
La trama (con parole mie): Llewyn Davis è un giovane cantante folk senza dissa dimora che si muove quasi perduto nell'inverno del Greenwich Village newyorkese dei primi anni sessanta, intento a costruirsi una carriera da solista a seguito della tragica scomparsa del suo vecchio partner di palcoscenico. Passando di casa in casa e di divano in divano, Davis sogna una grande occasione per salire sul treno giusto barcamenandosi come può tra un gatto smarrito ed i sensi di colpa per le reazioni provocate nelle persone che, almeno in apparenza, potrebbero essere quelle a lui più vicine.
Quando, per colpa o per destino, finisce per non avere più una speranza che lo spinga, Llewyn decide di tornare al lavoro nella marina mercantile, impiego già sperimentato sulla propria pelle ai tempi in cui cercò di seguire le orme di suo padre: ma anche in questo caso le cose non andranno come previsto, e Davis si ritroverà in men che non si dica all'ennesimo punto di (ri)partenza.

Mi ha fatto proprio venire voglia di suonare, la visione di A proposito di Davis.
Forse perchè, come il buon Llewyn, protagonista di quello che è, di fatto, il meno coeniano tra i film dei Coen, ben so che finirò sempre per essere quello nel vicolo del locale, piuttosto che la futura superstar giunta quasi in sordina a calcare il palco per chiudere una serata che i presenti potrebbero ricordare come mitica, e non soltanto memorabile.
Poco importa, poi, che sia per via di una donna, di botte prese o date, di una sbronza o di un gatto smarrito la cui Odissea pare inseguire la sua stessa coda.
Perchè Llewyn Davis è uno di quegli stronzi - in senso buono e non - dei quali mi sento orgogliosamente parte e che difficilmente si troveranno, per colpa o destino, a vivere la grande occasione che hanno sognato, accarezzato, sfiorato, tenuto ben lontana per alimentare la loro fama di maledetti o duri e puri oppure sentito sfuggire tra le mani come il Tempo che, inesorabilmente, scorre e chiede un tributo al portafogli come al cuore.
Llewyn Davis è uno che, seppur a suo modo - e per non essere di parte dichiaro di essermi trovato, spesso, a non condividerlo -, tiene i cavalli e si dibatte.
Un Ulisse del folk che affronta ciclopi - John Goodman, di nuovo nel ruolo di un Polifemo come fu per Fratello dove sei? -, sirene - Carey Mulligan, che continuo a non comprendere come possa ammaliare qualcuno, con quella sua espressione da perenne morta in piedi ed insoddisfatta, resa ancora meno sopportabile da un personaggio di rara ipocrisia -, bufere e sfide agli dei - il padre, il rappresentante del sindacato della marina mercantile, il marito della cantante che finisce per insultare - conscio del suo destino di viaggiatore eterno, uno da "au revoir" più che da "so long".
Uno che passa, ma che pare proprio non avere intenzione di andarsene - un pò come le canzoni folk -.
Proprio come la pellicola che ne racconta una settimana di sopravvivenza, pronta a mordersi la suddetta coda e con sorniona agilità felina a rapire pigramente, quasi con svogliatezza, lo spettatore mettendolo di fronte ad una delle più amare verità dell'arte e della vita: i cambiamenti epocali, la ribalta destinata a rivoluzionare la vita non soltanto di chi la sperimenta sulla pelle, ma il mondo, sono riservati ad un esiguo numero di avventurieri e navigatori selezionati, possessori non si sa come e non si sa perchè, per merito o per un fato "benedetto", proprio come Davis nella sua inesorabile sconfitta, del biglietto vincente.
Per un Bob Dylan che entra sullo sfondo, neppure fosse un protagonista, in un club fumoso del Greenwich Village e si prepara a cambiare le regole della Musica, chissà quanti Llewyn - senza contare il suo più sfortunato ex partner di scena - sono dovuti passare a preparare il terreno, prima di uscire, come già scritto, per tenere i cavalli.Restano pochi rifugi, per tutti questi viaggiatori stanchi.
Un divano, un felino tra le braccia, un rapporto di coppia che possa salvare dal silenzio che resterà quando saranno finiti gli applausi.
E una chitarra.
Mi ha fatto proprio venire voglia di suonare, la visione di A proposito di Davis.
E anche di continuare a viaggiare.
Perchè sarò pure uno stronzo, ma non mollo di certo.
Come ogni Ulisse che si rispetti.
Per tornare a casa. Anche quando casa è dove e con chi scelgo di stare in quel momento.
MrFord
"Oh ev'ry girl that ever I've touched
I did not do it harmfully
and ev'ry girl that even I've hurt
I did not do it knowin'ly
but to remain as friends we need the time
and make demands and stay behind
and since my feet are now fast
and point away from the past
I'll bid farewell and be down the line."Bob Dylan - "Farewell" -