Alle 17 si dovrebbero conoscere i nomi che il Pd mette in campo per il Quirinale. In pochi minuti, in poche parole sapremo se il centrosinistra vuole sopravvivere al passato o affrontare il futuro: se troveremo i nomi delle vecchie nomenclature opache come gli Amato, dei politici da corridoio come Marini o degli eterni perdenti come D’Alema, sapremo che si è scelto il suicidio politico per far vivere Berlusconi, ma anche lo spirito e il potere di apparato e di casta. Se invece sentiremo il nome di Rodotà allora possiamo sperare che ci sia la volontà di cambiare definitivamente capitolo a cominciare dal colle più alto.
Se ci saranno i nomi di sempre non ci vengano poi a raccontare balle sulla responsabilità e la governabilità, sul dramma del Paese causato peraltro proprio da una stagione di inciuci e cedimenti oltre che di allontanamento dall’elettorato e dalla realtà: quella sul Quirinale è una scelta decisiva di campo e di prospettive che non ammette ambiguità. Nemmeno il tentativo di eluderla attraverso la proposizione di personaggi meno conosciuti, illustri finché si vuole, ma che, essendo fuori dalla scelta operata dai 5 stelle, non potrebbero che essere eletti da Pd e Pdl preludendo a una nuova stagione compromissoria o figurerebbero come un semplice alibi scenografico per poi arrivare poi ai soliti nomi.
A las cinco della tarde… o finalmente si affronta la bestia che si nasconde nello spirito e nel corpo di questo Paese o non ci saranno “né canto, né diluvio di gigli” che possano salvare il Pd dalla sua dissoluzione.