Avevo promesso di parlare di Egwene e Nynaeve, ed eccomi finalmente di ritorno alla Ruota del Tempo. Sembrano promesse da marinaio le mie, con il tempo che si dilata all’infinito, ma a volte accumulo semplicemente troppe cose da fare e ho bisogno di tempo per stare dietro a tutto.
Dopo i tre ta’veren mi sembra giusto ripartire da Emond’s Field e da chi è partito per un lungo viaggio insieme a Robert Jordan. Rand, Mat e Perrin, e poi Egwene, desiderosa di avventura e in fuga insieme a due che hanno fatto della loro vita una continua battaglia contro il Tenebroso, l’Aes Sedai Moiraine e il suo Custode Lan, e uno che negli eventi si è trovato coinvolto praticamente a forza, il menestrello Thom Merrilin. Nynaeve si è aggiunta dopo, ma mi sono resa conto di non riuscire a parlarne qui.
Robert Jordan Brandon Sanderson The Gathering Storm
Un’Egwene ancora ragazzina è protagonista di una storia poco nota in italiano. Nel gennaio del 2002 Tor ha ripubblicato L’occhio del mondo, edito per la prima volta nel 1990, suddividendolo in due metà, From The Two Rivers e To the Blight. I due volumi erano destinati a un pubblico più giovane rispetto a quello dei romanzi, erano scritti con caratteri più grandi, contenevano una manciata di illustrazioni e soprattutto un prologo in più, Ravens, dedicato proprio a Egwene. Io l’ho letto, anche se non ricordo più dove l’ho trovato, ed è molto interessante. Sarebbe carino se Fanucci decidesse di pubblicarlo a parte, come omaggio conclusivo alla fine della necessaria ristampa dell’Occhio del Mondo o magari anche solo come PDF scaricabile gratutamente dal loro sito, visto che il testo è troppo breve per farne un volume. Sarebbe un bel gesto nei confronti dei lettori, che hanno speso tanto a livello emotivo – ma anche economico – sulla saga. E magari sarebbe bello avere finalmente anche una traduzione italiana di The Strike at Shayol Ghul, racconto che io ho letto, e sul quale ho scritto pure un articolo per FantasyMagazine (non ricordo se l’ho piazzato anche qui, devo controllare), dedicato alla Guerra dell’Ombra. Vero che mi leggi Fanucci?
Torniamo a Egwene. Molti la odiano, la repuntano troppo saccente. Ho letto commenti relativi al fatto che le figure femminili siano odiose e che si credono più importanti di quel che sono mentre sono solo personaggi marginali. Per come la vedo io nella Ruota del Tempo il protagonista non è davvero Rand, anche se lui è il Drago rinato. Se non avesse un’infinità di persone al suo fianco, pronte ad aiutarlo nel momento del bisogno – anche quando lui non vuole – fallirebbe. Non sono nemmeno gli uomini i protagonisti, i ta’veren. Jordan ha definito in questo modo solo tre personaggi, ma sono davvero troppe le cose fatte dagli altri per liquidarli come semplici comprimari. Uomini, donne e anche creature non umane, visto che pure l’Ogier Loial fa la sua parte. Il protagonista di questa saga è Randland, il mondo, anche se poi le vicende sono viste attraverso gli occhi di un’incredibile moltitudine di personaggi. Personaggi vivi, veri, reali. Non vengono ammazzati continuamente come nei romanzi di George R.R. Martin? Non è importante, i personaggi di Jordan sono altrettanto vivi e soffrono per i modi in cui le loro vite si stanno trasformando. A volte la morte non è la cosa peggiore.
