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A spasso con zio Ho

Creato il 23 luglio 2011 da Faustotazzi
A spasso con zio Ho
Zio Ho è un uomo carismatico, un vecchio semplice e modesto nelle sue abitudini che non ha mai preso moglie perché a suo dire aveva già tanti nipotini, tutto il suo popolo. Zio Ho ha liberato il suo paese prima dai francesi e poi dai giapponesi ma non è vissuto abbastanza per vedere la fine della guerra civile. I vietnamiti lo amavano e tutt’ora lo amano moltissimo, se poi Ho Chi Minh fosse in realtà una carogna francamente non ci è dato saperlo. Certo però ha creato, guidato e in un certo senso continua a guidare una fiera nazione di ottantadue milioni di persone.
L’alba vietnamita è una striscia infuocata dietro gli alberghi, sopra alberi del parco, in fondo dopo il fiume e le periferie. All’inizio del secondo millennio Ho Chi Minh City, la vecchia Saigon, era ancora un girone infernale di caldo umido, frastuono e folla. Pochi parlavano inglese e quelli che sapevano farlo lo facevano male e solo quando conveniva a loro. Traffico caotico e marciapiedi coperti di ambulanti aiutavano a perdere completamente l’orientamento. Oggi HCMC è pulita, sicura, uffici e hotel sono spuntati come eleganti funghi. Stamattina Zio Ho mi ha portato a spasso all’ombra dei grandi viali alberati: la prossima settimana ci sono le elezioni e le sue immagini sono ancora dappertutto eppure l’altro giorno alle Poste Centrali non lo hanno riconosciuto, lo zio Ho. Peccato, perché così non siamo riusciti a far passare quei libri che lo interessavano tanto: non erano editi in Vietnam e il suo Ministero per la Cultura Popolare non li aveva mai letti ne’ approvati.
Siamo passati nella hall del nuovo Intercontinental poi dal Sofitel.  “La vedi quella receptionist?” - mi chiede zio Ho - “Le cose sono cambiate molto in questi cinque anni e per me ritornare a Saigon è come un ritorno al futuro”. Questa citta’ ora è Falce e Martello e Emporio Armani, comunismo si ma fino a un certo punto. Le bandiere rosse, i murales costruttivisti, gli slogan sui muri, le bandiere alle finestre e i grand’hotel, i ristoranti fine dining, le consolle dei dj, i negozi di griffes.
In periferia file di capannoni degni della miglior pianura padano-veneta e bufali che fanno il bagno negli scavi delle zone industriali, in campagna le antenne ripetitrici dei segnali cellulari segnano il territorio onnipresenti tanto quanto le tombe di famiglia. Diamo un colpo ti telefono a casa Zio Ho? Sentiamo papà? Twittiamo a Parigi? Il mondo ormai è qui a due passi, chiamate intercontinentali in riva al vecchio fiume, il  Sai Gon assediato di pescatori che pescano e di bambini che fanno il bagno. Esattamente come è sempre stato, il vecchio fiume che passa indifferente e porta il suo fango giallo verso il mare.
Lo zoo la domenica pomeriggio è pieno di giovani coppie, li vedi i loro sorrisi, zio Ho? Cosa stanno immaginando? chissà se ti stanno ancora pensando, tu che a quell’età sorridevi esattamente come loro ma che non hai mai preso moglie perché dovevi già badare a tutti quei nipotini. Laggiù in fondo ci sono sette coppie di italiani: hanno appena adottato sette bimbi vietnamiti. Anni passati a sbrigare pratiche, torchiati in interrogatori che scoraggerebbero chiunque eppure oggi pomeriggio i loro larghi sorrisi testimoniano gioia. Ti guardo e sei felice oggi al parco, vecchio zio che ritorna bambino.
Si fa sera, passiamo veloci davanti al Sango e ai suoi acquari illuminati, risaliamo Hai Ba Trung street, ceniamo insieme allo Xu. Lo chiamano finger food, si mangia con le mani in un piatto da condividere. Involtini Primavera di Carpaccio Appena Scottato, Bruschette di Maionese al Wasabi, ai tuoi tempi non c’era bisogno di nomi in inglese, si mangiava e basta. Sembri divertirti, zio Ho. Ti diverti un po’ meno quando passiamo davanti a una specie di night club, si spalancano le porte ed esplode di ragazzine tutte ammassate, scattano in piedi, salutano in inglese, la più vestita e’ in bikini. Ma dove stanno andando a finire i tuoi nipotini, zio Ho?

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