Ad aprile 2012 è uscito il romanzo giallo DELITTI AL CASTELLO, scritto assieme alla mia cara amica scrittrice Francesca Panzacchi. Con Delitti al castello mi sono cimentato nel metodo di scrittura a quattro mani, credevo non fosse per me, ho il mio stile e sono geloso della mia autonomia, ma con Francesca è stato semplice perché ritengo abbiamo creato una bella storia e personaggi azzeccati. Per quanto riguarda il personaggio del Commissario Capo Matteo Alfonsi è credibile, capace di grandi risultati investigativi, professionalmente preparato, duro quanto basta e anche debole a sufficienza affinché risulti reale. Una recensione di Scrittevolmente ha centrato il bersaglio, sia io sia Francesca abbiamo contribuito a dare ad Alfonsi quella umanità che solitamente i poliziotti televisivi o cartacei non hanno. I poliziotti sono i buoni, superuomini che vincono sempre e non sbagliano mai e arrestano i cattivi dopo grandi intuizioni investigative che mettono alla prova un quoziente intellettivo da genio. Il Commissario Matteo Alfonsi è un super poliziotto, un eroe che ha combattuto la Mafia per decenni, un super mega duro, intelligente, scaltro, perfetto investigatore, geniale più di altri e, per questo, abbastanza stronzo, borioso e anche arrogante. Ma ha le sue debolezze, i suoi limiti, le sue paure e, soprattutto, è perseguitato dalla sfiga essendo un condannato a morte per sentenza della Mafia. Vaga nel mondo nell’attesa di terminare i suoi giorni con un colpo in testa, ha dato troppo fastidio in tempi remoti e ora è un eroe dimenticato. Anzi… è solo.
Delitti al castello – di Francesca Panzacchi e Carlo Santi
Non so ancora se Alfonsi, su Delitti al castello, abbia fatto la cosa giusta o la fine migliore. Pur tuttavia, mi ha ispirato una sorta di “tenerezza” e, lo confesso, mi mancava la sua “compagnia”. E’ vero, ho contribuito a dare a Matteo Alfonsi una veste umana, a tratti triste causa la sua solitudine. Gli altri lo hanno premiato per il suo valore, ma gli interessava gran poco le note di merito o le medaglie; lui ha perso tutto nella vita, che vuoi che gliene importi di qualche onorificenza. Su Delitti al castello riscopre l’amore, magari quello sbagliato, ma è pur sempre amore: un sentimento che non conosceva più da tempo, colpa della sfiga (che non vi dico qual è così siete costretti a leggervi entrambi i libri per capirla). Si illude che le cose possono cambiare, che si possa ritornare a vivere serenamente una vita normale e, invece, si incasina talmente tanto che alla fine non ne esce vincitore, bensì sconfitto. O forse no? Scopre che la vita va assaporata (come la pubblicità della mozzarella ), lui più di altri riesce a comprendere che si può anche sbagliare se questo ti rende comunque felice, visto che ha i giorni contati e, forse, ha concluso al meglio la sua desolante esperienza terrena.
Non è sempre stato così il Commissario Matteo Alfonsi, lui ha una storia straordinaria, colma di tutte quelle esperienze che ti rendono un grande uomo. E, come tutti i grandi uomini, ha ottenuto grandi risultati, ha vissuto grandi soddisfazioni, grandi sofferenze e privazioni. Anche grandi “umanità”.
Mi mancava il Commissario Alfonsi, così tanto che, con il romanzo SQUADRA ANTIMAFIA – I “Lupi” di Palermo, racconto la sua storia da quando, appena trentenne, entra nella famigerata e blasonata squadra Antimafia di Palermo e viene considerato un “pivello”, a quando ne diventa il capo indiscusso, adorato dai colleghi quanto temuto dalla Mafia che, lui e i suoi uomini, perseguita pesantemente. Fino a quando la stessa Mafia lo condanna a morte e gli devasta quel poco di “felicità” che era riuscito a costruirsi.
SQUADRA ANTIMAFIA – I “Lupi” di Palermo non è un giallo classico, dove il poliziotto buono sconfigge il bandito cattivo, bensì la storia personale di un uomo e i suoi amici colleghi che “tentano” di lottare contro un nemico indicibile. Anno dopo anno, si raggiunge qualche risultato, ma ci si rende conto che non si vince mai contro la Mafia, almeno non completamente. Non tutti ne sono convinti, ci sono sempre coloro che muoiono perché credono fermamente e con alti ideali che, un giorno di questi, tutto sia possibile e che si possa veramente debellare un male così enorme e radicato.
Nel romanzo, quindi, c’è la storia di uomini e donne, le loro vite giornaliere, i loro amori, le ingiustizie, i pericoli, le gioie e i dolori. Storie di persone “normali”. L’unica cosa che li differenzia dagli altri è che quegli uomini e donne sono solo… “carne da macello“.
Ma loro, almeno a quel tempo, ancora non lo sapevano.
Squadra Antimafia – I “Lupi” di Palermo
SINOSSI DEL ROMANZO
Inizio anni ’90, lo Stato viene posto sotto assedio. La nuova legge prevede, fra altre importanti norme, il carcere duro ai mafiosi, il sequestro dei beni e l’attenuazione della pena per i collaboratori di giustizia. Questa normativa non piace alla Cupola che, in una lunghissima e tormentata riunione dei più influenti capi Mafia, decide la linea dura. Da quel momento in poi si scatena una guerra allo Stato, senza alcuna esclusione di colpi divenendo, ben presto, una tragedia nazionale. Cosa Nostra sta per vincere, usa la corruzione e la complicità di politici, poliziotti e magistrati “amici”. Si apre una trattativa segreta fra Stato e Mafia, ma quando questa pone le proprie condizioni, esse appaiono pesanti e inaccettabili ma, oramai, lo Stato è reso inerme e battuto.
Solo pochi uomini e donne rimangono sul campo a combattere una guerra che, a questo punto, appare perduta. Fanno parte di una squadra d’elite, vengono chiamati Lupi perché si muovono in simbiosi, seguono le tracce come delle belve feroci assetate di sangue e di carne, fino a colpire la preda quando nemmeno se lo aspetta. Sono Lupi, e come tali vengono considerati un branco; un unico e affiatato branco. Questa è la storia particolare di uno di loro, il Commissario Matteo Alfonsi e quella di altri straordinari uomini e donne.
È la storia della squadra Antimafia e dei… Lupi di Palermo.
USCITA: 2013