Un po' di tempo fa avevo scritto che questa improvvisa libertà e stravolgimento di prospettive mi avrebbe dato alla testa. Ecco, se un paio di giorni fa avete visto due scarpe rosse agitarsi nell'aria davanti a un'osteria affollata di Padova, ero io, che avevo perso miseramente i sensi, e non per la qualità dei vini dell'oste. Lo scrivo per esorcizzare un po' l'accaduto, dato che è la prima volta che mi succede. Sto bene. Un amico mi ha prontamente afferrato per le spalle e adagiato sul marciapiede, salvando me stessa, quel che restava della mia dignità e anche il fermaglio di osso vietnamita che avevo tra i capelli. Penso sia la conseguenza di un po' di confusione e soprattutto dell'ubriacatura da libri di questo periodo, in particolare dell'ultimo, ancora storie vicine alle mie, ancora Maria Perosino.
I suoi libri sono entrati discreti, in punta di piedi, nella categoria di libri a cui voglio bene, di cui mi piace sincerarmi dove siano, che siano in buono stato e non siano stati smarriti. Forse perché a leggerli mi ci sento sempre come se stessi parlando a un'amica con qualche anno in più di me, che ha già vissuto o almeno sentito raccontare uno dei miei piccoli drammi, davanti a una tazza di tè. "Le scelte che non hai fatto" racconta di storie parallele, di vite non vissute, appena sfiorate, che camminano qualche passo indietro e ci seguono senza far rumore. Secondo Perosino, ogni decisione non è mai frutto di un consenso unanime, ma di un risicatissimo 51%, che alla fine s'è fatto coraggio e ha fissato un punto. Il restante 49% rimane lì, a tormentarsi, a spingere per la direzione ostinata e contraria.
Maria invita le sue storie a cena, prepara loro da mangiare, le mette a proprio agio e in cambio chiede di farsi raccontare com'è andata. Se ci sono rimpianti, tormenti notturni, indecisioni, bugie, se, alla fine della partita, il bilancio è positivo o se almeno si è riusciti a pareggiare i conti. Chiede loro se il segreto non per la felicità ma almeno per la sopravvivenza sia fermarsi prima che i sogni s'infrangano o semplicemente svegliarsi una mattina e riporre nei cassetti dell'armadio aspirazioni, aspettative, desideri, come i vestiti estivi al cambio di stagione autunnale. "C'è un punto, nella vita, in cui s'infrangono i sogni? O di colpo si avverano?"
"Eccole lì, le mie vite in vetrina. Per un attimo, tutto è facile, mi basterebbe sceglierne una, impacchettarla e portarmela via. È una bella sensazione, per una che non ha mai imparato l'arte del rammendo". Maria ha scelto di scegliere ma, di notte, ogni tanto, le viene all'orecchio l'irritante sospetto che lei una scelta vera e propria non l'ha mai fatta. Ma poi quand'era il momento di scegliere?: "Quando mai c'è stato un giorno in cui qualcuno (me stessa inclusa) mi ha chiesto se volevo diventare ricca o no? o se preferivo tenere un fidanzato per sempre o cambiarlo di tanto in tanto? se volevo un lavoro fisso o in comodato d'uso? E c'è mai stato un giorno in cui qualcuno ha aperto un atlante per chiedermi dove volevo vivere?" Come darle torto.
In questi giorni c'è una frase che mi rigira per la testa: "A volte si fissa un punto". Si tratta del titolo di una raccolta di pensieri e poesie di Michelangelo Antonioni, ma, come diceva lui stesso, anche l'esemplificazione del suo lavoro: "senza fissare un punto, non si ha un film, non si ha sguardo, non c'è cinema". Non ho mai letto questo libro, ma mi sono imbattuta nella copertina quand'ero in Francia circa tre anni fa, e quella frase poi me la sono scritta e appesa nella mia vecchia cameretta italiana su un post-it, come un promemoria che, ahimé, non è servito a molto. Me lo ricordo benissimo perché, senza leggere nulla, interpretai la frase in maniera completamente diversa. A volte si fissa un punto, e si perde tutto quello che c'è intorno, non si riesce ad andare più avanti. Come se l'orizzonte intorno sparisse, nessuna via d'uscita, nessuna possibile deviazione, solo un punto unico, come un'ipnosi. Non me ne sono mai accorta, ma per anni ho cambiato città, lavori, case, amicizie, ma ho sperato che nulla cambiasse davvero nella mia vita.
Succede poi a volte di fare scelte che rimangono sempre lì, a distanza di anni, come un punto fermo su una mappa. Come un trasloco internazionale. Che ne puoi tracciare il percorso su una cartina geografica. Ne puoi collegare insieme i punti e alla fine tirare fuori un disegno. "Se non mi lascio prendere dalla frenesia, un disegno lo vedo. Cioè, non di tipo rinascimentale, con la prospettiva, il centro, il punto di fuga e il punto di vista. Più un affresco medievale, quelli in cui tutte le scene stavano l'una accanto all'altra, un po' come un fumetto, ma senza che l'artista si preoccupasse eccessivamente dei rapporti di causa-effetto. L'importante era squadernare tutto lì, in bella mostra, ognuno poteva ricomporsi la storia a suo piacimento, dentro la sua testa. Quello di cui invece si preoccupava era di rendere tutto il più espressivo possibile, penso ci tenesse che nessuno si annoiasse, mentre guardava quello che aveva dipinto. Ecco, io non mi sono annoiata".
A volte si fissa un punto. Anche solo per mettere un traguardo, per avere un punto di partenza e non solo una cronologia indefinita di eventi. Dirsi almeno una volta "quello no, non più". Io un punto non l'ho mai voluto fissare, ho sempre cercato di prendere una strada che mi consentisse, eventualmente, di poter tornare sui miei passi. Di correggere il tiro, di recuperare una chiave, di riaprire una porta. L'idea di ineluttabilità non mi fa dormire la notte. E a volte mi fa perdere i sensi sui ciottoli del centro storico di Padova.
Fissare un punto. Disdire l'abbonamento a una certa idea di vita. Mi ci devo un po' abituare. Forse, prendere una tastiera, mi farebbe felice adesso. E poi fissare un altro punto, scegliere una città, affittare una casa solo per me, iniziare a lavorare. Un altro punto, voglio un paio di animali per casa e recuperare i miei libri sparsi per l'Italia. E poi unire i puntini e scoprire che disegno viene fuori. Tornare al cinema, riavvolgere la pellicola e scrivere un altro film.
Soundtrack: Keep the change, Molly Nilsson
Images: © Witchoria