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A most violent year, un anno e un film molto viuu-leeenti

Creato il 10 marzo 2015 da Cannibal Kid
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A MOST VIOLENT YEAR, UN ANNO E UN FILM MOLTO VIUU-LEEENTIA Most Violent Year (USA 2014) Regia: J.C. Chandor Sceneggiatura: J.C. Chandor Cast: Oscar Isaac, Jessica Chastain, David Oyelowo, Elyes Gabel, Catalina Sandino Moreno, Albert Brooks, Alessandro Nivola, Christopher Abbott, Pico Alexander Genere: viu-lento Se ti piace guarda anche: Margin Call, All Is Lost, Scarface, Due giorni, una notte
Non so proprio cosa passi per la testa al regista J.C. Chandor quando sceglie il tema da affrontare in un suo film. Il suo primo lavoro, Margin Call, è per me una delle migliori pellicole d'esordio degli ultimi anni. Margin Call parla di come l'attuale crisi economica è cominciata, a causa dei gomblotti architettati nel 2008 in quel di Wall Street. L'argomento finanziario può non interessare tutti, io non ne sono certo un patito, eppure il film riesce a spiegare tutto come se parlasse “a un bambino o a un golden retriever”. Inoltre, per quanto il mondo della finanza possa entusiasmare o meno, tratta di una questione con cui tutti abbiamo a che fare ancora oggi, perché la crisi ci ha toccato tutti. E con toccato intendo proprio in senso sessuale, visto che ce l'ha messo in quel posto.
Nel suo secondo film All Is Lost, il regista J.C. Chandor ha invece deciso di parlare di uomo anziano da solo in mezzo al mare che si fa un viaggetto in barca. Uno di quegli argomenti da: “E chissenefrega?” gridato ai quattro venti. Se il tema non sembrava dei più appealing, il risultato era persino più noioso delle aspettative. All Is Lost ha così trionfato con grande facilità lo scorso anno nella categoria Valium Award di Pensieri Cannibali come pellicola più pallosa del 2014. E se la giocherebbe anche in una classifica dei film più noiosi di sempre.
Arrivato al suo terzo film, J.C. Chandor ha scelto un altro argomento da: “E chissenefrega?” assoluto. A Most Violent Year ci fionda indietro nel 1981, un anno molto problematico per un uomo che gestisce una ditta di camion che si occupano di trasportare carburante a New York City. State pensando: “E chissenefrega?”. Come darvi torto? Se anche questa volta il tema non è troppo irresistibile, posso però specificare che il modo in cui è affrontato è più interessante rispetto al suo film precedente. Non che ci andasse molto. Nonostante questo, Chandor non riesce a catturare l'attenzione come ai tempi del suo film d'esordio.
A MOST VIOLENT YEAR, UN ANNO E UN FILM MOLTO VIUU-LEEENTI
Quindi com'è, questo suo nuovo A Most Violent Year? Più – speriamo – Margin Call o più – Dio, ti prego, no! – All Is Lost? In realtà, per quanto all'apparenza possa sembrare distante tra entrambi, è un mix tra i due. Di Margin Call c'è la tematica finanziaria, con un'ambientazione temporale che passa questa volta dall'ultima crisi economica al punto più alto del capitalismo americano: gli anni Ottanta. Dal suo film d'esordio J.C. Chandor riprende inoltre la capacità dei dialoghi di esprimere concetti complessi in poche parole. Purtroppo, ci sono anche alcuni aspetti che ricordano il suo precedente insostenibile All Is Lost, soprattutto uno: la lentezza. A Most Dangerous Year è un film dai ritmi parecchio sonnacchiosi. Diciamo che ci mette un pochino a carburare, tipo un'ora e, anche quando ha qualche accelerazione, in concomitanza soprattutto con qualche improvvisa esplosione di viuuleeenza, subito dopo rallenta. Non ci troviamo di fronte a una visione noiosa quanto All Is Lost, meglio ribadirlo, eppure è una pellicola che non riesce mai a coinvolgere/sconvolgere del tutto. È come se procedesse per quasi tutto il tempo con il freno a mano tirato. Si può apprezzare il fatto che il film non cerchi mai la scena di facile impatto, o l'applauso da Oscar, non a caso l'Academy l'ha ignorato del tutto. Allo stesso tempo è un film freddo. BRRR, troppo freddo.
A MOST VIOLENT YEAR, UN ANNO E UN FILM MOLTO VIUU-LEEENTI
J.C. Chandor resta allora, almeno per il momento e almeno a mio modesto giudizio, una promessa non mantenuta. È un pilota che ha esordito con un'annata straordinaria e poi si è messo a girare lento. Qui in A Most Violent Year tra l'altro si trovava a guidare un'auto potentissima. Il film vanta infatti un cast di primo piano. Il protagonista Oscar Isaac, il cantante folk sfigato di A proposito di Davis, appare qui come un giovane Al Pacino, almeno sul piano fisico, mentre come recitazione fa un'ottima figura ma non è ancora a quel livello. È nel suo volto che viene fuori in tutta la sua forza il dramma esistenziale del suo personaggio, che per certi versi mi ha ricordato quello di Marion Cotillard in Due giorni, una notte.
Jessica Chastain poi... Su Jessica Chastain ormai credo di aver esaurito ogni possibile complimento. A ogni film, con ogni ruolo, riesce a reinventarsi, a sembrare qualcuno differente. Qui appare in versione bionda nei panni della moglie del protagonista Oscar Isaac, ma è una bionda parecchio distante da quella svampita che le era valsa la nomina agli Oscar con The Help e che avrebbe meritato un'altra candidatura pure quest'anno. Qui è una donna determinata, la vera forza trascinatrice del film, che però le riserva uno spazio troppo piccolo.

A MOST VIOLENT YEAR, UN ANNO E UN FILM MOLTO VIUU-LEEENTI

"Mi preferite in versione nerd?"


A MOST VIOLENT YEAR, UN ANNO E UN FILM MOLTO VIUU-LEEENTI

"O con le zinne in mostra?"


A MOST VIOLENT YEAR, UN ANNO E UN FILM MOLTO VIUU-LEEENTI

"La seconda, Jessica. La seconda!"


Così come avrebbe meritato di più anche David Oyelowo, lo strepitoso protagonista di Selma che qui, pur nelle poche scene a disposizione, conferma di essere uno dei volti nuovi più interessanti in circolazione.

A MOST VIOLENT YEAR, UN ANNO E UN FILM MOLTO VIUU-LEEENTI

"Agli Oscar hanno nominato Bradley Cooper al mio posto, te ne rendi conto?"
"E al mio post hanno nominato Meryl Streep nel musical più agghiacciante di sempre, te ne rendi conto?"


La sensazione è quella di una pellicola raffinata, molto elegante (grazie anche agli abiti firmati Armani), con una colonna sonora curiosa che spazia da Marvin Gaye a “Una lacrima sul viso”. Un film potenzialmente grande che però non riesce mai a schiacciare sul pedale dell'acceleratore fino in fondo. Sarà anche che lo spunto di partenza non è che fosse proprio il massimo. È vero che la vicenda assume un valore universale, però a chi frega davvero qualcosa della storia di un proprietario di una ditta di camion e delle difficoltà che ha affrontato nel 1981? Credo nemmeno a chi nel 1981 è stato il proprietario di una ditta di camion.

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