F. Guicciardini
È facile sparare a zero sui politici, specialmente quelli più in vista. Prima di criticare bisognerebbe almeno per un minuto mettersi nei loro panni e capire che sedere su determinate poltrone comporta delle responsabilità non da poco.
Essere un capo di stato o di governo, per esempio, è difficilissimo, vista anche la pressione mediatica. Le telecamere e i microfoni sono dappertutto ed eventuali smorfie e sussurri vengono carpiti e sbattuti sugli schermi di tutto il mondo in prima serata. Prendiamo il caso di Obama. Compie un lungo viaggio istituzionale in Europa per rinsaldare un legame fra le potenze occidentali e programmare una strategia comune con i paesi che contano. Durante il viaggio partecipa al G8 e gli tocca anche rifiutare un incontro bilaterale propostogli da un altro capo di governo bisognoso di riflettori che gli avrebbe solo fatto perdere tempo, vista anche la reputazione internazionale del soggetto e la sua discutibile politica interna. Nel mezzo del meeting, questo lo ferma in un angolo e comincia a blateragli che il problema del suo paese non è lui, che governa quasi ininterrottamente da 10 anni e ha violentato la democrazia per il suo esclusivo tornaconto, ma un fantomatico complotto dei giudici comunisti contro di lui. Ora, che deve fare un capo di Stato che si rispetti in questa situazione? La reazione più naturale sarebbe quella di chiamare un'ambulanza, farlo sedare e provvedere al trasporto in un ospedale psichiatrico, ma allora l'intero vertice andrebbe a pallino. Se scoppiasse in una fragorosa risata, probabilmente lo scocciatore penserebbe, come suo solito, di aver fatto colpo e che il suo carisma ha conquistato anche Obama. Inaccettabile. Se lo mandasse sonoramente a quel paese, dicendogli che non ha tempo da perdere con lui e che se gli ha già rifiutato un incontro un motivo ci sarà, romperebbe le consuetudini diplomatiche, col rischio di essere anche accusato di mettere in imbarazzo il proprio paese come quel pazzo sta facendo col suo. Non gli resta che guardare l'interprete con sguardo interrogativo, sperando che sia la traduzione a creare l'equivoco, rimanere in silenzio e allontanarsi con una scusa il prima possibile. Ma poi, cosa sperava di sentirsi dire Berlusconi? "Hai ragione, Silvio, adesso mando una squadra di Navy Seals ad uccidere la Boccassini, come ho fatto con Bin Laden, e magari ordino un bombardamento del Tribunale di Milano"? Ma per cortesia...Peccato che l'umiliazione pubblica dell'uomo copra di ridicolo un'intera nazione, per l'ennesima volta. Il Fatto Quotidiano oggi ha titolato "Quest'uomo sta male". Mi sembra l'analisi più corretta. Qui stiamo trascendendo la politica. Nessun linguaggio o logica democratica può spiegare la sequela di comportamenti e dichiarazioni imbarazzanti per qualunque paese che si dichiari avanzato. Tra l'altro, i suoi galoppini e i suoi alleati non si dimostrano migliori. La campagna elettorale del PdL per Letizia Moratti (ma non solo) è un esempio di incapacità politica, perdita di senso delle istituzioni, mancanza di argomenti e violenza verbale. I direttori e i sedicenti giornalisti degli organi di comunicazione vicini a Berlusconi stanno dimostrando quanto il conflitto di interessi sia ormai diventato un ingranaggio del meccanismo italiano, più che un corpo estraneo. D'altronde è difficile mordere la mano di chi ti dà da mangiare, a meno che non si possegga una dirittura morale e una spina dorsale che, evidentemente, non sono appannaggio delle persone in questione. I leghisti, benché guidati da un leader ormai ridotto alle pernacchie, stanno dimostrando di essere animali politici, molto più dei loro colleghi pidiellini, poiché il loro è un partito vero e proprio, mentre il PdL non è che una cricca di affaristi e di gente affamata di potere, che persegue fini tutt'altro che votati al bene comune. D'altro canto, il programma politico della Lega è agghiacciante: un concentrato di xenofobia, odio sociale e derive anti-italiane, ispirato dalla più profonda ristrettezza mentale e barbarie culturale. Oltre all'idiozia dello spostamento dei ministeri, Calderoli ha proposto anche il trasloco al nord della Presidenza della Repubblica, per poi scusarsi, colto da un breve raptus di lucidità. Non paghi di aver già abbondantemente oltrepassato la misura della decenza, i leghisti minacciano lo sciopero delle tasse, se le loro folli richieste non saranno accontentate. È palesemente una sparata pre-elettorale, una cartuccia esplosa per tentare di recuperare qualche voto, facendo leva sull'ignoranza dello zoccolo duro della loro base elettorale. In nome di quale principio i ministeri dovrebbero essere spostati? È forse la classifica della produzione industriale a dettare il prestigio e la storia di un paese? O ancora, è forse la presenza di un ministero a nobilitare una città?Eppure, nella carneficina del buon senso che la maggioranza sta mettendo in atto, si può perfino intravedere un lato positivo. La gara a chi spara la cannonata più fragorosa riflette una pubblica ammissione di scarsità di concetti. A parte qualche ridicola promessa di sanatorie di multe e di blocco degli abbattimenti delle case abusive, non si sono registrate le consuete mirabolanti dichiarazioni programmatiche. Il trucchetto è ormai vecchio e non ci cascano nemmeno quelli che avevano abboccato all'amo le altre volte.
Si fa un gran parlare di vento di cambiamento e di caduta del berlusconismo. Con il fiato sospeso e pieni di speranza attendiamo l'esito dei ballottaggi. Lunedì sera l'aria sarà sicuramente diversa da quella di oggi, e la situazione sarà, forse, più nitida. Di sicuro, anche nel caso in cui il responso delle urne non dovesse coincidere con quello tanto sospirato, il sistema di potere berlusconiano non sarà affatto domo. Al contrario, sono gli ultimi colpi di coda quelli più pericolosi.