia discriminante) e, aggiungo, il quarto brano è l’ultima chiamata per uno dei singoli da estrarre dal disco perchè un singolo messo come traccia numero 6, per esempio, [oggi con iTunes il concetto di 'album' perde un po' di valore, ma concentriamoci sul CD] mi suona già subito da autogol e già prima di ascoltarlo mi si autostorce il naso. L’ultima perchè “io artista” posso osare, farti ascoltare un pezzo strano, slegato dal resto dell’album, che mostri un altro lato della mia creatività o che sia il seme della direzione che prenderò con il prossimo lavoro.
Non posso giurare che questo giochino, che pratico da svariati lustri, mi abbia portato sempre a risultati sicuri, anzi ricordo dei cd comprati e che non valevano neanche la plastica con cui erano stampati. Tra questi uno degli Scisma (in cui lei, cacchio, stonava sempre!!!) ma anche al contrario il mio incontro con gli Suede (So young, dal cd d’esordio che – già detto qui da qualche parte – regalammo_tutti_insieme_e_io_prima_mi_duplicai – al nostro amico Bruno). Non importa, e comunque è un po’ come le previsioni del tempo. Si sa che pioverà comunque, eppure tutti là a guardare OGGI che tempo farà DOMANI. Stessa cosa con la “storia dei tre brani dell’album”, io ci provo sempre.
Seguendo IL TEST, Scoundrel Days è la prima traccia dell’album. E HO DECISO ORA CHE INCLUDERO’ I FRAMMENTI ANCHE DI QUESTE.
La terza traccia “I’ve been losing you” è una pietra miliare di quegli anni ma solo perchè è nata là, perchè ancora oggi farebbe la sua porca figura ovunque e sempre.
E peccato che, scelto allora (1986) come primo singolo di lancio, non fece BOOOM come invece meritava, complice sicuramente l’aspettativa troppo alta per un videoclip degno successore di Take on Me , un po’ l’Avatar di allora, che invece deluse tutti perchè la scelta del – che ne so – capo supremo del marketing dei videoclip (sicuramente malato e quel giorno sostituito da un Paperoga qualsiasi) fu invece di realizzare una cosa “tipo video Super8 della festa del Patronato di Oslo”. Cioè vai al cinema per vedere Avatar 3d e invece ti trovi Steamboat Willie. Si poteva prevedere, no?
Il pezzo comunque è incantevole, con un verso costruito magistralmente, aulico e misterioso, in continua progressione fino all’inciso, anche qui come in Scoundrel Days, aperto, liberatorio, rotondo, da auto e da concerto.
Una canzone “totem” per me, che è sempre rimasta nella lista di cose che porterei nell’isola deserta (oppure a Colonia, vedi il caso) e che – consiglio che speriamo resti per sempre ‘inutile’ – se mi si dovesse risvegliare dal coma con l’ausilio della musica……di sicuro ce ne sono tante altre, ma non perdete tempo e vedete di partire da questa, capito?
Tornando…sul pezzo, magari sembra di no ma è uno di quelli difficili questo: ed è dall’inizio alla fine CANTATO DIVINAMENTE con ben più di qualche tocco di maestria, anzi un tale affollamento di momenti da dieci e lode che – tutto, ma soprattutto il verso [punto di ascolto 00.09-00.16] – assieme a “One” U2 è il vertice assoluto nella mia classifica e costante metro di paragone per OGNI prova vocale maschile.
Però, sarebbe bello e utile un sistema di misurazione, così come esiste in altri ambiti, per la bravura dei cantanti assegnando loro un valore: così, per esempio, un Morten Harket/Bono equivarrebbe a due Sting che a sua volta sono uguali a diciannove Bob Dylan….virgola Antonello Venditti!
