Magazine Società
Ci sono dei passaggi dell'intervista a Gian Maria Fara che rispecchiano molto di quanto, nel mio piccolo, sostengo da tempo all'interno di quest'umile spazio. Il dramma dell'Italia non è la crisi (che c'è, gli indicatori economici sono chiari, lo si percepisce tra la gente), ma una propensione tutta nostra ad essere perennemente in crisi. L'Italia è il Paese delle eccellenze che non emergono, del vorrei ma non posso e all'occorrenza del posso ma non voglio. Siamo anche il Paese dello scoppio ritardato, che si ricorda dopo vent'anni dell'ineleggibilità di un uomo che intanto ha fatto il buono e il cattivo tempo. Che si accorge tra una diaria e uno scontrino che i privilegi della casta alcuni sono indispensabili e altri no, salvo incappare in procedure cavillose per cui è meglio tenere tutto così com'è. Che non ha ancora affrontato problemi già risolti nel resto d'Europa. Che si è fermato perché siamo belli e non c'è bisogno di innovare. Che non investe in ricerca perché, appunto, l'innovazione a chi serve? Che scende in piazza a comando e se manca il pane al massimo lancia petizioni online. Che se piove sai che nuova c'è? Oggi resto a casa. Eppure continuo a immaginarmelo migliore, il nostro Paese. Sarò scemo, o forse un inguaribile romantico.