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Ho partecipato dopo tanti anni, ora da turista nella mia Siracusa, al rito delle rappresentazioni classiche. Il rito del teatro che si riempie, della rappresentazione, della conclusione col sole che tramonta. E con le eterne polemiche fra puristi e innovatori. Ovadia, con Incudine, autore delle musiche e cantastorie, innova molto. Il testo è proposto in siciliano e in parte in greco. Del resto si rivendica la sicilianità dello stesso Eschilo, per la sua morte in Sicilia e la sua frequenza di Siracusa. Le 50 Danaidi che chiedono rifugio ad Argo, fuggendo ai loro 50 pretendenti, possono essere un manifesto dell'autonomia femminile, un manifesto della democrazia, un manifesto dell'accoglienza. C'è tutto questo nell'interpretazione di Ovadia. Applausi convinti del pubblico infatti quando il re d'Argo grida la superiorità della democrazia sulla tirannide. Quando affida all'assemblea dei cittadini (come oggi in Grecia) la decisione difficile se accogliere le supplici a rischio di scatenare una guerra. Quando i cittadini, unanimi, votano sì. Ma la traduzione insiste soprattutto sulla qualifica di migranti delle Danaidi. Se debbo dire la mia ho trovato una sublime (per sobrietà) polemica antisalviniana nelle parole del re di Argo alle supplici: "State con noi; in case singole, se preferite star sole; in palazzi con altri se preferite la compagnia; scegliete come preferite". Avete presente il gran "casino" (scusate il linguaggio) salviniano sui quattro (in rapporto alla popolazione chiamata ad accoglierli) migranti e su quei due (o tre?) che sarebbero stati ospitati in hotel 5 stelle?