Ferrara ci accoglie grigia e polverosa. Lavori in corso nei pressi del Castello Estense, ma sembra l’ideale per un Viaggio nel Caucaso nel cortile del Castello. L’incontro moderato da Andrea Pipino (Internazionale) con Davide Monteleone (presente anche Giorgio Comai, dell’Osservatorio Balcani e Caucaso, assente per problemi familiari Majnat Kurbanova, giornalista cecena, in esilio dal 2004) racconta il suo percorso attraverso il Caucaso.
Ma facciamo un passo indietro, saliamo le scale per entrare nella Sala degli Stemmi che ospita la mostra fotografica presentata dall’incontro – ovvero Northern Caucasus dello stesso Monteleone (a cura di Contrasto, agenzia di cui il fotografo è membro).
Ai nostri piedi bastano pochi passi nella sala perché lo sguardo si faccia parola e racconti una storia che di passi ne ha fatti molti dal 2008 quando, con la giornalista Lucia Sgueglia, Monteleone cominciò a seguire la storia delle due guerre in Cecenia e i conflitti in Ossezia e Abkhazia.
Delle foto stupisce la bellezza, tanto da un punto di vista estetico (nell’attenzione alla luce, nel gioco di toni, nella costruzione dell’immagine) quanto da quello narrativo.
Monteleone riesce a rendere aperti gli spazi chiusi, intimi gli spazi aperti (in una foto sono filtrati dall’interno dell’abitacolo di un auto). Sono luoghi e visi feriti; le ferite dei luoghi sono quelle più evidenti, quelle dei visi sono tutte riconoscibili, negli sguardi e nelle teste reclinate. Soprattutto nelle donne, che non si nascondono all’obiettivo della macchina fotografica, ma, anche quando sono al centro dell’inquadratura, la sfuggono. Solo, a volte, i bambini hanno la sfrontatezza di guardare il fotografo; ed allora irrompe una certa luce di gioia che altrove sembra sedata, così fioca da essere quasi spenta (persino nelle cerimonie religiose).
Monteleone è entrato nell’intimità di queste persone, ha colto la ricerca della felicità di una realtà misera, abbracci e momenti di festa, momenti di vita e frammenti di guerra (mai diretta, ma dura come il legno di bare chiuse o il ritratto di un soldato che nel buio fuma una sigaretta).
Passi, un piede dopo l’altro, perché, come dice Josef Koudelka, citato dallo stesso Monteleone, le foto si fanno con i piedi. Camminando.