CG è un oggetto di 5 km, un grumo di ghiaccio, terra e sassi grande come Torino che gira nel sistema solare con un periodo di 6.5 anni, passando ogni volta al di là di Giove. Non si sa da quanto tempo sia su questa particolare orbita, ma certo è molto vecchia: ha quasi cinque miliardi di anni, l’età del sistema solare. L’interesse di studiare da vicino una cometa come CG sta proprio nel fatto di vedere un campione della materia “primitiva”, originale, per cercare di capire di cosa fosse fatto il sistema solare, o meglio il disco protoplanetario, al momento della sua nascita.
Si sa che dal disco protoplanetario di materia, in rotazione attorno al Sole appena nato, si formarono tutti gli oggetti, grandi e piccoli: le comete (che sono miliardi), gli asteroidi ma anche i pianeti, un po’ come i grumi nella polenta: nella comete, quindi, c’è di sicuro scritto qualcosa di interessante sulla nostra origine. Anche perché una parte importante dell’acqua dei nostri oceani fu fornita proprio dalle comete nel primo miliardo di anni di vita della Terra.
Esplorare da vicino una cometa è molto difficile, però. Quando arriva vicino alla Terra, la cometa è per definizione anche relativamente vicina al Sole ed ha quindi già sviluppato la sua “chioma” (che tutti chiamano coda), cioè una violenta emissione di gas e polveri che impedisce di vederne la superficie e che bombarda di materia ad alta velocità la sonda che le passasse vicino. Fu quello che successe a Giotto, la gloriosa sonda europea che nel 1986 passò “vicino” ( a 600 km) alla cometa di Halley. Fece comunque un record di vicinanza ed iniziò una grande tradizione di studi cometari in Europa.
Con Rosetta abbiamo fatto molto meglio. Decisi a vedere CG da vicino e nitidamente, siamo andati a prenderla quando è ancora lontana dal Sole, a circa 400 milioni di km da noi. Un viaggetto non da poco, che ha richiesto dieci anni di navigazione interplanetaria per sbucare tra Marte e Giove, proprio dove adesso stava arrivando CG. Ma ne è valsa la pena: la cometa sente ancora poco la luce del Sole. Il suo ghiaccio perde per sublimazione solo due bicchieri di acqua al secondo, niente per una sonda robusta come Rosetta.
La cometa vista da vicino, nuda e senza chioma, è bellissima, e le immagini della camera tedesca di bordo sono nitidissime, ben illuminate dal Sole radente. La forma generale è strana, sembra fatta di due pezzi messi insieme (e potrebbe anche essere vero) e la superfice mostra molte irregolarità con rughe, crateri e piccole catene di aguzze montagne, alte poche decine di metri.
L’incontro di ieri e la passeggiata a braccetto sono solo l’inizio del lavoro di Rosetta: si chiama così perché deve renderci accessibile il linguaggio, finora a noi incomprensibile, dell’origine del sistema solare. Nei prossimi mesi comincerà la danza con la cometa: la sonda orbiterà sempre più vicino, fino a far scendere sulla superficie una sonda “figlia”, munita di uno speciale trapano carotatore, capace di analizzare un campione di materiale della superficie. Tra pochi mesi Rosetta ci dirà di cosa sa il ghiaccio di una cometa, una specie di granita al misterioso gusto di lontano.
Fonte: Media INAF | Scritto da Giovanni Bignami