Jordan ha raccontato che da bambino era molto affascinato dalle donne, al punto che passava tantissimo tempo a osservarle. È un ricordo presente sul suo blog, ma ricercarlo, vedere le parole precise, mi porterebbe via troppo tempo. Non ricordo da dove sia partito questo suo precoce interesse, certo era troppo presto perché potesse essere di tipo sessuale. Comunque le donne della sua famiglia, ha scritto, sono persone molto forti e autonome, ed è stato ispirandosi a loro che ha creato i suoi personaggi femminili. Tutte contengono una caratteristica di sua moglie Harriet, era una specie di gioco fra i due, con lui che la stuzzicava e lei che diventava matta per ritrovarsi in tutti i personaggi femminili della saga, ma il punto di partenza sono le osservazioni delle donne portate avanti da Jordan per tutta una vita. Per questo le donne trovano i suoi personaggi femminili notevolmente affascinanti e realistici: sono donne forti, in gamba, nelle quali si possono – ci possiamo – facilmente identificare senza rimanere all’ombra di nessun uomo. Avete idea di quanto sia snervante leggere storie di uomini in cui solo loro possono essere in gamba? Marion Zimmer Bradley ne parla nella bellissima introduzione all’edizione Nord della Catena spezzata che è, per usare le sue stesse parole “un libro dove le vite delle donne fossero prese sul serio, e non considerate semplicemente nell’ambito domestico e nei loro rapporti con gli uomini. Un libro su donne indipendenti, che lottano in una società ostile e realistica”. Sono parole scritte alla fine degli anni ’70, e introducono uno dei libri che in assoluto io amo di più. Fra l’altro al suo interno compare per la prima volta Kindra, l’amazzone guerriera da cui ho preso il nickname con cui sono conosciuta in un paio di forum. Da allora molte cose sono cambiate, compreso il ruolo delle donne nella fantasy e nelle storie d’avventura. Ho scritto un articolo, penso uno dei miei migliori, per il quarto numero di Effemme. Si intitola Jolanda e le sue figlie: eroine in cerca d’avventura e nelle sue dieci pagine faccio una rapida carrellata sull’evoluzione della figura femminile partendo da Emilio Salgari e passando poi per Robert E. Howard, Catherine L. Moore, J.R.R. Tolkien, la Zimmer Bradley appunto, Katharine Kerr fino ad arrivare a Robert Jordan. Marion è stata fondamentale nell’evoluzione della figura femminile, come dimostrato ad altissimo livello dalle Nebbie di Avalon, romanzo che non per nulla piace moltissimo alle donne ma che raramente piace agli uomini. E allora, giusto per non lasciare dubbi sulla mia opinione, la frase che si trova in altro a destra nel mio blog, Con il nostro pensiero, noi creiamo giorno per giorno il mondo che ci circonda, proviene dalla prima pagina delle Nebbie di Avalon e l’ho letta per la prima volta sulla copertina del romanzo stesso, subito prima di prenderlo in prestito in biblioteca e di diventare una lettrice convinta di fantasy. Prima avevo letto una manciata di cose, Lo Hobbit e Il signore degli anelli e La storia infinita di Michael Ende, e credevo di essere solo stata fortunata a trovare due autori così bravi (aiutata in questo dal consiglio di un’amica e dall’esistenza del brutto film di Wolfgang Petersen), e La spada di Shannara di Terry Brooks, che mi aveva fatto temere che la fantasy potesse essere un po’ troppo imitazione di grandi autori del passato. Con Marion sono diventata davvero una lettrice di fantasy.
L’articolo per il quarto numero di Effemme terminava con un accenno a Jordan e alla divisione dell’Unico Potere in Saidar e Saidin. Lì ero andata troppo a lungo, avevo già sforato dalla lunghezza massima prevista per l’articolo e rischiavo di andare fuori tema visto che l’argomento di partenza era Salgari. Ma non potevo tenere per me tutto quel che sapevo, e infatti ne ho scritto ancora. L’articolo si intitola La Ruota del Tempo: magia per sole donne e uscirà nel prossimo numero di Effemme, che pubblicheremo in primavera. Ci stiamo ancora lavorando, la scorsa settimana ho mandato la mia valutazione sui racconti del concorso (una delle tremila cose che ho avuto da fare in questi giorni), ma quest’articolo dedicato a Jordan è pronto e secondo me è anche molto interessante per i fan della saga.
