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A Memory of Light: Mat e Perrin

Creato il 01 marzo 2013 da Martinaframmartino

a-memory-of-lightRiprendo la mia carrellata non proprio rapida sui vari personaggi che animano A Memory of Light di Robert Jordan e Brandon Sanderson, ultimo volume della Ruota del Tempo. Che la sintesi non sia il mio forte lo avevate già notato, vero? Ecco perché non ho risposto privatamente a chi mi aveva chiesto un’impressione più articolata rispetto alla recensione, sapevo che il testo che avrei scritto mi sarebbe esploso fra le mani.

Però c’è anche un altro problema, e non è legato a me ma alla saga. Quanti personaggi ci sono? Anni fa avevo contato oltre cento punti di vista diversi, e sono tantissimi. Qualcuno è morto, tipo quell’Aes Sedai che indicava come verdi i vestiti bianchi, o come il caro Asmodean del tormentone su chi lo abbia ucciso, ma la maggior parte sono arrivati vivi al libro conclusivo. E allora come si fa a tenere le fila di così tanti personaggi in un volume solo? Tutti meriterebbero di arrivare alla fine del loro percorso, in un modo o nell’altro, ma non con tutti questo avviene. Molti fili sono semplicemante lasciati lì penzolanti, come se lo scrittore/tessitore di trame si fosse dimenticato di annodarli. No, non si è dimenticato. Jordan non ha fatto in tempo, o non ha avuto le forze, per dirci quale sarebbe stato il destino di alcuni personaggi e Sanderson, che non li ha creati ma ha semplicemente percorso con loro un lungo cammino, non sapeva che pesci pigliare e li ha lasciati lì a sbiadire lentamente nel nulla. Poi, visto che lui con le parole sa giocare benissimo, ci ha raccontato che la sensazione di non finito di alcune trame serve a dare la percezione che la vita continui anche dopo la conclusione del romanzo.

È questo, in tutte le trame incompiute o non sviluppate al meglio, che sentiamo la mancanza di Jordan e della sua conoscenza dei personaggi che nessun altro, per quanto bravo, può e potrà mai avere. Ma anche se Robert ci fosse stato, sarebbe stato oggettivamente difficile anche per lui concludere tutte le trame in un solo volume. Troppa carne al fuoco. Come per me, che pensavo di scrivere un solo messaggio di considerazioni generali e invece ne scriverò chissà quanti. Avviso per George R.R. Martin: attento a non creare troppi personaggi e a non disperderli troppo lontano, altrimenti poi fatichi a tirare le fila. E anche il fatto di ammazzare i personaggi aiuta poco, visto che per uno che ne fai fuori ne crei altri cinque.

Già che ci siamo fai attenzione anche tu Brandon, con le tue Cronache della folgoluce. La saga è prevista in dieci volumi. Il primo, La via dei re, è un capolavoro. Del secondo, che per un po’ di tempo, ha avuto il titolo provvisorio The Book of Endless Pages, ora conosciamo il titolo con cui verrà pubblicato, Words of Radiance. Dieci volumi di notevoli dimensioni, forse un migliaio di pagine. Vero che non esageri e poi non fatichi a tirare le fila, Brandon?

Bando alle ciance e torniamo ad A Memory of Light, con spoiler grandi come una montagna. Il fondo il Prescelto è nato proprio ai suoi piedi.

A Memory of Light: una conclusione per La Ruota del Tempo

Mat (e, già che ci siamo, Tuon).

Lui è quello che sapevo con certezza che sarebbe sopravvissuto all’Ultima Battaglia. In fondo uno dei tre racconti sequel doveva riguardare il ritorno suo e di Tuon nell’impero Seanchan, e per farlo i due dovevano prima sopravvivere.

Ecco, è un vero peccato che non avremo il sequel. Sanderson ha dichiarato che Jordan ha lasciato giusto una manciata di frasi relative a prequel e sequel, quindi non sarebbe possibile realizzarli neanche volendo. E lui comunque no avrebbe voluto farlo perché li riteneva opere non fondamentali, a differenza della conclusione della linea principale della storia.

