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A Ponte33 il Premio Nazionale per la Traduzione 2013. Intervista a Bianca Maria Filippini

Creato il 04 aprile 2014 da Viadeiserpenti @viadeiserpenti

di Rossella Gaudenzi

Il 3 marzo alle ore 11, presso la Sala Santa Marta in piazza del Collegio Romano, Ponte33 ha ricevuto “il massimo riconoscimento dello Stato a favore di quanti sono impegnati nell’attività di traduzione e dialogo tra culture diverse. I premi infatti sono destinati a editori e letterati italiani e stranieri che abbiano contribuito alla diffusione della cultura italiana all’estero e della cultura straniera nel nostro Paese”.

Abbiamo intervistato Bianca Maria Filippini che, insieme a Felicetta Ferraro, ha fondato Ponte33.

A Ponte33 il Premio Nazionale per la Traduzione 2013. Intervista a Bianca Maria Filippini

Bianca Maria Filippini

Ci puoi spiegare in breve di che cosa si tratta?
Ponte33 ha ricevuto il Premio Nazionale per la Traduzione 2013 nella sezione Premio Speciale. Due sono le tipologie di premio: Premi per l’attività complessiva e Premi speciali. Istituiti nel 1989 dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, questi premi sono assegnati sia a case editrici italiane che si occupano di tradurre in italiano da altre lingue, sia a case editrici straniere che traducono dall’italiano nella loro lingua. Quest’anno i Premi speciali sono stati conferiti a Maria Teresa Orsi, docente di lingue e letteratura giapponese all’Università La Sapienza di Roma che ha speso gran parte della propria carriera nella traduzione, una delle poche (è utile ricordare che il lavoro di traduzione, a livello scientifico, non dà un alto punteggio); alla nostra casa editrice Ponte33; alla casa editrice spagnola Edicions de 1984 e alla casa editrice russa Novoe Izdatel’ Stvo che ha tradotto il Belli. Traduttori e case editrici che fanno della traduzione la loro missione nel campo della narrativa, poesia, saggistica, etc. Quest’anno il premio maggiore è stato conferito a Ilide Carmignani, traduttrice di letteratura spagnola e ispanoamericana, curatrice delle Giornate della Traduzione Letteraria, convegno annuale presso l’Università di Urbino: una vera autorità nel campo della traduzione, ha fatto molto per il riconoscimento della figura del traduttore affinché si guadagnasse un posto dignitoso e di tutto rispetto nel mondo editoriale (gli altri Premi per l’attività complessiva sono stati assegnati a Juan Carlos Reche, Spagna; alla casa editrice Guida Editori, Italia; alla casa editrice Agra Publications, Grecia).

Quali sono le motivazioni dell’assegnazione del premio a Ponte33?
Abbiamo partecipato per due anni consecutivi e per l’anno 2013 abbiamo vinto il Premio speciale, nonostante l’esiguità del catalogo (abbiamo presentato la domanda quando erano stati pubblicati quattro dei cinque libri in catalogo). Nel nostro caso è stato premiato il coraggio della scelta editoriale, volersi dedicare alla letteratura in lingua persiana, scelta mirata, con quel che comporta e le difficoltà del caso. Punto forte è stato il tentativo di svelare l’essenza di un Paese, il ricomporre un puzzle dell’Iran che sfugge ai più, in quanto le informazioni che abbiamo sono poche e solo di un certo tipo, con risultato sempre fosco.

A Ponte33 il Premio Nazionale per la Traduzione 2013. Intervista a Bianca Maria Filippini

Felicetta Ferraro

C’è qualcosa che avreste voluto dire in sede di premiazione?
Siamo salite in due sul podio per ritirare il premio, caso unico; Felicetta Ferraro, che ha parlato per entrambe, ha giustificato la presenza di due rappresentanti spiegando che la casa editrice Ponte33 è costituita esclusivamente da noi due. Oltre a esternare la gioia e la sorpresa, avrei detto che nel nostro caso la straordinarietà è l’essere giunte a crearla, una casa editrice, per dare spazio alle traduzioni: sapendo che nel mondo editoriale sarebbe stato difficile proporre qualcosa di simile, abbiamo deciso di essere editori e traduttori allo stesso tempo, pur avvalendoci dell’aiuto prezioso e della collaborazione di altre persone. La motivazione forte nella creazione della casa editrice è stata quella di dare visibilità a traduzioni che sarebbero altrimenti rimaste nel mondo degli iranisti e forse non avrebbero neppure avuto quell’accoglienza che invece stanno avendo: in fondo gli artisti iraniani contemporanei, sia che lavorino nel campo della letteratura sia in quello del cinema, ad esempio, non trovano ancora molto spazio nel mondo accademico.

