Ho ritenuto opportuno inserire nell' "Angolo del Maestro" una minima analisi semantica di un brano dei "Pizza e Fichi" che reca, in sè, un'impressionante serie di riferimenti, citazioni e figure retoriche da collocarsi in una posizione apicale nella subcultura metropolitana attuale.
Intanto soffermiamoci sul delizioso dialogo tra il Controllore e la Fanciulla (evocazione della schubertiana Tod und das Mädchen). E già il primo disvelamento, il repentino cambio di registro vocale, da Farinelli a Boris Godunov, costituisce un coup de théâtre nella miglior tradizione operistica:
Controllore: bijetti prego
Voce in falsetto: nun cellò
Controllore: favorisca armeno a tessera
Voce in falsetto: o nn ciò manco a tessera
Controllore: allora ti devo fare la multa
Voce da basso: e io ti faccio un culo così!
A questo punto i "Pizza e Fichi", costola adamitica del gruppo romano di rock demenziale "Prophilax", lanciano il brano vero e proprio. Si noti l'utilizzo di un linguaggio icastico, l'insistenza sull'onomatopea, sull'assonanza, sull'enjambement.
La controllata, maschia scurrilità del linguaggio è finalizzata a realizzare, riscostruendolo nell'animo dell'ascoltatore, il clima (o meglio detto il mirocroclima) antropologico della folla compressa, come direbbe, nel topos-autobus.
E non timbrare mai il bigliettoDa qui il brano vira verso il tormentone che, nelle situazioni live, come nella recente performance/kermesse del Qube, sfiora il parossismo dei dervisci danzanti:
Non lo timbrare..non lo timbrare
E non comprarti neanche la tessera
Non te la comprare... manco pel cazzo!
E allora sì che saran cazzi loro
quando noi gli cagheremo in testa
Atac di merda! Atac di merda!
In bilico tra Martin Luther King e Malcom X, si passa facilmente alla disobbedienza civile, evocata ed istagata:
Sali davanti scendi de dietroAtac di merda! Atac di merda!
quanno te pare quanno te pare a te
Non cedere il posto ai vecchietti
Mai e poi mai, mai proprio mai.
Vai dal conducente e sputagli dentro agli occhi
per tutte le volte in cui non si è fermato
...stronzo!
Il riferimento continuo al basso corporale può essere facilmnete compreso da chi si trova a vivere quello specifico habitat fatto di afrori dal gusto dubbio, di dopobarba economici, ombrelli pericolosamente appuntiti, scarpe bagnate, ascelle fermentate.
L'avventura da Indiana Jones inclusa nel pezzo del BIT (Biglietto Integrato a Tempo) non è da tutti supinamente accettata. L'attesa messianica del famigerato bus non è da tutti serenamente condivisa.
Ecco, dunque, come il paroliere, supportato da una ritmica incalzante, sospinge trionfalmente il brano verso un esito trionfale, climax, sorta di marcia dell'Aida de noantri nella quale il gesto apotropaico sublima la spinta retorica, la ribellione si incanala nel tromentone liberatorio e catartico.
E se quel cazzo de autobus
non arriva mai e te rode il culo
E se per colpa di quello stronzo
arrivi in ritardo arrivi in ritardo
Butta una bomba al capolinea
E quando puoi caga sui sedili
E se quel cazzo de autobus è pieno de gente,
è pieno de merda
Tu prendi a calci in culo tutti quanti
E vai dal conducente quello stronzo demente
e digli "Brutta merda! io non pagherò
perchè quest'atac non vale un cazzo"
Atac di merda! Atac di merda!
In conclusione: non può non apprezzarsi il controllato scivolamento nel gusto, lo slittamento progressivo nel sub-umano, la miserabilità totale. L'esperienza musicale costituisce dunque una pre-veggenza, una pre-visione. Se già la canzone vi ha creato un qualche disgusto allora l'esperienza en plein air non potrà risultare che assai più sconvolgente.
Del resto l'Arte è testimonianza, profezia. Mai tanto autentica come in questo caso.