“ Non occorre avere ali per volare
non occorre avere gambe per camminare
occorre però avere un cuore
in grado di saperlo fare “
Monica Pasero
Oggi nel mio spazio ospito la bellissima testimonianza di un giovane scrittore che con le sue mille difficoltà personali è riuscito a dare un senso alla sua vita. E l’ho ha fatto donandosi agli altri, trasformando il suo vissuto in una dimostrazione preziosa per tutti noi. Lanciando così un messaggio di speranza forte e chiaro: Mai arrendersi!”Oggi a Scopriamo l’artista ho l’immenso piacere d’ospitare lo scrittore Giovanni Sandri
Intervista a cura di Monica Pasero
Premetto che ho sempre pensato che scrivere fosse una forma di terapia che in qualche modo alleviasse ogni male, sia dell’ anima che del corpo, e leggendo il tuo caso penso proprio di aver avuto ragione. Per questo ti chiedo di spiegarci il motivo che ti ha spinto a scrivere il tuo primo libro ?
Ciò che mi ha spinto a prendere la penna in mano è la voglia di dire che la disabilità non è ciò che ferma una vita. Queste pagine spero vengano lette da persone disabili per capire che il vissuto di ognuno, se è condiviso, non è più semplice, ma assume un valore, un senso. Spero siano d’aiuto ai genitori che leggendo riescano a trovare una piccola chiave d’aiuto.Spero siano lette da molte persone “normali” che hanno voglia di allargare il loro spazio di conoscenza, perché quando si conosce la paura viene meno.Spero siano d’aiuto per aprire delle porte dentro di noi.Voglio far emergere che ce l’ho fatta, che ogni vita vissuta è unica, che si può essere realizzati anche in presenza di un’importante disabilità.Sono innamorato della vita, ho sperimentato che il mio amore è stato vitale per la crescita di altre persone; a volte è stato così forte che ha spiazzato e forse spaventato.L’intera vita è uno scambio e dagli scambi si cresce, si diventa persone.
“Cammino da seduto” è il titolo del tuo libro solo da queste due parole si potrebbe dibattere per ore, vuoi dire ai nostri lettori il perchè di tale nome ? A tal proposito . vuoi parlarci i un po’ del tuo libro ?
Lo scopo primario di questo libro, raccontando la mia esperienza di vita, è sottolineare aspetti, muovere critiche verso il mondo dell’educazione e verso quello della cura della persona in generale; la mia biografia potrà essere utile per la formazione di educatori, medici, fisioterapisti che attraverso questa “storia di vita” potranno fare tesoro degli errori altrui e lavorare per evitare discriminazioni o leggerezze.Le esperienze che racconto sottolineano da un lato l’umanità e il calore di persone che mi hanno aiutato a crescere e ad accettarmi come portatore di disabilità, ma anche come risorsa e amico; dall’altro la freddezza e la poca cura nella relazione da parte di altre figure che lavorano nel campo della disabilità e che quindi dovrebbero essere estremamente sensibili a queste tematiche.Formazione è sinonimo di avventura, dove si presuppone il possibile, si valuta il necessario, ci si consente un miglioramento del proprio stato e ci si propone di conquistare qualcosa.Attraverso la narrazione è possibile esplicitare questa dimensione dell’avventura.Non solo nel campo educativo è quindi utile il metodo narrativo-biografico, ma anche nel campo della formazione, campo dove vuole inserirsi questo mio scritto.Questo libro va letto con molto rispetto e cura verso chi si mette in gioco e si racconta, con responsabilità e senza resistenze o paure nel vedere emergere durante la lettura cose che lo riguardano in prima persona.Mi sono reso conto scrivendo di me che la scrittura di sè è un’arte povera che si arricchisce a seconda del tempo e della passione che le dedichiamo; per questo la intraprendo con caparbietà, pazienza, umiltà, volontà di conoscermi anche nei più riposti nascondigli della memoria.
Il tuo libro è senza dubbio una testimonianza importante, tra tutti i messaggi che si celano al suo interno,quale secondo te deve arrivare fortemente al cuore delle gente ?
