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A sud del confine, a ovest del sole

Creato il 17 marzo 2012 da Minerva Jones
A sud del confine, a ovest del sole "Non posso fermarmi, devo andare a casa". "Stai leggendo Murakami, eh?". Ormai i miei amici lo sanno: se ho tra le mani un libro di questo scrittore, nessun piacere supera quello di infilarmi nelle lenzuola con lui e godere di ogni parola, immaginare la calda umidità delle situazioni descritte (furbo, eh, nella strategia per ammaliarci e tenerci legati a sé?), farmi risuonare nella mente le musiche citate, assaporare - ancorché virtualmente - la consistenza della pelle dei suoi protagonisti. A sud del confine, a ovest del sole - un libriccino di una ventina d'anni orsono che ho finito di rileggere stanotte perché intriso d'eros adolescenziale e post- che non mi dispiace affatto, ed è anzi abbastanza la dimensione in cui io stessa lo vivo.
Che cosa rende una vita felice? Un problema di fondo per un giovane quasi quarantenne che ha perso il primo amore - quello dell'infanzia - con cui ascoltava ossessivamente Pretend di Nat King Cole senza capirne le parole, e ferito per sempre la ragazza dell'adolescenza. E ora che è adulto, sposato, proprietario di due jazz club, ricco e anche serenamente 'sistemato', rivedere la ragazzina dell'infanzia, divenuta donna riservata e complessa (la sua Star-Crossed Lover), gli sconvolgerà per un istante la vita e l'aprirà a quello che non è stato. Ma senza neanche impotizzare come sarebbe stato - perché quando le cose non accadono, e prendono un'altra strada, non si può tornare indietro.
Si possono solo al limite far esplodere per un istante, che è la celebrazione della massima felicità, del massimo piacere, di una vera e propria estasi-in-vita, così come anticipazione - prefigurazione - della propria morte. Capite perché non v'è nulla - se non il vivere in prima persona la medesima cosa - che possa distogliermi da questa lettura?


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