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Mentre Prospect Park a Brooklyn, Van Cortlandt Park nel Bronx e Central Park sono imbiancati per le abbondanti nevicate e gelati per il gran freddo, c’è un parco a NoLIta dove regna la primavera.
Il sole splende, l’aria è tiepida, l’erba è alta e di un colore verde vivo, gli uccellini cinguettano. Per tutto il giorno è pieno di persone in maglietta che si riposano, di ragazzi che fanno picnic su tovaglie colorate stese tra foglie e fiori e di bambini che giocano a piedi nudi nell’erba. Gli impiegati vanno a passar lì la pausa pranzo, le coppie a stare un po‘ insieme, gli amanti dello yoga a fare gli esercizi.
Più che un parco, però, è uno pseudo parco, un simulacro di parco, un esperimento di sociologia urbana, una installazione realizzata all’interno della Openhouse Gallery, intitolata Park Here.
L’erba è artificiale, le foglie di plastica sono applicate a tronchi di legno, la luce solare proviene da lampade particolari, il cinguettio viene emesso da un sistema di altoparlanti.
Ovviamente i sociologi si sono scatenati a dire la loro. Che si tratta di un fenomeno tipicamente newyorkese, che è un’operazione ironica, più è finto e più è divertente, che la gente in via temporanea accetta anche la mancanza di verosimiglianza. O che i Newyorkesi hanno così tanta fame di natura che si attaccano a qualunque suo sostituto riescano a trovare. Come quei poveri cuccioli di scimmia negli esperimenti psicologici che si stringono a bambole di stoffa in mancanza di meglio. Nel caso di Park Here la capacità di rispondere a uno stimolo anche così poco convincente rappresenterebbe un tratto adattativo di sopravvivenza urbana. Poveri noi!