Neil LaBute è un autore sincero, impietoso fino alla brutalità. Molti critici lo hanno accusato di cinismo e misantropia: a mio parere è semplicemente un realista, e le sue opere teatrali e cinematografiche – fin dal folgorante debutto nel 1992 con LA COMPAGNIA DEGLI UOMINI – sono apologhi profondamente morali. Colpa (o merito) di una famiglia molto religiosa e della sua educazione mormone presso la Brigham Young University dello Utah? Non saprei dirlo; ma non è facile trovare oggi uno scrittore che sappia ritrarre con così tagliente, crudele obiettività vizi e difetti dei suoi connazionali, le loro manie ed ossessioni, i valori ormai distorti da pubblicità, tv spazzatura e riviste di gossip, che contrabbandano una quantità di falsi miraggi come qualcosa di concreto e facilmente raggiungibile. Il diritto alla “ricerca della felicità” è diventato ormai “diritto alla felicità” tout-court, e chi non aspira a conquistare il vertice, chi si accontenta della “normalità” è un infrequentabile fallito.
A REASON TO BE PRETTY (attenzione, in inglese pretty significa sia carino che adeguato) inizia con un violento litigio fra una coppia di trentenni. E’ una vera e propria rissa verbale, in cui Steph (Fabrizia Sacchi) accusa Greg (Filippo Nigro) di avere detto al suo amico e collega Kent (Giulio Forges Davanzati) qualcosa di orribile su di lei: gliel’ha confidato la sua amica Carly (Dajana Roncione), moglie di Kent. Il povero Greg cade dalle nuvole, proprio non riesce a ricordare. Solo dopo molti minuti di insulti, e accuse, e lacrime di rabbia salta fuori la verità: chiacchierando con Kent ha osato dire che Steph non è carina, è “normale” – però non la cambierebbe per niente al mondo. Quel “regular” lui lo considera un complimento, mentre lei proprio non può accettare di stare con un uomo che non la considera bella; e mette termine astiosamente alla loro relazione.
Nell’altra coppia solo apparentemente le cose vanno benissimo: dell’appariscente e volitiva Carly tutto si può dire tranne che sia “normale”, eppure il macho, palestrato Kent la tradisce abitualmente. Ma tutto funziona finché lei è all’oscuro delle scappatelle che Greg, per solidarietà maschile, si sente costretto a coprire. I quattro finiscono invischiati in una girandola di fraintendimenti e bugie, fino alla rottura finale.
Inframmezzata da quattro brevi monologhi in cui i quattro personaggi, come davanti ad uno specchio, descrivono se stessi, la loro vita e le loro aspirazioni, la storia è vista essenzialmente attraverso gli occhi di Greg nei suoi rapporti con ciascuno degli altri. E’ il racconto della crescita di un giovane operaio che non ama particolarmente lo sport ed è fiero di essere l’unico nel suo ambiente che legge dei libri; della sua evoluzione da maschio conformista, vittima del bullismo del suo amico e dell’egoismo della sua donna, ad adulto ragionante e consapevole. E che i suoi canoni – non solo estetici – e i suoi modelli è perfettamente in grado di sceglierseli da solo.
Dopo quanto detto fin’ora non aspettatevi un testo moralistico o noioso: si tratta di una commedia graffiante e molto divertente. Scritta nel 2009 e già presentata trionfalmente in molto paesi, PRETTY arriva da noi nell’ottima traduzione di Lorenzo Amato: non dev’essere stato semplice trasporre in italiano la lingua martellante e furibonda di LaBute, che ha il pregio della totale adesione al comune parlato quotidiano – anche nel turpiloquio, cosa che ha turbato non poco alcuni attempati spettatori in sala.
La bella scenografia di Luigi Ferrigno, che ricorda nella linearità e negli spazi certi quadri di Hopper, da camera da letto si trasforma, grazie ad una piattaforma girevole, nel magazzino dove i due protagonisti lavorano, e poi in bar e in spogliatoio.
Col pacifico Filippo Nigro e la nervosa Fabrizia Sacchi giusto un centimetro al di sopra degli altri, tutti gli attori vi agiscono con naturalezza e convinzione, guidati con mano sicura dalla regia pulita di Fabrizio Arcuri. Ci restituiscono senza vezzi, con calore e grande ritmo, quattro ritratti di vicini della porta accanto, in cui il pubblico, nel bene e nel male, non avrà difficoltà a rispecchiarsi.
Se volete incontrare per qualche momento Neil LaBute mentre parla della sua attività di scrittore e regista, ecco una breve ma interessante intervista del 2012.
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