Le vicende dei Seanchan rimangono in alto mare. Giuro, avrei voluto strozzare Tuon ogni volta che si cala troppo dentro la parte di Fortuona, il che accade fin troppo spesso per i miei gusti. Lasciamo stare che ha un pessimo gusto sui nomi (dopo il suo è riuscita a tirare fuori un improbabile Knotai!), è una tiranna. Ma come si permette di mettere le mani su Min a questo modo? E la deve finire di trattare le Aes Sedai come se fossero spazzatura, in fondo anche lei sarebbe potuta diventare una di loro. Non mi interessa che ha avuto secoli di condizionamento alle spalle, la situazione deve cambiare ed Egwene le ha lasciato fin troppa libertà d’azione.

Però sarebbe stato davvero troppo lungo mettere a posto le cose in A Memory of Light, in fondo questo libro è dedicato all’Ultima Battaglia. Penso che Mat e Min possano riuscire a schiodare la piccola imperatrice da certe sue posizioni troppo rigide, ma la mancanza di Egwene si sentirà molto. Si sarebbe sentita, se avessimo potuto leggere una storia che aveva tutte le premesse per essere affascinante. Così invece tutto è lasciato alla nostra immaginazione, ma Sanderson non poteva proprio fare diversamente.

Tornando a Mat mi ha divertito tantissimo lo scambio di battute con Rand su chi ha fatto le cose più importanti. Il suo modo di fare e vedere le cose è sempre terribilmente divertente, riesce a sbrogliare i nodi più difficili con una facilità disarmante. In un primo momento ero stata un po’ delusa dal vederlo fuori dalla tenda di comando visto quel che è stato capace di fare con la Banda della Mano Rossa, anche se vedevo la logica di quattro schieramenti e quattro comandanti. A quanto pare Jordan non aveva deciso a caso di piazzare ai vertici questo numero di figure, in modo da divertirsi a spazzarli via per mettere al loro posto proprio Mat.

È bello che sia stato lui a far fuori Fain, dopo che il pugnale lo aveva tormentato così a lungo. Però visto quanto è durata la vicenda di Fain, cresciuto da semplice ambulante ad Amico delle Tenebre di second’ordine ad avversario di prima grandezza, probabilmente a livello dei Reietti, la scena è stata un po’ troppo sbrigativa. Abbiamo giusto fatto in tempo a spaventarci per questo Fain nebuloso che il vento lo ha spazzato via. Era un vento che veniva dalle Montagne di Nebbia per caso?

Nel complesso è una trama molto bella, divertente e affascinante, anche se alcuni punti li avrei voluti più sviluppati. Però non finisce, e questo è un po’ frustrante.

A Memory of Light

Perrin (e naturalmente Faile).

Dei tre ta’veren è quello che ha colpito meno la fantasia di tutti con la sua pacatezza. Solido, indistruttibile, va avanti come un mulo. Se sbaglia e cade si rialza restando sempre sé stesso, e i cambiamenti di cui è protagonista sono davvero piccoli se paragonati a quelli degli degli altri personaggi.

Una delle cose che voleva fare Jordan era mostrare il cambiamento dei suoi protagonisti. Quando l’ho incontrato, nel 2004, gli ho chiesto se non avessero una vita un po’ troppo facile visto che non moriva nessuno. Lui mi ha risposto che non credeva nella necessità di far morire un personaggio importante a libro per portare avanti la trama, e che preferiva mostrare i cambiamenti che avvenivano nell’animo dei suoi personaggi. Quanto piace a ciascuno di loro la vita che stanno vivendo?, mi ha chiesto a sua volta. E io ho dovuto riconoscere che aveva ragione lui. Per non so quanti libri Rand (diciamo dal 4 al 12) va avanti a indurirsi, e si odia sempre più. Mat vorrebbe sfuggire dalle responsabilità e si sente sempre braccato. Perrin fatica ad accettarsi come leader, e riconosce l’amore che prova per Faile solo quando la sta perdendo. Tutti cambiano, enormemente. Che poi Rand riesca a ritrovare la spensieratezza di prima, pur conservando la memoria di quel che ha vissuto, è un altro discorso. Anche James Rigney conservava la memoria dei Vietnam e ha avuto una vita normale, una bella vita, finché la malattia non è venuta a presentargli il conto.

