Samantha Cristoforetti insieme ad altri quattro membri dell’equipaggio dell’Expediton 42 nel modulo russo, il 15 gennaio 2015, durante l’allarme per perdita di ammoniaca. Gli allarmi sono visibili in rosso nel monitor dei computer. Crediti: NASA
Samantha ha una grande passione per il libro “Guida Galattica per Autostoppisti” di Douglas Adams. Il motto Niente Panico, Don’t Panic e’ diventato, ora lo possiamo ben dire, il moto della missione Expedition 42, che ha anche il 42 come altro elemento di riferimento con il libro, in relazione alla domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quando. Chi ha letto il libro sa che a questa domanda il Supercomputer Pensiero Profondo risponde, appunto, con questo numero.
Il Niente Panico e’ risuonato tra gli astronauti a bordo della ISS e il Centro di Controllo della Stazione Spaziale di Houston, a Mosca e Tsukuba (Giappone) oltre che al Columbus Control Centre a Oberpfaffenhofen, in Germania nel tardo pomeriggio del 15 gennaio, quando l’allarme di perdita di ammoniaca era oramai diventata un falso allarme. I sistemi di bordo hanno rilevato una perdita dal circuito di raffreddamento B del modulo Harmony (il Nodo 2) che muove il calore in eccesso nella Stazione Spaziale utilizzando ammoniaca come liquido di raffreddamento.
La Stazione Spaziale ha ripreso pian piano nei giorni successivi la sua routine. Anche se si e’ trattato, come ben si può dire ora, di un falso allarme, in realtà il recupero della completa funzionalità della ISS e’ avvenuto in modo graduale.
Tre sono i principali guasti che necessitano una risposta immediata da parte dei tecnici e degli astronauti: l’incendio, la depressurizzazione e la perdita di ammoniaca, quest’ultima sicuramente la più importante tra le tre in quanto deve essere davvero immediata.
Ma che cosa ci fa l’ammoniaca a bordo della ISS? E perché dovrebbe riversarsi in cabina e contaminare lo spazio vitale degli astronauti?
“Tutto l’equipaggiamento che abbiamo a bordo genera molto calore, di cui dobbiamo liberarci in qualche modo – racconta Samantha- Ecco perché abbiamo condutture di raffreddamento che corrono lungo tutta la Stazione: attraverso delle piastre fredde e gli scambiatori di calore della cabina, l’acqua in quelle condutture raccoglie il calore. Nelle condutture abbiamo scambiatori di calore di interfaccia, in cui il calore viene trasferito dalle condutture di raffreddamento interne a quelle esterne. E in queste ultime, avete indovinato, abbiamo l’ammoniaca. Due pompe esterne si assicurano che quell’ammoniaca scorra dagli scambiatori di calore, dove raccoglie il carico di calore, ai grandi radiatori della Stazione, dove il calore viene respinto nello spazio.
Così, ora sapete che c’è un’interfaccia fra le condutture esterne dell’ammoniaca e le condutture interne dell’acqua. Cosa accade se c’è una rottura in quell’interfaccia, lo scambiatore di calore? Beh, visto che le condutture esterne sono a una pressione più alta, è probabile che l’ammoniaca fluirebbe nella cabina.
L’ammoniaca è estremamente tossica e ha un odore molto caratteristico. Tuttavia, se la perdita è abbastanza piccola, il sistema di auto rilevamento del veicolo o il controllo a terra potrebbero notarla per primi, osservando un aumento nella quantità di fluido negli accumulatori del sistema di raffreddamento: visto che non stiamo aggiungendo alcuna acqua, un aumento nella quantità deve venire dall’ammoniaca”. [Tratto da Avamposto 42]
Si può ben dire che questo allarme e’ capitato al momento giusto quando gli astronauti stavano per iniziare una serie di esperimenti che sarebbe stato meglio non interrompere.
Il giorno prima era arrivato il cargo Dragon che porta tutto il materiale e la strumentazione per i sei componenti della Stazione Spaziale e gli astronauti avevano scaricato tutto il materiale urgente, in sostanza tutto quello che deve essere conservato al freddo. Il giorno dell’allarme della perdita di ammoniaca, Samantha aveva appena terminato una video conferenza (che avviene periodicamente, una volta al mese) con i dirigenti ESA e stava per iniziare un ripasso della procedura di installazione dell’esperimento Airway Monitoring (monitoraggio delle vie aeree) sul laptop del suo alloggio, quando all’interno della ISS e’ risuonato un unico segnale acustico, ovunque, in ogni ambiente: il segnale di emergenza.
In questo video vi sono le immagini riprese dall’esterno della ISS e le comunicazioni radio tra gli astronauti e i vari centri di controllo nelle fasi iniziali dell’allarme per contaminazione atmosferica.
