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A nascere sono buoni tutti

Da Kisciotte @Kisciotte_Dixit
Mi ascoltarono con interesse raccontare delle feste di compleanno, delle canzoni, dei regali e delle candeline che di anno in anno si aggiungono sulla torta. “Perché lo fate?” mi chiesero poi. “Per noi una celebrazione è qualcosa di speciale, ma non c’è nulla di speciale nell’invecchiare. Non è necessario alcuno sforzo per riuscirci. Succede e basta!”
“Se non festeggiate il fatto di diventare più vecchi” replicai “che cosa festeggiate, allora?”“Il fatto di diventare migliori,” fu la risposta. “Festeggiamo quando pensiamo di essere divenuti migliori e più saggi. Ma solo il diretto interessato può sapere quando questo accade, e sta a lui informare gli altri che è arrivato il momento di organizzare una festa.”[…E venne chiamata Due Cuori, di Marlo Morgan]
 Anche senza essere un aborigeno australiano, non ho mai provato alcuna emozione speciale nel giorno della mia nascita. È un evento prevedibilmente noioso che si ripete con monotona ciclicità, ogni anno, nel giorno di tutti gli angeli custodi (il mio probabilmente era a ubriacarsi in osteria al momento di montare di turno). Questa celebrazione mi accompagnerà per tutta la vita, finché mi avrà seppellito. Poi mi scaricherà a marcire da qualche parte e si attaccherà come un parassita a un altro nascituro, dimenticandomi all’istante.
Per me il giorno del compleanno non significa nulla, è un evento che mi sono trovato appiccicato addosso. Non ci ho messo nulla di mio, se non il saltar fuori da un pancione sorpresa. Hanno fatto tutto gli altri. Per l’esattezza sono sbucato fuori alle nove e mezzo di sera. Giusto il tempo di tirare una poppata per cena, controllare alla tv di non essermi perso il primo tempo di qualche partita (che se fosse accaduto mi sarei incazzato da subito per tutta quella melina di doglie), tirare un ruttino e andarmene a dormire. Sono nato tranquillone anche nell’orario.
Inoltre, per come sono andate le cose, oltre a non essere da mai un giorno di festa, di lustro in lustro la tappa del compleanno sembra un perenne passaggio di giro su pista, uno scampanellio di conferma del memento merdi. Ricordati in questo giorno di merda (cit.) che pure negli altri giorni dell’anno non devi farti troppe illusioni.
Secondo me noi abbiamo un approccio totalmente contrario al senso del compleanno. Ci autocelebriamo senza alcun merito. Di solito chi compie gli anni organizza la festa, invitando gli amici. Dovrebbero invece essere gli altri ad avere motivo di festeggiare chi è nato quel giorno. Gli amici dovrebbero organizzarsi per farti la festa, a dimostrazione che tu costituisci sufficiente elemento di colla emotiva per tenerli insieme in un comune movente: l’affetto per te. In una coppia, ad esempio, uno dei due vuole festeggiare il giorno in cui il suo amore è venuto al mondo. In una famiglia, i genitori festeggiano la nascita del figlio, o di una nipotina. È chi vuol bene a qualcuno che dovrebbe ricordarne l’anniversario. A chiunque, della propria data di nascita, dovrebbe importare meno che nulla. E non fare nulla per ricordarla agli altri, in modo che il loro ricordo o meno di quella data si manifesti naturalmente.
La mia mamma ad esempio mi ha fatto gli auguri al mattino, mi ha preparato un buonissimo tiramisù e ieri sera, alle nove e mezzo in punto, mi ha baciato commossa, come quando mi baciò la prima volta che mi ebbe di fronte, mentre io mi sbracciavo alla ricerca del palinsesto del calcio in tv. Mia mamma ha motivo di festeggiare il due di ottobre, non certo io. Io, comunque sia venuto fuori, sono la realizzazione di un talento suo, non certo mio.
Purtroppo altra aberrante usanza tossica della nostra epoca è l’alert dei social network. Facebook ti avvisa una settimana in anticipo sul compleanno dei tuoi amici. Così il festeggiato, nel ricevere gli auguri, non saprà mai se è destinatario di sincera attesa di festeggiamento o di avviso in agenda di relazioni sociali.
È davvero anomalo come approcciamo il nostro compleanno. Siamo noi a far torte e portare dolci agli altri, quando dovrebbero essere gli altri a ricoprirci di attenzioni o gesti rivelatori che l’esser noi nati tanti anni fa abbia comunque avuto un senso positivo. Magari a noi tutt’ora oscuro, ma tant’è.
Quindi, qua sul blog, ne approfitto per ringraziare, in perfetto stile da commemorazione geriatrica: chi mi ha fatto gli auguri via mail, chi via chat, chi via sms, chi mandandomi una bella fotografia concepita per l’occasione. Basta, mi sta venendo l’orchite.
In uno sforzo finale ringrazio due blogger per i post di auguri. Grazie quindi a Lillina.
Esausto, ringrazio in special modo Giovanni per lo squisito e divertente post che mi ha dedicato. Per quel che conosco di me, la mia nascita più che raddrizzare le sorti di questo giorno di merda, lo inchioda storto, ribadendone la vocazione a generare calamità umane. Anzi, ora che sono stato reso consapevole (grazie, eh! bell’amico davvero) di condividere i natali con l’Opus Dei, non so proprio che senso abbia trascinarsi fino al prossimo giro di pista. Adesso il quadro della tragedia è completo. A questo punto cerco almeno di consegnare alla storia dell’arte sreligiosa contemporanea Opus Kei, ovvero Eklisse di Opus che?, affinché anche questo giorno dell’anno sia un poco riscattato dalle sue nefaste geniture.

A nascere sono buoni tutti

Opus Kei, ovvero Eklisse di Opus che?


K.
Post scriptumLa Redazione di Sotto l’elmo comunica la soluzione al captcha criptico inserito in commento nel post di Giovanni.Il nome del serenissimo codice sorgente, manigolda fonte della notizia, consta di sei lettere. Ne deriva un ritmo di frequenza empatica che si fa martelletto di eufonica risonanza su ogni sesto carattere in sequenza lungo la stringa alfanumerica del capthcindovinello. Dovrebbe bastare (anche per certificare che sono da neuro), ma siccome non voglio correre ulteriori rischi di farmi porconare dietro, vado a esplicitare.
d8Gjeg49dDArIkdpòaqfxW7z86FxOi2éLaSe jKe69G7dQmNi20hOso4y9gTv0Z3mta :o)

A questo punto, davvero, requie! Possa calare su di me un corroborante anonimato esistenziale. Quando divento migliore e più saggio mi faccio vivo io. Mettetevi comodi.

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