Qual è il riscontro per il lavoro fatto e che state portando avanti?
Abbiamo conferme continue, quotidiane, della forza del progetto. Lo diceva a commento di questa cerimonia Felicetta Ferraro: abbiamo l’impressione che le nostre iniziative risveglino qualcosa di sopito nelle persone, come se la gente sapesse che dietro quel poco che si conosce dell’Iran c’è un ricchissimo mondo da scoprire. Come toccare un pulsante che accende la voglia di conoscere. La risposta c’è, e sorprendentemente, non c’è alcuna diffidenza.

E qual è la reazione da parte degli iraniani che vivono in Italia?
C’è molto orgoglio per il nostro lavoro di diffusione della loro cultura. In un certo senso siamo un ponte anche per loro, poiché alcuni autori che stiamo proponendo, molti dei quali giovani, non erano conosciuti dagli iraniani che vivono in Italia da molto tempo. Abbiamo ricevuto in occasione di questo premio molte richieste di tradurre, al contrario, opere italiane in persiano, perché gli iraniani che vivono in Italia hanno svolto questo lavoro facendo da ponte per diverso tempo, ma nella dimensione privata. E adesso, riconoscendo anche il nostro ruolo, ci sono state avanzate queste richieste, ancora da valutare: la nostra è una realtà piccola, abbiamo difficoltà a reintegrare e reinvestire, le strategie da elaborare sono ancora strategie di sopravvivenza, sebbene  sarebbe proprio questo il momento di fare un salto del genere, i presupposti ci sono.

Come sono i rapporti con i vostri collaboratori stranieri?
Splendido il rapporto con il nostro giovane grafico Iman Raad, che ci ha seguite nell’impresa, tanto da rimanere sorpreso egli stesso del successo riscosso in Italia. Peraltro le copertine non erano il suo punto forte, sta quindi esplorando un campo, attraverso Ponte33, divenuto per lui una possibilità. Si è da poco trasferito negli Stati Uniti, seguendo la moglie, anch’essa artista promettente ora impegnata in un corso di studi presso una prestigiosa università americana. Abbiamo temuto di perderlo ma fortunatamente non ha intenzione di abbandonare l’impresa. L’Italia è ancora per molti iraniani il Paese delle grandi possibilità: è molto triste dover sempre ridimensionare le aspettative, anche degli scrittori che sono abituati ai grandi numeri, perché in Iran ci sono i grandi numeri, sia nelle tirature sia nelle vendite.

A Ponte33 il Premio Nazionale per la Traduzione 2013. Intervista a Bianca Maria Filippini
Un elemento di forza attribuito a Ponte33 è il saper rendere la vera anima dei paesi toccati, fino a raccontarne gli interstizi.
All’autrice del primo romanzo Come un uccello in volo,  Fariba Vafi, è stato chiesto perché non menzionasse mai il foulard (rusari) nei suoi libri. La risposta: «Perché, voi sottolineate il fatto che indossate le scarpe quando uscite di casa?». Abbiamo iniziato la nostra avventura traducendo questo libro che sembrava privo dei simboli noti di un Iran ormai stereotipato. Ma appunto, chi l’Iran lo ha conosciuto ha affermato di aver riconosciuto attraverso i nostri libri gli odori, i sapori. Ovviamente una Fariba Vafi non ha mai immaginato di poter essere letta da un pubblico italiano, e ha sempre scritto, come è giusto che sia, senza preconcetti, senza preconfezionare un prodotto. Qualcuno all’inizio può rimanere deluso, poi si riflette, ci si dice che queste donne e uomini sono come noi; si cerca quindi nel libro successivo non l’elemento esotico, ma quel che ci lega e ci rende più vicini.

Qui i nostri approfondimenti su Ponte33.


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