Tutto questo per dire che io adoro Egwene, e come me penso che l’adorino la gran parte delle lettrici. È un personaggio forte e fa cose importanti, pensiamo a come ha guidato le Aes Sedai e a come si è occupata di Randland ponendo sempre l’interesse degli altri, del mondo e delle donne che la seguono, davanti ai suoi. È coraggiosa, intelligente e determinata. È testarda? A volte serve, comunque non so chi ha la testa più dura fra lei Rand o anche Perrin. A volte è una tiranna? A volte serve. Detto questo, sotto la foto passo agli spoiler di A Memory of Light
Egwene! Oh, Egwene! Da qualche parte ho letto che lei è morta perché doveva morire almeno uno dei personaggi importanti per dare solidità alla storia e lo scrittore ha scelto quella di cui non importava nulla a nessuno. Non è vero, il mio cuore sanguina ancora per lei, e così pure quello di Leigh Butler:
Oh, Egwene. Oh, my Ooh Ooh Girl. I just.
There’s… nothing else to say. Not yet. I will do her justice later. Maybe by then I’ll actually be able to write about her without tearing up. Maybe.
La sua recensione, piena di spoiler di tutto il romanzo, si trova qui: http://www.tor.com/blogs/2013/01/the-wheel-of-time-a-memory-of-light-spoiler-review
Doveva morire. Purtroppo era necessario per la trama, la sua morte è una delle cose che donano a Rand la forza di fare ciò che deve fare. È l’elemento più importante, alla faccia di tutti quelli che pensano che le donne non sono importanti. Ed è morta nel modo migliore, combattendo come quella leonessa che è sempre stata.
La sua è stata una fine grandiosa, condotta con coraggio e intelligenza. Ha trovato il modo di eliminare Taim, divenuto uno dei Reietti, ed giusto che sia stata lei a farlo. Torre Bianca risanata dopo le nefaste influenze di Liandrin Elaida e Mesaana, contro Torre Nera corrotta dal Tenebroso. Entrambi con un potentissimo angreal in mano. Gli uomini, al massimo della loro forza, sono più forti delle donne, e lei era già esausta per i combattimenti precedenti e per lo stress emotivo seguito alla morte di Gawyn. Eppure ha trovato dentro di sé delle riserve insospettabili per eliminare il suo avversario, dimostrando che a volte la determinazione può far fare cose incredibili. Non è retorica, non da parte di Robert jordan. Non da parte di uno che è stato capace di caricarsi sulle spalle un commilitone ferito, in Vietnam, e portarlo in salvo fuori dalla prima linea dei combattimenti. Non per uno il cui elicottero è stato abbattuto sopra la giungla locale e che è riuscito a riportare in salvo alla base tutti i suoi uomini. La volontà, la determinazione, possono spingere oltre limiti che possono sembrare invalicabili. È questo che ci ha detto James Oliver Rigney con le sue storie. Mai arrendersi. Come ci ha detto anche Lan alla fine di Nuova primavera (pag. 342): “Era lui il migliore. Ma pensava che fossi finito, con un solo braccio. Non ha mai capito. Ci si arrende solo dopo la morte.”
Di Lan parlerò in un’altra occasione, se lo merita. Ma ci si arrende solo dopo la morte, altrimenti si resta nella giungla e si viene ammazzati dai vietcong.
Egwene sapeva di essere morta, e nonostante questo trova la forza di sciogliere dal legame Leilwin e di dirle cosa deve fare, e di consumare le residue energie per sferrare un colpo decisivo in modo da dare agli altri speranze maggiori per vincere l’Ultima Battaglia. Senza di lei la Torre Bianca perde tantissimo. Lo sapeva, Siuan, che lei era l’Amyrlin migliore, e ora dovranno andare avanti con questa perdita. Cadsuane è in gamba ma non ha la carica innovativa di Egwene, e comunque è vecchia. La perdita, non solo a livello umano ma a livello mondiale (randlandiano?) è enorme.
