Siamo orfani. Ecco, l’ho detto. Il corso di pasta fatta a mano è finito e noi siamo rimasti orfani. Undici persone che si incontravano una volta a settimana presso il centro sociale “Secondo Casadei” di Savignano sul Rubicone – dove condividevano spensieratezza e allegria mentre cercavano di acquisire conoscenze di base per la preparazione delle più tipiche paste fresche della nostra regione – ora non sanno più cosa fare il lunedì/martedì sera.
Io sono rimasta piacevolmente colpita da come e quanto in fretta abbiamo legato. Quando un corso riunisce persone che non si conoscono, infatti, non si può mai sapere cosa ne verrà fuori e realizzare che, invece, abbiamo formato un bel gruppo è stata una bella soddisfazione. A me era già capitata un’esperienza simile, con i ragazzi del corso di russo cui mi ero iscritta qualche anno fa: le serate passate a imparare a leggere e scrivere il cirillico sono state divertentissime e spassosissime; eravamo in pochi, ma eravamo talmente in sintonia che ancora oggi, a distanza di anni, ci incontriamo ogni sei mesi per la mitica “pizzata pa-russki”… e pure la prof. è sempre dei nostri! Spero tanto che anche con i ragazzi del corso di cucina possiamo dar vita a una tradizione simile
Tagliatelle multicolore
Ma lunedì scorso non è stata solo una serata di saluti, perché si è comunque lavorato sodo affrontando la preparazione della pasta all’uovo colorata e di formati di pasta particolari. Come per gli gnocchi, integrando all’impasto le rape rosse, gli spinaci, il nero di seppia, il concentrato di pomodoro e il cacao amaro abbiamo ottenuto tagliatelle multicolori. E se gli gnocchi sembravano un coloratissimo arlecchino, restando in tema carnevalesco la policroma varietà delle tagliatelle ci ha ricordato le stelle filanti.
Bigoli, strozzapreti e pasta grossa
Passando poi ad altre tipologie di impasti, abbiamo appreso la tecnica giusta per preparare gli strozzapreti (di gran lunga i miei preferiti!); dallo stesso impasto, si ricavano poi le trofie, i bigoli e la pasta grossa. Una pasta, questa, che non avevo nemmeno mai sentito nominare, ma che è legata a filo doppio alla tradizione contadina romagnola, perché quando non c’erano le uova per preparare le classiche tagliatelle e non c’era tempo per dare alla pasta una forma particolare le azdòre portavano in tavola la pasta grossa (ottima, a quanto pare, in abbinamento con i fagioli).
Farfalle e stricchetti
Farfalle, stricchetti e garganelli sono invece formati di pasta fresca che si ottengono da un impasto base (farina + uova) arricchito con parmigiano reggiano. E se per formare farfalle e stricchetti si usano solo quattro dita (pollice e indice di entrambe le mani), per preparare i garganelli è necessario munirsi di appositi pettini sui quali si passa la sfoglia arrotolata, quadratino per quadratino, su un bastoncino/matita. Ottenuti dagli antichi pettini dei telai a mano, questi strumenti sono ormai piuttosto rari, ma Bruno ci ha assicurato che con un po’ di pazienza si possono trovare nei mercatini dell’artigianato e dell’antiquariato. In alternativa si può usare il rigagnocchi, anche se la striatura che questo lascia sulla pasta è più larga di quella richiesta per i garganelli autentici.
Preparare i garganelli
Infine abbiamo avuto la possibilità di cimentarci con la pasta alla chitarra. Io mi sono entusiasmata talmente tanto che ho voluto mettermi alla prova proprio con questa preparazione. Il risultato finale è stato senza ombra di dubbio delizioso, pure se condito con un semplice sugo al pomodoro; anche l’utilizzo dello strumento è stato piuttosto stimolante, dato che si può (leggasi deve) battere con il mattarello per far staccare la pasta dagli appositi fili d’acciaio che costituiscono la chitarra tagliapasta. L’unico inconveniente è stato impastarla e stenderla, la pasta: questa preparazione, infatti, richiede un impasto piuttosto sostenuto (che si ottiene unendo farina di semola e farina bianca); diciamo che per lavorare l’impasto ho pregato in turco, mentre per stenderlo… beh, per stenderlo ho sviluppato due bicipiti che manco un pugile
Spaghetti alla chitarra
Alla fine della fiera, però, sono straconvinta che in cucina ogni sforzo valga bene un piatto di veri spaghetti alla chitarra. O di gnocchi di patate. O di tortelli ripieni. Insomma, il tempo e la pazienza che impieghiamo per portare in tavola primi piatti di questo tipo non sono assolutamente sprecati. E sono sicura che il nostro impegno sarà sempre ampiamente ricompensato dall’appagamento dei nostri ospiti o, in caso non ne abbiamo, dei nostri sensi. Perché anche cucinare per noi stessi non è tempo perso; è tempo occupato a coccolarci, a volerci bene e a regalarci quelle piccole soddisfazioni del palato che ora, grazie a Bruno, tutti noi saremo in grado di replicare sulle nostre tavole. La scuola di cucina sarà anche finita per quest’anno, ma al contempo è giunta l’ora di metterci al lavoro nelle nostre cucine. Chissà che prelibatezze saremo in grado di tirare fuori
Io proverò a tenervi aggiornati sui miei progressi ed esperimenti, perciò… stay tuned!
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