Partirei affermando che il termine "fashion" prima di essere usato come sinonimo di business dovrebbe essere analizzato nel suo significato primordiale come oggetto culturale, e cioè quindi come significato condiviso incorporato in una forma.
Come afferma l'antropologa Grisworld, "un oggetto culturale, non fa altro che raccontarci una storia,che può essere cantata, dipinta o scolpita su un corpo."La moda ha scritto la storia, l'ha vestita e l'ha trasmessa ai posteri. Un logo prima di diventare tale e produrre denaro ha segnato un 'epoca e ha rappresentato una personalità creativa.
Leggo spesso il portale di Grazia e trovo che in esso questo senso di moda che così rivendico sia ancora presente e vivo. Mi accorgo di come la redazione stia cercando in tutti i modi di avvicinarsi a un pubblico giovane e sempre più immediato, che vuole essere aggiornato ogni giorno , che ama piùle foto di street style che quelle di Mario Testino,che compra più da Zara che da Bottega Veneta.
Eccoci dunque arrivati al punto.
Grazia.it che bisogno avrebbe di noi blogger avendo di certo personale nei suoi uffici di Milano?
Emozionarsi di fronte a un abito di Valentino Haute Couture, chiacchierare sulla mostra "Lady Dior as seen by" sono cose che solo noi blogger riusciamo a fare con una leggerezza e una grazia così grande.
Riusciamo ad essere vicini a chi legge, perchè siamo come chi legge, riusciamo ad essere così spontanei nei giudizi perchè li diamo con amore, e mai per business.Non siamo giornalisti ma amanti passionali del bello, non siamo mercenari ma giovani in carriera. Siamo bloggers, il nuovo popolo di comunicatori del web, e con fermezza voglio lodarci tutti quanti, perchè ognuno con il proprio stile genera cultura, la anima e contribuisce a diffonderla.
I LOVE TO BE A BLOGGER.