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A proposito di raccomandazioni nell'editoria

Da Anima Di Carta
A proposito di raccomandazioni nell'editoriaQuesta mattina mi sono imbattuta in questo articolo: Consigli per una raccomandazione… ops una pubblicazione di successo! Un articolo deprimente e cinico. Se non avete voglia di leggerlo, ve lo riassumo: si tratta di un elenco di persone (anzi direi di personaggi, considerando come vengono descritti) che rappresentano l’unica strada per chi vuole vedere la propria opera pubblicata da un editore importante nel nostro Paese. In pratica una serie di nomi a cui dovreste rivolgervi per essere raccomandati. O si può anche dire: se non riuscite ad arrivare a questi personaggi, non pubblicherete mai con una grande casa editrice.
L’articolo è scritto con un taglio ironico, ma ciò non toglie che il quadro che dipinge è deprimente, squallido e irritante, per quanto molto realistico. Di fatto, come ho detto varie volte, il mondo editoriale (come altre realtà del resto) è davvero malato.
Eppure è triste e demotivante il pensiero che gli autori da pubblicare vengano scelti non per merito ma in base a logiche di altro genere, in base alle “raccomandazioni”. Chi mi conosce bene sa come la penso riguardo alle raccomandazioni in generale, che considero immorali in quanto significato rubare qualcosa ad altri, significa che se ti fai raccomandare per ottenere qualcosa stai togliendo questo qualcosa a qualcuno che forse lo merita più di te. E sopratutto sono un’ingiustizia profonda.
Al di là di questo, comunque, verrebbe da pensare che se le cose stanno in questo modo nell’editoria, non resta che lasciar perdere l’obiettivo di pubblicare con un grande editore, lasciare da parte le grandi ambizioni e scegliere altre strade. Questa è senz’altro un’opzione.
L’altra è non rinunciare a priori all’idea di pubblicare un libro con uno di quei nomi che si trovano in libreria e continuare a credere in se stessi, continuare a lavorare su quello che si scrive, senza scoraggiarsi e tanto meno decidere di abbandonare la scrittura. Stephen King appendeva le lettere di rifiuto a un muro e non si è mai arreso, ha continuato a scrivere e a migliorarsi. Non dovremmo prendere esempio?
E poi, mi viene da domandarmi: chi è che decide se uno scrittore vale o no? Sono forse davvero gli editori? O gli stessi scrittori? Non credo. Sono i lettori. Si può strombazzare a lungo un libro, così come si può pubblicizzare fino alla nausea un prodotto in tv, ma saranno comunque gli utenti finali a decidere se il prodotto vale o meno!
Penso che chi sceglie di scrivere con passione dovrebbe continuare a credere in quello che fa, soprattutto se si tratta di “una strada con un cuore”, per citare Castaneda. E sono convinta che per la maggior parte degli scrittori si tratta proprio di una strada con un cuore.
E voi cosa ne pensate?

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