Un film che riporta fedelmente i tragici fatti accaduti in Guyana nel Novembre del 1978, sulla base di testimonianze rese dai pochi scampati al “suicidio di massa” che ha sconvolto il mondo.
Riscoperto in dvd dalla romana Mosaico Media, è Il massacro della Guyana (1979)
di René Cardona Jr, prolifico cineasta messicano della cui vastissima filmografia la label aveva già provveduto a rendere disponibili, tra gli altri, Il tesoro dell’Amazzonia (1985) e Terminator dall’inferno (1994).Ne è protagonista Stuart Whitman nei panni del reverendo americano James Johnson, il quale, convinto che viviamo in una società di Satana costituita da ammalati di un’infezione dello spirito che sta allontanando l’essere umano dal Signore e dalla fratellanza, si trasferisce insieme alla sua schiera di folti seguaci nella Guyana, dove intende fondare Johnsontown, sua città ideale.
Città in cui, in realtà, non solo sottopone i suoi sostenitori a stancanti prediche, ma li costringe anche a pesanti lavori sotto al sole e, in caso di disobbedienza, a dolorose punizioni; fino al momento in cui ciò arriva alle orecchie di un deputato degli Stati Uniti, il quale decide di partire affiancato da un gruppo di giornalisti per verificare quanto riportatogli.
Come di consueto, non è l’unico titolo di genere recuperato dal dimenticatoio da Mosaico,
che arricchisce ulteriormente il proprio prezioso catalogo con altre tre rarità da collezione.A cominciare dal televisivo The guardian-L’amico silenzioso (1984) di David Greene, che, a suo modo atipico epigono dei vari giustizieri della notte dello schermo, pone il Martin Sheen di Apocalypse now (1979) nel ruolo del regista televisivo Charlie Hyatt; il quale, in seguito a diversi fatti di furti e violenze messi in atto da alcuni teppisti all’interno del condominio borghese di New York in cui vive, decide di ingaggiare il nero John Mack alias Louis Gosset Jr come guardiano armato.
Anche se le cose sembrano complicarsi quando quest’ultimo arriva ad uccidere un ladruncolo infiltratosi in una delle abitazioni, divenendo pericolosamente influente sul figlio del sempre più preoccupato Hyatt, costretto a muoversi di conseguenza.
Ci spostiamo, invece, nell’ambito delle più oscure produzioni provenienti dalla Grecia
con Tango della perversione (1973) di Dacosta Carayan, incentrato sulla figura di un giovane ricco che, da sempre sessualmente impotente, presta spesso la sua villa ad un amico sposato ma playboy che filma, di nascosto, durante i suoi rapporti occasionali con le donne che gli girano intorno. Fino al giorno in cui la camera immortala l’accidentale morte provocata dall’uomo a una disinibita conoscente che sorprende in atteggiamento lesbico insieme alla moglie; per la quale, oltretutto, comincia a provare un sentimento anche il proprietario della villa, in possesso della ripresa destinata a trasformarsi in strumento tanto prezioso ai fini del ricatto nei confronti dell’assassino quanto pericoloso per il proseguimento della propria esistenza.Ma il vero e proprio delirio sexploitation lo abbiamo grazie all’incredibilmente folle Amori proibiti di Giulietta e Romeo (1969)
di A.P. Stootsberry, rilettura erotica – e ai limiti del porno – della popolare tragedia shakespeariana.Rilettura pullulante formosissime fanciulle abbondantemente svestite, a partire dalla Giulietta incarnata da Diedra Nelson, che, seppur innamorata di Romeo, interpretato da Forman Shane, non esita a spassarsela sia con la sua nutrice che con il principe di Verona.
Mentre il padre si scopre intenzionato a darla in sposa al ricco Paride, che non sembrerebbe essere tanto interessato alle donne, e il suo amato, che non perde occasione di concedersi a letto alla madre di lei, finisce per essere bandito da Verona dopo aver ucciso un servo di casa Capuleti; per poi rivolgersi al donnaiolo frate Lorenzo, cui confida il desiderio di diventare al più presto marito di Giulietta.
