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Yara è stata trovata...morta. Tre mesi di ricerche e angoscia, tre mesi in cui si stava preparando il grande palcoscenico dove sarebbe stata, poi, mercificata tutta questa vicenda. Prima c'era Sarah, poi estinto l'interesse e la popolarità, è arrivato il caso Yara. I media, come in un macabro rituale, creano una catena ininterrotta di mercificazione di queste vicende e così via a talk show, opinionisti, psicologi, dossier e chi pù ne ha più ne metta. Il trionfo del vouyerismo, dell'ossessione, dell'enfatizzazione. Non c'è rispetto per nessuno e niente nel sistema dei media, è un mercato, è una compravendita di sentimenti, emozioni, vendite, share.
La retorica si spreca quindi non voglio anche io aggiungermi al cordoglio ipocrita di giornalisti che sguazzano, invece, nella gioia di poter riempire pagine e pagine o spiattellare servizi e vivere di rendita per varie edizioni.
Penso allo strazio di quella famiglia, di quella di Sarah, di tutte quelle famiglie che vedono inghiottire nel nulla, senza motivo, senza il volto di un colpevole, i loro figli.
Un dolore che divora e lascia immobili senza più lacrime o parole da esibire.
Il silenzio sarebbe d'obbligo: la notizia l'avete data, è stata ritrovata, basta.
Invece un ritornello infernale richiama l'attenzione su tutto ciò che ruota attorno a questa ragazzina, alla famiglia, ai luoghi, alle persone,...
Il silenzio vale più di mille parole, è sacro, come sacro deve essere il dolore che quelle famiglie provano e che non deve essere disturbato o spettacolarizzato.
I media sono infernali, non sono ancora entrata nella categoria, sono una pre-giornalista, ancora studentessa ma mi fa paura dover entrare in questo mondo dove tutto si mercifica, anche e soprattutto, i sentimenti.
Un silenzio e un pensiero di speranza per tutte le persone scomparse nel nulla e per le loro famiglie, per non lasciare spazio alla rassegnazione di un mondo marcio che non lascia spazio all'amore umano.
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