Peccato non sia riuscita a sistemare le cose con Tuon, quella saputella dell’imperatrice Seanchan avrebbe dovuto essere rimessa al suo posto molto meglio. Non c’era tempo, e ora c’è molto da lavorare in storie che non leggeremo mai.
Mal gestita la vicenda con Leilwin. Mi è piaciuto come lei e Bayle Domon hanno salvato Egwene nel campo degli shaariani, ma che bisogno c’era di legarla come Custode? Evidentemente Jordan aveva lasciato scritto che Egwene le affidava i sigilli della prigione del Tenebroso e Brandon Sanderson non era ben sicuro di come gestire la cosa, così la scena è parsa un po’ affrettata.
E poi c’è la vicenda di Gawyn. Qualcuno ha scritto che è morto da pollo, e che se l’è andata a cercare. Io penso sia morto da eroe. Sono una donna e quindi inevitabilmente viene fuori la mia anima romantica. Ero divertita dagli incontri clandestini fra i due nei Fuochi del cielo, esasperata quando erano stati allontanati da incomprensioni legate ai rispettivi ruoli. A volte i personaggi si calano troppo nella parte e dimenticano di essere persone, fissandosi con inutili testardaggini.
Gawyn era già morto. La conosciamo la legge di Cechov, quella che dice che se un fucile è presente sulla scena nel primo atto nel terzo qualcuno lo userà, giusto? Gawyn aveva quegli anelli perciò era ovvio che li avrebbe usati. Speravo solo che Nynaeve potesse trovare un modo per risanarlo, ma una volta che lei è stata diversamente impegnata la speranza è andata a farsi friggere.
Gawyn non ha usato gli anelli per desiderio di gloria, lo ha fatto per salvare la donna che amava, che era anche la leader delle Forze della Luce. Senza l’Amyrlin tutti avrebbero perso la speranza e una forte guida. Nessuno poteva ancora sapere il ruolo che lei avrebbe avuto nel mettere Mat a capo degli eserciti, la sua determinazione nel distruggere Mazrim Taim o immaginare che avrebbe intuito quando si dovevano rompere i sigilli, ma era evidente che Egwene era fondamentale. E doveva essere salvata da Demandred e dal popolo di Shara. Niente inutili eroismi, solo una necessità. Gawyn ha fatto quel che doveva fare e ha accettato di portarne il fardello. Non ha detto nulla nel tentativo di lasciare lei con la mente più lucida, e infatti Egwene non si è accorta di cosa era davvero accaduto. Malgrado le parole derisorie di Demandred, Gawyn era un abilissimo spadaccino. Aveva ucciso Hammar e Coulin nell’Ascesa dell’Ombra, non dimentichiamolo. Loro addestravano i futuri custodi, e lui li ha uccisi. Ha salvato Egwene dagli assassini seanchan. Non ricordo il nome di quei fetenti, comunque loro erano in tre, con gli anelli, e lui li ha sconfitti. Ha fatto quello che ha fatto per portare Egwene dal campo di Shara firmando così la sua condanna a morte. Dopo era solo questione di tempo. Sapeva di essere un ottimo spadaccino, e se anche avesse pagato con la morte il fatto di uccidere Demandred, lui comunque era già morto, e la morte di Demandred sarebbe valsa tutto il resto. Avete visto i danni causati dal Reietto? Tutto, pur di eliminarlo, e anche solo una distrazione è stata un aiuto fondamentale per le Forze della Luce. E poi, quando ha capito che sarebbe morto senza raggiungere il suo scopo, ha continuato a combattere. È montato a cavallo e ha detto a Galad cose che aveva bisogno di sapere, e che sono state fondamentali per gli eventi successivi.
La storia di Egwene e Galad è tragica e bellissima, e sarà una pugnalata la cuore ogni volta che rileggerò di loro.