Che occorre saper camminare la vita. Può sembrare una provocazione detta da una persona disabile, ma non lo è, anzi è un traguardo che ora, a 40 anni posso dire che è un punto d’arrivo a cui aspiro. Perché? perchè camminando ho appreso la vita, ho conosciuto le cose, ho sanato le ferite del giorno prima, ho gustato le gioie dell’incontro, ho potuto vedere nuovi paesaggi, ho imparato a fare i passi, ho compreso che ci vogliono molti passi per formare un cammino, ho imparato la pazienza, ho imparato a farmi aiutare. Questi sono solo alcuni dei molti esempi del perché cammino la vita, benché da seduto. Uno degli aspetti in cui fatico maggiormente è proprio l’imparare a camminare, perché mi accorgo che quando non ho sufficiente pazienza, cammino davanti a me stesso e non mi vedo più, cioè non ho più una corretta visione di me stesso, essendo già troppo proiettato nel futuro. Viceversa, quando non ho fiducia e speranza, cammino dietro di me, mi trascino, arranco nel passato ed ecco affiorare nostalgie, sensi di colpa per non aver vissuto bene determinate esperienze. Restare in cose passate che non ci sono più e non possono tornare, camminare nel presente è molto difficile e stare in questo equilibrio richiede molto impegno e lavoro su se stessi. Si capisce a questo punto che il camminare diventa un desiderio tramite il quale si realizza l’intera vita, trasformando così la cosa più semplice per l’uomo in un’esperienza che ha dello straordinario anche quando si cammina da seduti. Camminare è un sentire, un istinto che oltrepassa quello che i piedi ci consentono di fare. Il camminare è un’esperienza che apporta novità all’intelletto anche facendo solo il giro dell’isolato sopra una sedia a rotelle. Il pensiero ha bisogno di vedere, di toccare, di incontrare. .Il camminare, da attività distratta e svogliata, acquista una consapevolezza più azzurra, tersa, lucente si fa così una dipendenza: una strana, indispensabile specie d’arte. Siamo in molti che fatichiamo a camminare, che pur avendo voglia di fare dei buoni passi per la propria vita, per svariati motivi non ci riusciamo, ma è altrettanto difficile ammetterlo, soprattutto a se stessi. Ho notato che ognuno di noi è più bravo a fare certi passi invece di altri, non dimentichiamo comunque che quasi tutti noi abbiamo vissuto degli ostacoli sul nostro cammino ed ognuno ha trovato il modo per superarli o aggirarli, alcuni non riescono e quindi si fermano, e proprio per questo hanno bisogno di vedere nel cammino degli altri la speranza per il loro cammino.
Da diversi anni porti la tua esperienza in giro di paese in paese condividendola con persone con situazioni simili alla tua. Un progetto ambizioso il tuo, di grande aiuto sociale hai voglia di parlarcene ?
Quest’estate riflettendo insieme a voce alta, io e il mio amico Michele, , abbiamo visto che in questi ultimi anni nei quali abbiamo portato in giro l’esperienza del libro “Cammino da seduto” c’è una “sete”, una voglia, un desiderio di riscoperta personale molto forte, ma forse un pochino impaurito, intimorito, spento, fino a quando non si offrono possibilità, non si danno spunti per uscire allo scoperto.Ed ecco, allora, che quando chi ascolta viene messo a proprio agio sentendo un’esperienza di vita diversa, più complessa, spesso si apre la diga della resistenza e si ha una voglia quasi primordiale di mettersi in gioco, di riscoprirsi. Liberati dal condizionamento del giudizio si percepisce meglio se stessi arrivando a vedere talenti e risorse che ognuno di noi ha.Siamo certi che per “ritornare liberi” dalle nostre varie e svariate disabilità dobbiamo percorrere la strada che ci porta ad essere consapevoli che nelle nostre disabilità sono nascoste le nostre maggiori abilità.Il non conosciuto è infinitamente più grande del conosciuto: il conosciuto non è che un’imbarcazione in mezzo al mare del non conosciuto.Siamo partiti da qui e abbiamo studiato un piccolo progetto che concretizzi tutto questo, abbiamo messo sul tavolo le nostre competenze ed ecco qua ciò che è nato; un progetto, o meglio la forma di un incontro, che a noi piace, che crediamo possa continuare ad aiutarci nella nostra formazione e nello stesso tempo uno strumento utile per dei gruppi giovanili e in formazione, gruppi che abbiano voglia di confrontarsi un attimo non solo con la disabilità, ma anche con la propria interiorità con la sola finalità di ricevere qualche “raggio oltreconfine” titolo del progetto, dando luce alle risorse che ognuno dentro di sé possiede. La nostra mail è:[email protected]
Oltre le difficoltà che devono vivere ogni giorno, secondo te cosa manca di più a ad una persona disabile.?
Manca la vera integrazione, questa parola usata troppo spesso, ma poco attuata, il disabile è parte del mondo e non un mondo a parte.
Per esperienza personale, la disabilità sia fisica che mentale, viene spesso intesa come “incapacità” , senza tenere conto che molto spesso le persone toccate da queste forme di handicap hanno doti e talenti superiori alla media .Cosa secondo te occorre fare affinché la società consideri la disabilita non come una pecca, ma come una risorsa?
Occorre credere e far emergere le competenze di ogni persona e andare oltre alla situazione fisica.
Quali sono i tuoi progetti futuri ? In che modo noi possiamo sostenere i tuoi progetti?
Il progetto “raggi da oltre confine” Questo progetto può essere portato avanti dovunque ci sia la volontà di crescere, di educare, di conoscere, di condividere. crediamo che può essere tutto questo e tanto altro e ci mettiamo a disposizione laddove ci sono persone che ci credono e sono interessate a camminare e far camminare la vita in ogni persona.
Sono giunta alla mia domanda di rito che cos’è l’arte per Giovanni Sandri?
L’arte è la capacità di aver coscienza di permanere se stessi attraverso il tempo e attraverso tutte le fratture dell’esperienza.Perché la mia disabilità è si fatica, ma è anche lo strumento grazie al quale ho imparato le cose più preziose di me stesso e con immensa fatica ho cercato di trasmetterle agli altri.
Ringraziando il nostro amico Giovanni , lascio a voi lettori la sua mail dove potete contattarlo direttamente per avere informazioni sui suoi incontri e sul suo splendido libro