(sì è una battuta – notato il movimento del soppracciglio? – che non è mia ma dei sempre mitici Amurri/Verde e, pazienza per le mucche che guardano il treno, ma la ripeto con autodivertimento da anni, che ormai credo siamo in zona ‘usucapione’. Nella loro versione c’erano le attrici, da Meryl Streep a Elizabeth Taylor, dopo la virgola Lory Del Santo)
Il frammento della terza
http://ioego.files.wordpress.com/2013/04/ive-been-losing-you_frammento.mp3
Il link al brano completo
http://ioego.files.wordpress.com/2013/04/1-03-ive-been-losing-you.mp3
L’ultima traccia, Soft Rains of April. Che dire, non ho altri superlativi. Canzone atipica, come lo sono TUTTE le ultime tracce degli album degli A-HA.
Se avete il tempo, ascoltatele [eccole qui: | la mitica e desolante (Seemingly)NonStop July | The Summer of Our Youth | Mary Ellen Makes The Moment Count | Start the Simulator | Here I Stand and Face the Rain | You’ll End up Crying] e avrete una chiara idea di cosa c’è di completamente diverso – sotto la punta dell’iceberg delle canzoncine hit per cui sono ricordati.
In questo brano dall’incedere dolente non c’è una costruzione strofa ritornello evidente (la strofa è brevissima il ritornello ancora di più, tutta la ‘ciccia’ del brano si risolve in 15 secondi) ma è tutto invece splendidamente supportato da un arrangiamento, da un sopraffino lavoro di batteria sulle punte di grande presa emotiva; soprattutto nella parte centrale del pezzo, dove un intero volo onirico strumentale ci porta a tirare le fila della tragedia in corso narrata dal testo prima di chiudere rapidamente la canzone. Di Soft Rains of April esiste, tra le altre, una emozionante versione orchestrale [eccola] tratta da un concerto di fine carriera alla Royal Albert Hall di Londra (per i fan, leggendario) e sarebbe bella cosa che in un mondo perfetto chi vuole se lo potesse comprare in DVD, e invece no.
Il frammento dell’ultima
http://ioego.files.wordpress.com/2013/04/1-10-soft-rains-of-april_frammneto.mp3
Il link al brano completo
http://ioego.files.wordpress.com/2013/04/1-10-soft-rains-of-april.mp3
FATTO 30 FACCIAMO 31: I TESTI
Spendo le ultime righe per i testi che – anche qui ad anni luce dal riconoscimento della critica e del pubblico – sono raffigurazioni di disagi per niente banali o passeggeri dove la penna di “the King” Paul Waaktaar ci va giù pesante raccontandoci la vita allucinante di uno ‘che si taglia pure le vene’ (Scoundrel Days), di un assassino che ripercorre nei dettagli l’omicidio della persona amata (I’ve been losing you), di un altro che in prigione non gli passa più’, scrive lettere e chiama a casa ma nessuno risponde mai (Soft Rains of April).
TUTTO VERO?
Grandioso, perfetto, pietra miliare forse sono parole grosse e alla fine devo ammettere che già dopo dieci righe mi ero già stufato di far finta di essere sotto l’effetto del Prozac e di raccontare tutto in modalità binaria.
Ma tu – proprio tu, nient’altro che tu – che stai leggendo adesso, come definiresti qualcosa che non solo con le orecchie ma con tutto il tuo essere avverti come stato di estremo benessere, più di un massaggio alle spalle e all’anima insieme, che ti provoca quel brivido lungo la schiena che ne vuoi subito ancora?
Se c’è un momento in cui si è autorizzati a non esprimersi ‘con il misurino’ e a spararla grossa, è quello, e dovresti approfittarne.
Ci sono brividi che sono solo per la prima volta o solo qualcuna in più…e poi ci sono i frammenti.
E allora osiamo: bianco o nero, giusto o sbagliato, uno o zero, dimenticabile o…leggendario.
5 stelle
Il frammento di Scoundrel Days
http://ioego.files.wordpress.com/2013/04/scoundrel-days_frammento.mp3
Il link al brano completo
http://ioego.files.wordpress.com/2013/04/1-01-scoundrel-days.mp3