“Sono uscita dal mio alloggio e ho guardato verso la paratia posteriore del Laboratorio (il modulo Destiny), il più vicino pannello Caution and Warning (avvertimento e allarme) su cui ho potuto mettere gli occhi, ed eccola lì, la terza spia da sinistra era illuminata di rosso: anche senza leggere l’etichetta, so che la terza spia indica la temuta fuga di ammoniaca. Non che accarezzi l’idea di avere un incendio o una depressurizzazione (gli altri due scenari che possono fare scattare un allarme d’emergenza), ma l’ammoniaca, mi viene detto, può uccidere molto rapidamente. Non ero in grado di sentire alcun odore di ammoniaca in cabina, ma non sono certamente rimasta in giro ad annusare molto: ho immediatamente afferrato una maschera a ossigeno, l’ho indossata e mi sono diretta verso il segmento russo insieme con Terry, Butch e Sasha. Elena e Anton erano già nel segmento russo in quel momento.
Dopo esserci assicurati che nessuno venisse lasciato indietro, abbiamo chiuso il portello che isola il segmento russo da quello americano della Stazione e iniziato a preparare l’equipaggiamento per le misurazioni dell’ammoniaca e i respiratori per l’ammoniaca”. Dopo un primo falso allarme e l’uscita dal modulo russo degli astronauti, arriva una seconda chiamata inattesa: “Fuga di ammoniaca. Eseguire la risposta d’emergenza. Fuga di ammoniaca. Eseguire la risposta di emergenza. Fuga di ammoniaca. Eseguire la risposta di emergenza”. Gli astronauti hanno perciò indossato le maschere e si sono rifugiati nuovamente nel segmento russo. In quel momento, con l’allerta di un aumento della pressione della cabina, una fuga reale poteva non essere esclusa a priori. “Ancora più della prima volta, credo che il pensiero sia effettivamente passato per la mente di tutti mentre chiudevamo il portello: potremmo non riaprirlo più” racconta Samantha.
Non e’ stato un momento facile ne’ per gli astronauti ne’ per i tecnici di terra. Racconta ancora Samantha: “Penso che capiate il punto: da quel momento in poi il lavoro difficile è toccato ai centri di controllo. Eravamo al sicuro, stavamo bene e con molto poco da fare, tranne aspettare. Sapendo che momento di stress stavano passando i ragazzi e le ragazze a terra, abbiamo cercato di mantenerci in silenzio nelle comunicazioni e non abbiamo più chiesto nessun aggiornamento, aspettando pazientemente che fossero loro a chiamarci, cosa che naturalmente hanno fatto periodicamente.
A ogni aggiornamento diventava sempre più chiaro che tutto indicava un falso allarme, ma non eravamo sicuri che ci sarebbe stato permesso di lasciare il segmento russo prima del giorno successivo.
In tutto questo tempo i nostri colleghi russi sono stati incredibilmente ospitali. Ci hanno perfino dato tre contenitori di cibo da usare per noi, così non ci saremmo sentiti in imbarazzo nel frugare nei loro contenitori o chiedere per tutto il tempo. Quando è stata ristabilita l’alimentazione elettrica alle prese di corrente ho potuto fare una chiamata veloce alla mia famiglia per informarli che ero OK. Ed Elena mi ha prestato il suo computer con accesso a Internet, così ho potuto scrivere un breve tweet e assicurarmi che tutti sapessero che stavamo bene”.
il tweet di Samantha Cristoforetti che rassicura tutti a terra che lassu’ stanno benone. Crediti ESA/NASA
[Fonte Twitter.com – AstroSamantha]
Vi erano in programma, come dicevano, in quella giornata una serie di esperimenti con alcuni esemplari di moscerini della frutta (vivi) e altri esperimenti di biologia che sarebbero falliti se non seguiti in maniera continua. Il Laboratorio Columbus e’ stato spento e gli esperimenti e l’hardware tuttavia non hanno avuto problemi in seguito all’emergenza.
Il letto di Samantha Cristoforetti che ha sistemato nel nodo russo per trascorrere la notte del 15 gennaio 2015. Come dice Samantha: “Accamparsi in assenza di peso è veramente facile, vi basta attaccare il vostro sacco a pelo a una ringhiera e siete pronti per una buona notte di sonno!”. Crediti: NASA/ESA
In altre parole, gli astronauti sono stati fortunati due volte, non solo per il falso allarme, ma anche perché niente del loro lavoro scientifico e’ andato perso. Il giorno dopo gli astronauti hanno ripreso il loro programma scientifico, dopo un lavoro di ripianificazione fatto a terra.
Si può davvero dire Niente Panico, ragazzi!