Magazine Diario personale

A te.

Creato il 19 luglio 2012 da V

Prima o poi le cose vanno affrontate. Anche se non vuoi, anche se eviteresti volentieri perchè fa male.

Quando la chiave, all’ultima mandata, ha fatto scattare la serratura e la porta si è aperta ho sentito il peso dei ricordi annebbiarmi la mente. Era tanto tempo che non entravo in quella casa: il tempo era immobile, statico,non è stato toccato quasi nulla. Solo strati di polvere a ricordarti che ormai sono passati quasi sei mesi. Ogni cosa ha il tuo odore, ogni oggetto la sua, anzi la tua, storia. Non sapevo da che parte iniziare, cosa sistemare in quella enorme casa ormai quasi abbandonta.

Ad ogni passata di straccio, ad ogni scatolone sistemato, nella mia mente si organizzavano ed incastravan ricordi. La poltrona su cui ti sedevi per leggermi la Divina Commedia, i vocabolari di latino che sfogliavamo insieme e che mi assicuravano sempre un bel 10, le foto di noi nipoti e i nostri giochi che ci siamo passati di cugino in cugino. I tuoi occhiali pieni di nastro adesivo, i piatti ancora nel lavabo, le centinai di libri sparsi un po’ per tutta la casa,i tuoi vestiti ancora nell’armadio, i segni sul muro, il capello da Dartagnan con cui giocavo, le bambole vecchissime della zia, le cuffie per ascoltare la tv, il tuo pettine e i tuoi fermagli.

Era tutto li, come se tu non te ne fossi andata e dovessi tornare da un momento all’altro. Era tutto li, ordinato e pulito,come i ricordi. Era tutto li come se aspettasse di essere messo via.

L’utima volta che ho sentito la tua voce ti ho detto di no. Stupidamente perchè credevo di essere nel giusto, di proteggerti. Hai fatto i capricci come una bambina, forse lo sapevi che sarebbe stata la mia ultima occasione per essere una brava nipote. Ma io sono stupida: credevo di avere tutto il tempo del mondo. Viviamo nell’illusione dell’ immortalità nostra e altrui, perchè vivere diversamente  non sarebbe vita, ma solo terrore.

Poi sono rimasta sola in quella casa. E ho avuto paura. Non osavo avvicinarmi alla tua stanza, la mente gioca brutti scherzi. Lucidavo la credenza come si lucida la propria anima sporca.

Ho pensato spesso di venire al cimitero. Solitamente adoro questo genere di posti, spesso mi sono ritrovata sulla strada che porta li. Mi immaginavo percorrere quel viale sotto il sole cocente, sentivo perfino il caldo sulla pelle, il rumore dei sassolini sotto le mie scarpe. Poi improvvisamente la macchina è andata da un’altra parte. L’ultima volta che sono venuta, che poi è anche la sola, indossavo un piumino di due taglie più grandi. Sprofondavo nel suo abbraccio morbido,mentre il cappuccio mi cadeva sugli occhi. Salutavo mentalmente la signora seppellita nella tomba a fianco. Non si piange, dicevo. E non ho pianto, mai.

Abbracciate chi amate. Un giorno vi troverete a pulire la loro casa e a domandarvi dove avete nascosto tutto il dolore.

V.



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