Donna Dzao rossa
Risaie a Lao Chai
Se vieni fino a Sapa, non puoi limitarti a cazzeggiare nei bar del centro rimirandoti la sfilata delle donne in costume e delle ragazzine piegate in due col fratellino legato come un provolone sulla schiena. Poveretti, sembrano belli e cotti, semiaddormentati, con gli occhi semichiusi, mentre la sorella tenta di vendere porta i-phone ricamati. Se ne stanno lì dal mattino alla sera chiusi ermeticamente nel loro sacchetto colorato, presumibilmente nel loro latticello naturale, fino a quando alla sera non li disimballeranno ripieni come agnolotti di stufato. No, se vieni fin qui devi andare in giro per le montagne a camminare, di villaggio in villaggio, come tocca ad ogni bravo trekker che si rispetti. Uno dei giri più semplici è quello che porta nella valle di Ta Phin popolata dai Dzao rossi. Dove finisce la strada carrozzabile (si paga per accedervi e questo già ti fa prevedere cosa ti puoi aspettare), c'è un piccolo paese di baracche di legno. Lo spazio centrale dove si fermerà il tuo mezzo è già affollato da un nutrito gruppo di donne; una macchia di rosso in movimento ondulatorio che si agita come mossa dal vento non appena appare una macchina sulla discesa che conduce al villaggio. Appena il pulmino si ferma sei subito circondato senza speranza, è un assedio di visi che scrutano attraverso i finestrini per capire a colpo d'occhio chi arriva, se sarà preda facile, quanto potrà rendere. E' un vero assalto alla diligenza da cui bisogna sapersi difendere con l'astuzia della volpe di montagna. Darò consigli al riguardo nella sezione Survival kit. Rimane il fatto che le donne Dzao rosse sono forse le più belle e coreografiche tra le tante etnie vietnamite, quindi mano alle macchine fotografiche. Alte e robuste, si rasano i capelli sulla fronte lasciandone scoperta una larga parte; alle orecchie, cerchi di metallo leggeri e grandi collane ad incorniciare il volto.H'mong nere al mercato di Sapa
In testa un enorme fazzolettone rosso acconciato secondo vari stili, differenti da villaggio a villaggio. La casacca può essere anche nera, ma sempre bordata da larghe strisce minutamente ricamate. Un lungo grembiale nero quasi fino ai piedi, svolazza scoprendo larghi pantaloni al polpaccio. Sotto ancora le classiche ghette nere a fasce delle genti di montagna, che difendono la pelle dalle spine dei cespugli del bosco. Quasi tutte portano una gerla con le masserizie da vendere, se no un bambino, mantenendo le cose in una ampia borsa che penzola davanti, anch'essa ricamatissima con motivi differenti per ogni famiglia. Il facile sentiero si snoda per una decina di chilometri attraverso la valle, tra i campi al limitare del bosco. Di tanto in tanto nelle radure capanne e altre donne che corrono a cercare di piazzare qualche cosa. Il fatto positivo è che comunque i turisti sono molti e quindi le assalitrici si dividono preferendo subito con l'occhio reso acuto dall'esperienza, le prede all'apparenza più facili a cedere. In fondo alla valle una caverna da esplorare dove stazionano altre predatrici. Quando torni alla macchina sei stanco per la strada percorsa e quindi le tue resistenze si indeboliranno ancora e loro lo sanno. Potrai quindi meditare durante la notte per elaborare migliori strategie per il giorno successivo. Intanto, nell'incanto rosato dell'alba, se avrai fortuna, lo spettacolo della nebbia che scende e scopre piano piano le cime delle montagne, ti metterà subito di buon umore, così che sarai pronto per affrontare un altra passeggiata nella valle del fiume Ta Van, un'altra dozzina di chilometri, in un paesaggio molto bello, scendendo lungo le risaie a terrazze e passando una serie di piccoli agglomerati fino al villaggio di Lao Chai abitato da H'mong neri.Villaggio Dzay
