A world apart

Creato il 30 maggio 2012 da Lavostraprof

Non è soltanto perché voi, lì fuori, non avete idea del nostro dentro; non è solo perché i politici, governantucoli, espertini, tecnicissimi, oche, sganciano le loro bombe puzzolenti sulla scuola come se fossero scoregge dopo una cena thailandese, ché tanto poi la puzza ce la godiamo tutta noi.
Non è soltanto per quello.
È anche perché, una volta lì dentro, siete risucchiati in un vortice spaziotemporale che vi trasporta in un universo parallelo dove l’alunno cretino al primo banco abbaia per far ridere il virgulto scemo al terzo banco che si gira a quello tonto del quarto e gli dice: “zitto, deficiente!”, così che il compagno di banco del tonto brandisce impavido la sua indignazione e si alza per dire che tonto si è preso del deficiente dallo scemo che si è girato perché il cretino abbaiava.
Con il che, ritornate al cretino che adesso non abbaia più, sogghigna e guarda l’insegnante per vedere se ha il coraggio di continuare a parlare di alleli e omozigoti.
Dopodiché l’insegnante esce e vi ferma in mezzo al corridoio per raccontarvi di ‘abbaia tu che rido anch’io’ e voi entrate e anche se vorreste parlare di sismicità e terremoti, ché tanto è un argomento d’esame e la nostra generosa terra ci offre il destro per…, ecco, anche se vorreste, invece cercate di cavar fuori dalla testa di quattro o cinque persone il motivo per cui lasciano emergere la loro vera natura e, con gli insegnanti più che decisi a far concludere il loro inglorioso cammino tra i meandri limacciosi della scuola dell’obbligo, contro tutto e a dispetto di tutto, ecco, in una situazione del genere, perché si dipingono a lettere luminose e fosforescenti questa freccia che punta sulla loro testa e dice chiara e brillante: ‘uccidimi o bocciami’?
Ora, visto che non voglio andare in galera, la soluzione mi pare ovvia, no? Ed è per quello che, nel nostro mondo, appena si varca la soglia della porta dell’aula si dimentica che esiste un mondo in ambasce, in crisi, in mutande e in difficoltà. In quel momento, maggio, 28 gradi, dopo l’ultima mensa dell’anno scolastico, con il pesce fritto che si agita nello stomaco, esistono solo quelle facce davanti a voi, che con pazienza e scarsa lungimiranza credevate di poter elevare non dico alle vette della cultura, ma almeno alle conoscenze minime di base per affrontare il mondo.
Invece avete davanti la faccia di uno che non abbaia più ma che vi guarda con aria soddisfatta e si sveglia soltanto quando fate un cenno di ripasso alla teoria della tettonica a placche; essendo ignorante, crede si stia virando al porno, non al geologico. L’altro che non ride più ma che vi guarda con il dito puntato sull’abbaiatore con l’aria di dire: è stata colpa sua; il tonto che si è rimesso a dormire (ma mi ha promesso che all’esame si impegnerà e uscirà con un bel 7); e l’indignato che vi sollecita a spiegare vita, morte e miracoli di Alfred Wegener.
Allora, per la prima volta nella storia, ho già finito tutte le verifiche, le ho corrette, le ho distribuite, corrette con gli autori, riportate sul registro; ho compilato il registro, fatto le tabelle dei voti, consegnato il verbale dell’ultimo consiglio di classe, messo via le cartellette, ed ero pronta a lanciarmi nel rush finale a base di filmati, film, attualità, storia recente e recentissima, mappe concettuali, prove d’esame e così via.
Invece sono solo stanca.
Vado a farmi un tè.
Lì fuori, intanto, che succede?



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