Anzitutto l’affresco del Caravaggio conservato a Santa Maria del Popolo, ebbi modo di ammirarlo alcuni anni fa, è di una potenza visiva sconvolgente. Per essere precisi, contiene un’inesattezza: folgorato sulla strada per Damasco, Saulo non cadde da cavallo come riferisce la tradizione orale. Basta verificare ciò che racconta lui stesso - e così Luca negli Atti degli Apostoli: Saulo andava a piedi. Per giunta nemmeno fu folgorato, bensì si trattò di un attacco epilettico, la malattia sacra per eccellenza (vedi Ippocrate), ricondotta dagli antichi a cause divine. Curato e guarito dalla cecità temporanea per opera di Anania, esponente di spicco della comunità damascena, Saulo si convertì al cristianesimo assumendo il nickname Paolo e venne battezzato nel fiume Barada (oggi ridotto a un letto di fango secco e verdastro). Sulla scelta influì certamente la profonda impressione per quanto capitatogli, ma probabilmente anche qualche senso di colpa: fino a quel momento era stato uno zelante persecutore dei cristiani di Gerusalemme e il Sinedrio l’aveva inviato a Damasco per cacciarli da lì con le cattive.




Paolo tuttavia sapeva scrivere bene, le sue lettere costituiscono uno degli epistolari più famosi, e conosceva le lingue (perlomeno greco, ebraico e aramaico). Viaggiò in lungo e in largo per tutta l’Asia Minore fino all’Arabia, poi fu a Roma e forse in Spagna. Era un ottimo comunicatore (i Paolini si chiamano così non a caso), predicatore instancabile e abile organizzatore: a lui si fa risalire l’istituzione di un gran numero di comunità protocristiane sparse un po’ ovunque. Insomma, un intellettuale di tale levatura oggi ce lo sogniamo. Invece non solo resistette all’impulso di fondare (per dire) un movimento cinquestelle, ma, nonostante fosse civis romanus, finì pure decapitato. Di certo, si sa che nessuno gli pagò mai le vacanze ad Antigua.
(Tutte le fotografie, tranne la prima, sono state scattate a Damasco il 5 e il 10 agosto 2008)




