A Sanremo vince il Popolo Sovrano

Creato il 15 febbraio 2012 da Weesh_growing_ideas @Weesh_web

San Valentino ha battezzato il primo appuntamento dei telespettatori con la 62° edizione del Festival di Sanremo che ha esordito con una serata di umore alternativo rispetto alla tradizionale atmosfera del 14 febbraio, solitamente madida di etereo romanticismo.

Gianni Morandi, per il secondo anno consecutivo sul palco dell’Ariston, ha presentato la spaziale scenografia di Gaetano Castelli con la salivazione azzerata dalla visibile emozione e le parole che faticavano ad arrivare all’esterno ( a cui si sono aggiunti in seguito malcelato stupore e indignazione crescente di fronte ai successivi e inaspettati problemi tecnici).

Come cornice vivente, oltre all’immancabile presenza dei vip in prima fila, i 60 elementi della Sanremo Festival Orchestra, pronti a deliziarci con la loro sicura professionalità e i 300 componenti della giuria demoscopica, decisi ad offrire all’Italia il loro insindacabile parere.

Accanto a Morandi, il simpatico Rocco Papaleo, che si è presentato sul palco sanremese con loden e cartellina, conduttore “tecnico” in tono con il nostro attuale governo e relativa sobrietà dei costumi. Attore di indiscussa bravura, lo abbiamo ritrovato alquanto impacciato nel ruolo di presentatore, in compagnia di abito da sera e scontate battute da satiro di mezza età alla costante ricerca della femmina. La parolaccia sul finale, decisamente, non era necessaria.

La giovane modella prescelta per la grande serata, Ivana Mrazova, ha dovuto cedere lo scettro, obtorto collo, (espressione decisamente calzante), all’esplosiva e prorompente Belèn e all’esile bellezza della Canalis, chiamate in extremis e perfettamente inguainate nei vestiti di scena della sfortunata Ivana. Simpaticamente ruspante e solare la prima, rigida e legnosa come sempre la seconda.

Protagonisti assoluti i 14 cantanti, tra i quali hanno spiccato il volo la potente voce di una Nina Zilli avvolta da invadenti petali rampicanti e una rinnovata Arisa, le cui tonalità melodiose ed accuratamente intonate ci hanno riportato alle fresche e rilassanti sonorità di una sorgente di alta quota che scorre e ci rinfranca. Peccato per i meravigliosi capelli di Noemi, persi dentro un’improbabile tinta color carota (o fucsia?), rinfrancati da una voce importante ma che avrebbe meritato di uscire a vele spiegate.

Dulcis in fundo, il re del popolo, il cantore dei tempi, l’atteso e temuto Adriano Celentano. Protagonista preannunciato del Festival, Celentano ha portato, come sempre, l’attenzione sulla gente comune, la massa, le persone. Dopo aver attaccato Avvenire e Famiglia Cristiana, che a suo dire dovrebbero occuparsi di raccontare il Paradiso ai malati terminali anziché perdersi dietro le beghe mondiali, ha formalmente definito Aldo Grasso, (Corriere della Sera) un “deficiente”.

Ha continuato ponendo l’accento sulle firme (1.200.000) gettate nel cestino dalla Consulta che ha bocciato il Referendum, spalleggiato in toto da Papaleo che leggendo la Costituzione Italiana, ha sottolineato il tema della sovranità del popolo, il cui diritto sta nell’esercitare di fatto un potere pieno e indipendente.

Dopo aver accennato alla censura da parte del direttore generale Rai, Lorenza Lei, verso Michele Santoro, ha manifestato il suo disappunto verso la richiesta alla Grecia da parte dei governi francese e tedesco di acquistare i loro armamenti in cambio della salvezza economica.

Le polemiche, da cui Adriano Celentano è stato abbondantemente preceduto prima della sua partecipazione al Festival di Sanremo, sono esplose con maggiore veemenza alla fine della serata.

Senza volutamente entrare nel merito del torto o della ragione, a Celentano va un riconoscimento.

La volontà di utilizzare il grande schermo per “svegliare” la mente dei più circa le problematiche nazionali ed internazionali attraverso un linguaggio semplice e fruibile da tutti, colti e meno colti.

Non male. Magari qualcosa cambierà.

Roberta Paoletti @FalloSapere


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