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A parte generalizzazione antipatiche e quel po' di ironia sessista che tutto sommato mi sarei potuta risparmiare, oggi stavo per essere asfaltata, o investita.
Stava per succedere appena due ore fa, per mano di un simpatico signore a bordo di una rombante auto che voleva assomigliare senza successo a quella di Batman. Non mi sono accorta di ciò che mi stava accadendo fin quando non mi sono trovata il parafango del veicolo ad altezza ginocchio ad un centimetro di distanza. Sia fatta la tua volontà, ho pensato. Quando ho capito che la cosmica volontà non era quella di mandarmi nel paradiso degli scorpioni prematuramente (mi auguro comunque che il paradiso per scorpioni sia un posto che assomigli vagamente a qualche isola sperduta dell'Oceano Indiano e spero che le mie aspettative non vengano deluse), né quella di falciarmi la gamba destra, cioè quella buona, ho guardato velenosamente l'automobilista dicendogli di guidare guardando avanti.
Lui mi ha prontamente mandato all'inferno - cavolo, avevo detto paradiso - e, premendo l'acceleratore per lanciarmi un guanto di sfida, ha cercato di ribadire la supremazia di lui, uomo motorizzato, su me, femmina in abiti primaverili appiedata (perché incapace di gestire un mezzo proprio senza assistente sociale, ha pensato e non dite no, perché il suo sguardo l'ho incrociato io) o peggio, femmina in abiti primaverili che va a piedi così almeno non contribuisce ad impuzzolire e a soffocare il pianeta. Ovvero essere umano appartenente ad una categoria disprezzabile agli occhi di quel bruto, tanto più se l'andare a piedi può contribuire a rendere più scorrevole la circolazione sanguigna. Non oso immaginare se di me avesse saputo quello che dicono: vorrebbe essere la Cuccarini. Per una notte.
Non ti curar di lor ma guarda e passa, dicevano gli scorpioni mentre le vene del mio collo diventavano come quelle dei polpacci di un gladiatore.
E l'automobilista - °§xxxx!!!!!!!!!!!!!!!__******
Non ti curar di lor ma guarda e passa, insistevano quelli. Evvabbè, avete vinto, scorpioni.
Allora io, senza allungare il passo, mi vado a rifugiare sull'altra sponda della strada senza guardarlo negli occhi altrimenti le mie intenzioni di accettare il guanto di sfida sarebbero venute a galla.
Forte: ho il dono dell'autocontrollo e non lo sapevo. E quell'autocontrollo inatteso e non sospetto è stato premiato. Infatti qualcuno mi ha letto nel pensiero e ha perso il controllo al posto mio.
Identikit: uomo in motorino 50 con casco semi-integrale e barba brizzolata. Ecco come mi ha difeso: ha visto la scena dell'energumeno che stava per dare uno strazio non tanto a me quanto a F. e M. (pesci e bilancia); ha cortesemente mandato al diavolo l'energumeno che vorrebbe essere Batman ma non può perché Batman era un gentiluomo, non un vichingo analfabeta. Gli ha gridato: "Ha ragione lei, testa di bip. E' verde per lei, tu ti devi fermare, idiota" e altre colorite espressioni che non riporterò.
A me che ero ormai in salvo sull'altra sponda, è venuto da sorridere. Perché in una delle piccole battaglie quotidiane, non ero da sola a combattere. Un perfetto estraneo ha perorato la mia causa, mentre io non ne avevo voglia. Perché non avevo voglia di mettermi a discutere con un barbaro che non solo passa col rosso, ma corre pure e ti manda a quel paese se ti trova in mezzo alla strada.
Allora ho pensato che le persone non sono sempre indifferenti, a volte sono gentili. E quelle volte che sono gentili tu ti ricredi e ti dispiace per tutte le volte in cui hai sottovalutato il genere umano. E che basta poco per farti sorridere. Basterebbe poco per rendere accogliente questo mondo che a volte sembra prenderci a calci. Basterebbe poco per non farci soffocare dall'indifferenza, ancora meno per capire che, seppure in quanto individui siamo soli, in realtà siamo animali da comunità. Cioè animali che hanno l'istinto non solo di annusarsi ma anche di aiutarsi.
Il problema è che gli istinti più preziosi li snobbiamo e quindi diventiamo meno belli di quanto non saremmo realmente. Saremmo anche animali che non hanno bisogno di sbranarsi per sopravvivere. Perché non siamo nella savana dove il leone deve mangiare la gazzella se vuole arrivare a domani: qui potremmo sopravvivere lo stesso pure senza sbranare nessuno. E se il leone, che è il re, mangia la gazzella, non lo fa per sfizio: lo fa perché così è la vita dalle sue parti. Ma dalle nostre parti no. Eppure la tendenza a nutrirsi degli altri per sentirsi meglio resta.
Peccato: potremmo fare grandi cose insieme. E quindi? Fermiamoci. Quando il semaforo è rosso e pure quando siamo troppo stanchi per poter essere ragionevoli, quando siamo arrabbiati o ci sentiamo abbandonati, quando corriamo senza fiato verso nessun posto in particolare, quando il tempo sfugge, quando la mamma ci chiama, quando un amico ci cerca, quando ci sono le stelle da guardare, quando è ora di ricordarsi che c'è un motivo se stiamo qui e che se capiamo qual è siamo un pezzo avanti. E che alla fine siamo fortunati.
Altra cosa: stiamo più vicini (anche fisicamente, se ci piacciamo a sufficienza) e facciamo la strada insieme. Se qualche masso invadente dovesse farci inciampare, avremo qualcuno accanto che ci terrà per la manica o per il bavero e ci eviterà l'ennesimo livido e la trecentesima cicatrice. E a noi verrà spontaneo fare lo stesso. Pur sapendo che non avremo niente in cambio. E quel niente in cambio è esattamente il meglio di noi.
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