Visto che si parla di sesso, però, ci spostiamo in casa Medusa – nella collana I classici del cinema italiano – con
Io, Emmanuelle (1969), confezionato dal compianto Cesare Canevari – autore, tra l’altro, di Una jena in cassaforte (1968) e L’ultima orgia del terzo Reich (1977) – partendo dalle pagine del romanzo Disintegrazione 68 di Graziella Di Prospero, la quale firma anche la sceneggiatura.Un dramma erotico che vede Erika”Operazione paura”Blanc impegnata a concedere anima e, soprattutto, corpo alla giovane donna del titolo, che, insoddisfatta e lasciata sola dal suo uomo, in partenza per un viaggio, va alla continua ricerca dell’amore, tentando di placare il suo estremo desiderio d’affetto abbandonandosi a una serie di avventure; fino al momento in cui, rifiutato un rapporto con una donna, si ritrova sola ad affrontare l’inaspettata notizia della morte accidentale del compagno. Mentre Mina canta il tema principale della pellicola e, a impreziosire il cast, provvedono Adolfo Celi e Paolo Ferrari.
E la Blanc rientra anche tra i volti presenti ne Il domestico (1974) di Luigi Filippo D’Amico, che,
sceneggiato da Raimondo Vianello e Sandro Continenza, è sempre Medusa a proporre su supporto digitale, con extra rappresentati da tre piccoli speciali costituiti da interviste al regista e al protagonista Lando Buzzanca.Protagonista nella parte di Rosario Cavadunni detto Sasà, cameriere di un eterogeneo gruppo di famiglie che, attraverso una costruzione a sketch, si trova coinvolto in diverse situazioni tempestate di equivoci e momenti comici: in mensa durante la guerra, a servizio presso un produttore cinematografico proto-Carlo Ponti dopo la fine del conflitto e, infine, impiegato come domestico a casa di un nobile, di una coppia aperta e di un losco industriale. Con abbondanza di starlette e facce note del cinema bis a fare da contorno; da Femi Benussi a Malisa Longo, passando per Gordon Mitchell e il Luciano Salce autore dei primi due Fantozzi.
Per concludere con altri due “ritrovamenti” effettuati dalla major berlusconiana: Oh, Serafina! (1976)
di Alberto Lattuada e Sottozero (1987) di Gian Luigi Polidoro, entrambi forniti di trailer quale contenuto speciale.Scritto, tra gli altri, da un Enrico Vanzina degli esordi e caratterizzato da un ricco cast (Dalila Di Lazzaro, Marisa Merlini, Gino Bramieri e Aldo Giuffré nel mucchio), il primo si concentra sulla figura dell’industriale lombardo Augusto alias Renato Pozzetto, amante della natura tanto da non cedere alle lusinghe della vendita del parco prossimo alla sua fabbrica di bottoni, ma che, sposatosi con l’operaia Palmira, ovvero Angelica Ippolito, dalla quale ha avuto un figlio, finisce in una situazione non proprio gradevole. La donna, infatti, intenta a mettere le mani sull’intero patrimonio del marito, con l’aiuto di alcuni complici lo fa internare in manicomio; senza immaginare che, proprio all’interno della casa di cura, l’uomo finisca per incontrare il vero amore.
Decisamente più casto, invece, il secondo – che vanta quale autore dello script addirittura
il Rodolfo Sonego sceneggiatore di fiducia di Alberto Sordi – presenta un Jerry Calà affiancato da Angelo Infanti e Antonella Interlenghi e alle prese con un ruolo diverso da quelli del playboy in vacanza cui ci aveva abituati all’inizio degli anni Ottanta.Un Calà che interpreta Luigi, meccanico del Trevignano con moglie in crisi depressiva che, deciso ad acquistare un bar a due passi da casa, si convince a partire per una piattaforma petrolifera nel mare del Nord; dove, isolato e senza sapere una parola di inglese e norvegese, inizia a soffrire di solitudine in quello che ha i connotati di un ambiente ostile battuto da vento e gelo.
Almeno prima di raggiungere un altro italiano che vive nella zona e con il quale scopre di avere in comune molto più della nazionalità.
Per il Marzo 2013 possono bastare?
Francesco Lomuscio