A pesca di bracconieri

Creato il 24 ottobre 2011 da Progettiambiente

Un peschereccio avanza lentamente sul mare calmo, illuminato solo dalla luna, ondeggiando e sbilanciandosi per il peso della rete attaccata all’argano di poppa.

Quest’immagine da cartolina illustra in realtà uno dei più grandi nemici del Mar Mediterraneo: la pesca a strascico,  antica pratica che consiste nel trascinare un’ enorme rete posata sul fondale, raccogliendo tutto quello che si trova sul proprio cammino.

I danni dello strascico consistono soprattutto nella distruzione degli ecosistemi di fondale, in particolare delle immense praterie di Posidonia, che assicurano ossigeno e biodiversità al Mar Mediterraneo, e nella totale mancanza di selettività, dal momento che la rete cattura qualunque animale marino incontri sul proprio cammino, compresi i pesci non commerciabili e le tartarughe.

Anche se la legislazione italiana proibisce lo strascico sottocosta (entro 3 miglia) e impone il fermo totale di questo tipo di pesca nel periodo di riproduzione di alcune specie di pesci, in tutta Italia sono moltissimi i pescatori che continuano a praticarlo, nella maggior parte dei casi del tutto impuniti. Nel 2010 sono state accertate nei nostri mari quasi 1.800 infrazioni per pesca di frodo (Legambiente, Dossier Mare Monstrum 2011), molte delle quali legate allo strascico,  anche se questa è solo la punta dell’iceberg di un’illegalità diffusa che sta mettendo in pericolo l’ecosistema marino italiano, oltre che lo stesso settore ittico.

A Talamone, tra la penisola dell’Argentario e il Parco Naturale dell’Uccellina, lungo le splendide coste della Maremma toscana, Paolo Fanciulli, o Paolo il pescatore come gli piace farsi chiamare,  ha deciso di rompere il silenzio su questo tema e da decenni si impegna attivamente per combattere la pesca a strascico e diffondere la cultura della pesca sostenibile e del rispetto del mare.

La battaglia di Paolo si combatte su tre fronti.

 Il primo è la diffusione – anche in città, attraverso i gruppi di acquisto solidale -  della cultura di un consumo critico di pesce, abbandonando i sempre più rari tonni, pescispada e sogliole e cominciando a mangiare specie meno conosciute: pesci serra, sugarelli, pesci bandiera, economici, sostenibili e saporiti.

Il secondo fronte è quello della sensibilizzazione: per amare il mare e capire davvero l’importanza di difenderlo è necessario viverlo in prima persona, attraverso la pesca-turismo. Per questo Paolo durante l’estate si fa accompagnare (a pagamento) dai turisti nelle battute di pesca sul Sirena, il suo piccolo peschereccio, insegnando loro a riconoscere e pulire il pesce e spiegando le tecniche di pesca sostenibile che utilizza, prima di concludere la giornata gustando il pescato del giorno in mezzo alla macchia mediterranea del Parco dell’Uccellina.

Di fronte all’avidità e all’ignoranza degli uomini, però, la sensibilizzazione non sempre basta. Fin dai primi anni ’90 quindi Paolo, con il sostegno di Greenpeace, ha cercato di impedire concretamente la pesca di frodo, con azioni di blocco i pescherecci ormeggiati a Porto Santo Stefano e buttando in mare dissuasori di cemento, innocui per l’ambiente ma utili per strappare le reti dei bracconieri del mare. Anche se azioni di questo tipo gli hanno procurato molti nemici, il suo impegno ha contribuito a smuovere le acque anche in senso metaforico, aumentando la consapevolezza – purtroppo ancora solo in una minoranza dei pescatori -  dell’inevitabilità di passare a modalità di pesca più sostenibili, se si vuole rallentare il processo di impoverimento dei mari che rischia di affossare il settore ittico italiano, oltre a causare danni irreparabili al Mare Nostrum.

Per saperne di più sulla pesca sostenibile e sulla pesca-turismo: www.paoloilpescatore.it

Autore: Giacomo Pettenati


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