Stamattina, nella sala d'attesa di un ospedale, mi sono ritrovato a sfogliare un numero dell'inserto femminile della Repubblica - quello del 24 luglio scorso - probabilmente dimenticato dal familiare di un qualche paziente e poi lasciato lì per far ingannare l'attesa ai successivi ospiti della saletta. Come succede in questi casi, voltavo le pagine un po' meccanicamente, senza pensare troppo a quello che stavo guardando.
Ma a un certo punto sono stato colpito da alcune immagini. Sono foto di ragazze, adolescenti o poco più, che nelle loro camere si fotografano seminude, in pose più o meno seducenti. Sono scatti del fotografo statunitense Evan Baden; le potete vedere nel suo sito. Sono immagini che colpiscono; c'è il contrasto tra l'innocenza di quelle stanze, con i poster, i peluche, i giochi, i colori vivaci di ragazze che sono ancora bambine e la spudoratezza di certe pose, del volersi ritrarre in momenti intimi, di immagini fatte per sé, ma soprattutto per gli altri, per chi sta dall'altra parte del computer o del telefonino. E tra questi due poli, tra l'innocenza e la spudoratezza, ci sono i corpi di queste giovani donne.
L'articolo descrive in maniera abbastanza precisa il progetto di Baden, che, coinvolgendo soltanto modelle maggiorenni, ha voluto mettere in luce il fenomeno che negli Stati Uniti chiamano sexting, ossia l'abitudine di tante ragazze di trasmettere attraverso la rete proprie immagini sexy. E' come se quelle immagini erotiche fossero sfuggite al controllo delle loro autrici per essere viste da tutti e per metterci di fronte a qualcosa che vorrebbe rimanere confinato dietro quelle porte.
Guardate le foto e fatevi un giudizio, non sono immagini che io definirei volgari. Volgare è per me lo spot che da qualche tempo si vede, a qualsiasi ora del giorno, nelle principali reti nazionali, con Belen Rodriguez al bordo di una piscina, per pubblicizzare una nota azienda di telefonia. Non che gli spot precedenti fossero di maggior gusto, Belen era sempre generosamente svestita, ma almeno c'era il tentativo di costruire una piccola gag, in questo appare unicamente il suo corpo, inquadrato nei minimi particolari, in maniera francamente morbosa.
Le foto di Baden non hanno la stessa morbosità, ma personalmente penso che la redazione di quella rivista non avrebbe dovuto pubblicarle. Sono immagini che devono essere spiegate, commentate, sono adatte a una mostra o per essere pubblicate in un libro, ma non possono essere lasciate così alla perversione di un lettore incapace di capirne il significato.
Fatto salvo che quello non era il contenitore adatto per quelle foto, sono immagini che ci invitano a riflettere, perché sono immagini "vere", raccontano qualcosa che avviene, magari senza che noi ce ne accorgiamo; siamo i genitori e gli adulti che rimangono fuori da quelle porte e che non sanno quello che succede lì dietro. Ma a volte lo sappiamo fin troppo bene, perché siamo gli spettatori di quelle scene, i destinatari di quelle allusioni o peggio quelli che le sollecitano. La nostra società, dominata e condizionata dagli uomini, non riesce ad avere un rapporto sano e normale con il corpo della donna, lo vuole dominare, possedere, fin da quando comincia a mostrare i primi segni che cominciano a inquietarci.
Quelle foto ci raccontano di ragazze che sono convinte che l'apparire - e l'apparire in un certo modo - sia il modo naturale di diventare adulte, di crescere e ci raccontano di uomini che o non sanno spiegare come si cresce oppure, colpevolmente, approfittano di queste debolezze. A questo punto anche la prospettiva con cui si guardano quelle foto cambia, anche in quel particolare contesto. Zaira mi ha fatto giustamente notare che probabilmente la cosa peggiore in quel numero della rivista - ma il discorso potrebbe valere per qualsiasi altra - non erano quelle foto che mi hanno così colpito, ma quelle che avevo trascurato, quelle che avevo considerato normali. Sono peggiori le immagini ritoccate con Photoshop, all'inseguimento di un'ideale di bellezza che sacrifica ogni particolarità e tende a omologare l'immagine della donna in un cliché costruito a tavolino, da uomini per lo più. Sono peggiori le immagini di modelle sempre più giovani e sempre più magre. Sono peggiori le immagini che tendono a esaltare le cose, gli oggetti, il superfluo al di là del loro vero valore. Tutte queste immagini sono peggiori e sono più pericolose perché rimangono nella testa delle ragazze, facendole inseguire un ideale di bellezza che non riusciranno a raggiungere mai e facendole credere che la "roba" sia più importanti di tutto. E le rendono anche più deboli e prede più facili per i lupi cattivi che purtroppo ci sono tra di noi e, temo, siano sempre più numerosi.
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