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Prendendo l'abbrivio da un racconto di culto di Robert Heinlein (All you zombies, del 1959) i fratelli Spierig hanno qui la capacità di costruire un microuniverso in cui tutto è coerente e che fornisce allo spettatore l’impressione che quella a cui sta assistendo è solo una delle numerose, possibili storie appartenenti a quella realtà. Il mondo in cui i viaggi nel tempo sono stati inventati negli anni ’80 che dipinge Predestination è infatti un frullato di stili, mode e design di epoche diverse, un luogo in cui i burocrati a furia di saltare nel tempo (semplice ed efficace nella sua essenzialità l'idea della custodia di violino con il timer necessaria ai crono-balzi) sembrano esistere in una dimensione atemporale.
Mescolando in dosi corrette atmosfere noir a teorizzazioni d'impianto fantascientifico classico (soprattutto la parte sulle implicazioni scientifiche della scoperta dei viaggi nel tempo) i due cineasti tedesco-australiani regalano allo spettatore un prodotto davvero notevole, i cui sviluppi si fanno plausibili per mezzo di un sottile equilibrio narrativo (debitore senza ombra di dubbio dei voli pindarici di Memento ma anche degli incastri di Donnie Darko) che intreccia le trame per ingaggiare con chi guarda un rimpiattino di indizi e rompicapo: durante la visione si ha più volte l'impressione di aver decodificato l'enigma complessivo, salvo vedere sbalestrate le proprie deduzioni con nuove e impressionanti rivelazioni. Ethan Hawke infine conferma il proprio talento: negli ultimi anni ha sbagliato qualche film ma ha saputo sicuramente farsi interprete robusto ed eclettico, riuscendo in diverse occasioni a far dimenticare il proprio bel faccino in funzione di una recitazione abile e, come in questo caso, davvero convincente.
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