Una piccola azienda che oggi è diventa la “regina del solare” dove i cinesi vengono a comprare le loro macchine per stampare i pannelli di silicio e che produce, da sola, circa il 70% di queste macchine utili all’industria solare e fotovoltaica.
Ma sono stati gli americani a guardarci dentro e scoprire che l’imprenditore trevigiano era riuscito a brevettare un tipo di tecnologia per lavorare sui wafer di silicio ultrasottili, indispensabile nell’industrializzazione del processo che, negli ultimi anni, ha portato a decuplicare la produzione di pannelli solare. Così l’azienda trevigiana, oggi costola italiana del colosso californiano, è passata dai 60 milioni di euro di ricavi cui l’aveva portata la famiglia Baccini, ai 470 milioni del 2010.
Nessuno, dei colossi energetici italiani, che pur conoscevano la Baccini per averci lavorato, hanno pensato che quell’azienda potesse essere un “gioiello del Made in Italy” e una straordinaria occasione di crescita industriale per il nostro paese.
Oggi, intorno all’azienda ruota un indotto di alcune decine di imprese del Nord Est, tra cui la Fratelli Volpato di Volpago che ha dovuto adeguarsi ai modelli degli americani per soddisfare le loro esigenze di produzione. E gli americani hanno invitato i dirigenti in California per consegnare loro un premio: sono riusciti a fronteggiare la richiesta improvvisa di milleduecento macchine, il doppio del normale.
Adesso il re cinese dell’energia solare, l’imprenditore Zhengrong Shi, numero uno del colosso Suntech, ha raccontato a Stefano Agnoli in un’intervista sul Corriere della Sera che il suo successo porta anche il nome della Baccini e delle macchine da stampa inventate da quel Cavalier Baccini di Breda di Piave.