Israele, in uno sfondo che si muove tra la guerra dei sei giorni e il conflitto Israelo-libanese del 2006, Orah ripercorre gli anni intensi della sua vita, dall’adolescenza in cui conosce il suoi due migliori amici, i compagni della sua vita, Ilan e Avram, al tragico giorno in cui deve accompagnare suo figlio Ofer al fronte, al confine con la Cisgiordania.
L’ennesima prova. L’ennesimo precipizio. In preda a un profondo senso di impotenza, Orah decide di fuggire dalla realtà, partire per un pellegrinaggio a piedi in Galilea con l’unico intento di rendersi irreperibile nel caso in cui le autorità israeliane avessero dovuto comunicarle la morte di suo figlio.
Il titolo originale dell’ultimo romanzo di David Grossman è “אישה בורחת מבשורה” (Isha borachat mibsora), ovvero “Una donna in fuga dall’annuncio”. Nella traduzione italiana il titolo è tratto da un verso de Il Cantico dei Cantici (2,9) che al tempo stesso richiama il nome del figlio di Orah, Ofer, che in ebraico significa “cerbiatto”.
Un titolo che poco racconta del libro, ma che tanto lascia immaginare su Ofer, il figlio al fronte, il fulcro del flusso dei pensieri di una madre atterrita dalle decisioni incontrollabili, dall’attualità, dagli interessi maggiori, così lontani dalla realtà vera.
Il viaggio in Galilea è una fuga dalle notizie mediatiche ma, al tempo stesso, un pellegrinaggio attraverso la vita, attraverso la memoria, attraverso la mente umana. Un viaggio che parte dalla sua adolescenza e passa attraverso il matrimonio, i due figli, e la prigionia di Avram in Egitto. Sullo sfondo: le sensazioni, le passioni e i dolori di una donna, il sentimento che cambia turbolento e silenzioso, l’angoscia di una madre.
Proprio l’angoscia di Orah sembra rappresentare la stessa in cui sembra essere sprofondata Israele, la silenziosa impotenza di un popolo innanzi a ragioni di forza maggiore, di sopravvivenza e di orgoglio.
L’angoscia di Orah è tuttavia anche la voce dello stesso Grossman che, il 12 agosto 2006, durante la stesura del libro, ha perso il figlio, Uri, di 20 anni, militare di leva nella guerra israelo-libanese, ucciso da un missile anticarro durante un’operazione delle Forze di Difesa Israeliane nel sud del Libano.
Nella scelta tra abbandonare il progetto di A un cerbiatto somiglia il mio amore o andare fino in fondo, Grossman ha deciso di mettersi a nudo, scrivendo delle note più delicate di un genitore il cui figlio è al fronte.
Un trauma che sembra attraversare tutto il romanzo, che fino alla fine tiene il lettore incollato alle pagine e che apre in ciascuno di noi una profonda riflessione su come sia la vita oggi in un paese in guerra.
Un’atmosfera lontana da quella dei film, inimmaginabile dall’esterno, un misto tra la calma cittadina quotidiana e il profondo sconvolgimento interiore di Orah. La difficile posizione di ciascun israeliano dinanzi al sostegno della Patria e la condanna della guerra.
Nello stile di Grossman, pagine cariche di un’intimità intensa e profonda. Un libro che svela fra le sue righe tutta la paura dell’uomo di fronte allo spettacolo della morte, dinanzi all’impotenza. Senza dubbio, un classico da non perdere.
A un cerbiatto somiglia il mio amoreDavid Grossman
Editore: Mondadori
Anno: 2008
Pagine: 792
disponibile anche in edizione Best Seller