Poi ancora avanti per altri paesi di Dzay, un' altra etnia caratterizzata da bluse azzurre dai larghi bordi arancio e dai copricapo multicolori. Nell'ampia corte una donna produce offerte di incenso da bruciare al tempio. La stuoia davanti a lei è coperta di ordinate schiere di piccoli coni rossi che asciugano al sole, ma né il bambino e neppure il cagnolino che scorrazzano intorno rischiano di finirci in mezzo. Piuttosto osservano con la sorellina il lavoro della mamma. Più in là un contadino spacca in due grandi canne di bamboo verde per preparare canaline d'irrigazione verso il suo orto già ricco di cavoli e zucche. Piccoli negozi tuttofare dove puoi sostare a bere una bibita e scultori paesani che modellano le pietre dei dintorni. Incontri per la via altri camminanti, ma gli scambi emotivi sono scarsi, impegnati tutti come sono a sfuggire alle venditrici; le H'mong sono le più pervicaci, talvolta anche piuttosto aggressive, ma solo se capiscono che la gallina sta per sfuggire senza avere deposto l'uovo. Si raggruppano come leonesse attorno alle gazzelle e poi partono all'attacco. Impossibile sfuggire. Solo una specie di armadio su una Vespa si ferma a chiacchierare. E' un vecchio veterano americano che adesso si è stabilito a Saigon con relativa minuscola moglie coetanea vietnamita sul sellino al seguito. Forse il grande amore della sua gioventù, quando l'avevano mandato da queste parti a salvare il mondo dall'avanzata comunista. O ha peccati grossi da purgare fatti a suo tempo, oppure negli States non ce la fa a campare con la pensione da Marines a riposo. Fatto sta che di tanto in tanto, stanco del caos di Ho Chi Minh City, gira il paese in moto e sembra pure contento, tenendo per mano la sua Lihn quasi settantenne. Quando finito l'ampio giro ritrovi la strada principale e il tuo mezzo che ti aspetta, non ti pare vero, sei sceso nella valle di almeno sei o settecento metri e guardare da sotto in su la scalinata delle risaie ti impressiona, avessi mai dovuto risalire a unghie. Rimane il tempo e la voglia per fare un altro giro del mercato a comprare un po' di frutta, poi comincia la battaglia serrata per l'acquisto delle giacche a vento.SURVIVAL KIT
Risaie a Ta Van
Trekking nei dintorni di Sapa. Ce ne sono molti brevi da fare in giornata e naturalmente sono quelli più frequentati. Sono quasi tutti all'interno del parco di Hoang Lien e si paga un biglietto di ingresso. Ta Phin (40.000 dong) valle di villaggi Dzao rossi e H'mong neri. Per visitare la caverna in fondo alla valle, è necessario portarsi una pila. Valle di Ta Van (40.000 Dong) di Dzay e Lao Chai di H'mong neri, più lungo ma tutto in discesa. Paesaggi molto belli. Se non disponete di mezzo proprio fatevi portare fino al varco (dove si paga) da un xe om concordando il ritorno. Se volete ci sono trekking di più giorni con pernottamenti presso gli abitanti. Tuttavia ricordate che questa è una zona a fortissima presenza di turisti, quindi non aspettatevi le ingenue accoglienze delle zone di cui vi ho parlato precedentemente. Su questo ormai ci campano e quindi è logico che si sia perduta quella naturalezza del tempo andato.Per non soffrire troppo l'assalto al turista, avere un atteggiamento deciso che faccia capire che non cederete, se passa il messaggio la venditrice non perderà tempo con voi quando c'è altra selvaggina in giro più facile. Tuttavia, siccome è praticamente impossibile rimanere esenti, il consiglio è di accettare un paio di donne chiarendo subito che acquisterete qualche cosa da loro, ma non da altre e solo alla fine del giro. Ci penseranno loro ad evitare altri fastidi e vi accompagneranno per tutta la strada. Alla fine comprate da entrambe qualche cosetta, una specie di tassa di passeggio. Loro saranno contente e voi avrete evitato un continuo e ripetuto assalto da parte di tutte le venditrici che incontrerete per la strada.Inutile irritarsi che tanto non serve a nulla. tenete conto che questa è gente poverissima e su quella manciata di dollari che lascerete, ci campa comunque tutta la famiglia.
Donna Dzay
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