Onestamente dopo l’ultima visita di Isam/Luc alla simpatica cittadina di cui non ricordo il nome mi aspettavo che quest’ultimo facesse qualcosa di più. Invece sta lì a giocare con Perrin, lo ferisce in modo mortale e poi se ne va senza completare il lavoro, senza per altro riuscire a concludere nulla finché Perrin non torna e lo sistema. Un po’ noiosa come trama, giocata sempre sugli stessi eventi. Perrin alla fine diventa davvero abile nel Mondo dei sogni, ma il tutto è comunque un po’ pesante. E poi è un idiota di prima grandezza, peggio di Rand. Potrebbe far fuori Graendal e invece la lascia lì a giocare indisturbata con le menti di tutti i generali, portando quasi le forze della Luce alla distruzione. Fortuna che Lan, Tam e Mat sono tutt’altro che scemi e capiscono che qualcosa non va. Anche qui si ritorna a James Rigney.

Una volta ha ucciso una donna. Erano nel Vietnam, lei era armata e stava per sparargli, perciò si trattava di lei o lui. In più, se non ricordo male, solo dopo aver sparato si è accorto che era una donna. La cosa comunque lo ha segnato. Per questo i suoi personaggi fanno così tanta fatica a uccidere le donne, anche se queste ultime lo meriterebbero mille volte. Erano gli incubi dello scrittore a tornare fuori nei suoi personaggi. James scriveva perché era stato in Vietnam, l’ho già detto, e non so in quanti dettagli la sua vita torna fuori. Per fortuna alla fine Perrin compie il passo decisivo e ci libera di quella iena di Lanfear, che della vita non ha capito proprio nulla.

Comunque è un po’ goffo il ferimento di Perrin e il suo restare fuori dalla trama così a lungo per rientrare poi quasi all’ultimo istante. Se lo sfasamento temporale fra Shayol Ghul e il resto di Randland è un’ottima trovata per far compiere poche azioni a Rand ma farne avvenire parecchie al di fuori, l’assenza di Perrin si fa un po’ sentire.

E sono contenta che sia riuscito a salvare Faile. Lui aveva bisogno di questo premio dopo aver compiuto scelte tanto dolorose. Faile a volte lo tiranneggia un po’? Vero, ma ci sono momenti in cui Perrin ne ha bisogno per scuotersi dal suo porsi sempre in secondo piano quando c’è da raccogliere i frutti di quel che ha seminato. I due si completano alla perfezione, non è certo colpa di Faile se per un bel po’ di tempo è stata prigioniera degli Shaido e noi ci siamo ritrovati a essere snervati da una trama di fuga e/o liberazione che sembrava non finire mai. Se si rileggono i capitoli senza l’ansia degli avvenimenti si scopre che sono comunque interessanti e ben scritti.

Il fatto che Aravine fosse un’Amica delle Tenebre mi ha completamente colta di sorpresa. Alla fine abbiamo assistito alla morte di Bela, ed è buffo vedere come una cavalla fosse entrata nell’immaginario dei lettori. Non so quanti lo sanno in Italia, ma negli Stati Uniti hanno realizzato adesivi con la scritta “Bela is a Darkfriend” e l’hanno resa protagonista delle vicende più improbabili. Comunque con Tenobia morta, Davram Bashere e sua moglie pure, la Saldaea (non Saldea come erroneamente scritto nei libri italiani) aveva bisogno di una regina. Ed Elayne non ha più scuse per diffidare di Perrin.

Prossimamente passerò agli altri, a cominciare da Egwene e Nynaeve. Dopo i Ta’veren mi sembra giusto dare la precedenza al gruppo di Emond’s Field.



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